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Italia-Libia. La battaglia dei rifugiati

Partita la Campagna per la revoca dell'accordo

Prende il via la campagna guidata da «Refugees in Libya» per chiedere la revoca dell’intesa che lega Roma e Tripoli nella gestione dei flussi migratori. A guidarla sono i sopravvissuti alle violenze delle autorità libiche, sostenute anche dal governo italiano.

Il 20 giugno, «Giornata mondiale del rifugiato», è stata scelta come data simbolica per il lancio della campagna che chiede la revoca del «Memorandum d’intesa» che sancisce la collaborazione italo-libica in materia migratoria. Il trattato ufficialmente si propone di contrastare l’immigrazione illegale e la tratta di esseri umani ma, sin dalla sua promulgazione nel 2017, numerose organizzazioni umanitarie hanno denunciato le gravi conseguenze che ha sulle vite dei migranti che transitano dalla Libia: respingimenti violenti in mare, detenzione arbitrarie e violenze sistematiche nei centri di detenzione gestiti da milizie, ufficiali e non.

A promuovere l’iniziativa è «Refugees in Libya», organizzazione nata nel 2021 a Tripoli da un gruppo di giovani migranti che, vedendo le sofferenze a cui erano costretti compagni e compagne di viaggio, hanno deciso di denunciare la situazione. Oggi alcuni di loro si trovano in Europa, mentre altri sono ancora in Libia dove registrano un acuirsi delle violenze. Alla campagna hanno aderito numerose Ong e realtà della società civile tra cui Amnesty, Emergency, Mediterranea Saving Humans, Medici Senza Frontiere, Open Arms, Sea Watch, Tavolo asilo immigrazione.

L’obiettivo è chiaro: bloccare il rinnovo automatico dell’accordo, previsto per il 2 novembre 2025, data in cui, in assenza di una decisione contraria da parte del governo italiano, il Memorandum verrà prorogato fino al 2028. Nei prossimi mesi, le organizzazioni partner si mobiliteranno per sensibilizzare l’opinione pubblica e fare pressione sulle istituzioni italiane ed europee.

David Yambio, presidente di «Refugees in Libya», spiega come in questi anni di impegno abbiano raccolto evidenze e prove tangibili delle conseguenze del Memorandum sulle vite delle persone migranti, racconta di come abbiano visto amicizie e affetti perdere la vita in Libia e nel Mediterraneo e di come ora vogliano usare il privilegio di essere sopravvissuti a tutto questo per cercare di fermare la complicità italiana ed europea. 

Il messaggio che condivide è chiaro: «Chiediamo che i governi di Italia e Unione Europea pongano immediatamente fine al Memorandum e a ogni forma di cooperazione con la Libia. Qualunque fossero le buone intenzioni alla base di questo accordo, esso ha fallito dal punto di vista umanitario. Oggi invitiamo i cittadini europei a unirsi a noi in questa necessaria campagna per porre fine a questa follia una volta per tutte».

Oltre alla revoca del Memorandum, la campagna chiede giustizia per le vittime delle torture nei centri libici, attraverso il rilascio di visti umanitari e risarcimenti per le vittime degli abusi. Allo stesso tempo, propone soluzioni per il futuro: rafforzare le operazioni di salvataggio in mare statali, aprire corridoi umanitari sicuri e sostenere le organizzazioni della società civile che, in Libia, difendono i diritti dei migranti.

Il Memorandum e la cooperazione italo-libica

Le relazioni tra Italia e Libia affondano le proprie radici in un passato complesso, segnato dalla colonizzazione italiana e da un’eredità storica che, per decenni, ha influenzato i rapporti bilaterali. Nonostante le tensioni ricorrenti, soprattutto legate all’instabilità interna della Libia, i due Paesi hanno mantenuto nel tempo un dialogo, rafforzato da interessi comuni in ambiti strategici come l’energia e la gestione dei flussi migratori.

Fin dal 2000, infatti, la cooperazione italo-libica si è articolata in una serie di accordi bilaterali che hanno introdotto, in modo sempre più esplicito, l’obiettivo comune della lotta all’immigrazione irregolare. In particolare, durante l’ultimo decennio al potere del colonnello Mu’ammar Gheddafi, i rapporti tra i due Paesi si intensificarono, anche grazie al rapporto personale tra il leader libico e il presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi. Tra i punti culminanti del periodo ricordiamo la firma del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione del 2008 – anche conosciuto come «Trattato di Bengasi» – che aveva come scopo principale quello di sviluppare un rapporto «speciale e privilegiato» tra le due nazioni. L’attuale testo di riferimento per la cooperazione italo-libica nel Mediterraneo è il Memorandum d’Intesa del 2017, sottoscritto dall’allora presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e dal presidente del Governo di riconciliazione nazionale Fayez al-Sarraj.

Alla base del Memorandum vi è l’idea che solo l’amicizia tra i due paesi possa offrire gli strumenti necessari per affrontare i flussi migratori attraverso il Mediterraneo e le tensioni che ne derivano, come si legge nel preambolo. Nel testo si afferma il desiderio italiano di aiutare le autorità libiche a ridurre le partenze via mare dalle sue coste, motivo per il quale offre un supporto innanzitutto tecnico e tecnologico nei confronti di coloro che sono «incaricati della lotta contro l’immigrazione clandestina, e che sono rappresentati dalla guardia di frontiera e dalla guardia costiera del Ministero della Difesa, e dagli organi e dipartimenti competenti presso il Ministero dell’Interno» (art. 1 par. c). Come è internazionalmente noto da anni, però, le violazioni dei diritti umani subite dalle persone migranti in Libia avvengono anche all’interno dei centri di detenzione ufficiali, senza alcuna distinzione rispetto a quanto accade nei centri non ufficiali gestiti dalle milizie. In nessun punto del trattato si fa riferimento alla tutela dei diritti umani ma, al momento della sua adozione, la comunità internazionale era già consapevole delle violenze e torture compiute nei centri di detenzione libici, che venivano denunciate da diverse Ong e organi internazionali.

Inoltre, era già risaputo che la Guardia costiera libica fosse una realtà endemicamente corrotta, così come l’implicazione dei suoi membri nel traffico di migranti. Tra questi, già da tempo, la giornalista Nancy Porsia denunciava Abd al-Rahman al-Milad (Bija), il capitano della sezione di Zawiya della Guardia Costiera e noto trafficante di esseri umani.  

Il Memorandum del 2017 è ancora oggi il punto di riferimento della cooperazione italo-libica nel Mediterraneo. Il testo, infatti, prevede una durata triennale con rinnovo automatico salvo disdetta scritta da una delle due parti almeno tre mesi prima della scadenza, e si è rinnovato tacitamente il 2 novembre 2022 per altri tre anni. Né il governo Draghi né quello guidato da Giorgia Meloni hanno chiesto di rivederne i contenuti. Ora bisognerà monitorare se l’azione congiunta delle organizzazioni umanitarie coordinate da Refugees in Libya verrà presa in considerazione dalle autorità e riuscirà a far mettere in discussione l’accordo prima del prossimo rinnovo previsto per il 2 novembre 2025.

Mattia Gisola e Eva Castelletti

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