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Fedele fino alla morte

San Peter To Rot, catechista del popolo Tolai
Il popolo Tolai vive nella penisola Gazzelle nel nord est dell’isola della Nuova Britannia in Papua Nuova Guinea. è una delle decine di etnie dell’arcipelago che circonda l’isola principale. Lì è arrivato diversi secoli fa stabilendosi nella zona più fertile di tutta la Papua Nuova Guinea. Popolo di fieri guerrieri, avevano una struttura matriarcale e i bambini venivano educati sotto la responsabilità dello zio materno che insegnava loro le basi di agricoltura, pesca e caccia. I loro nomi sono caratterizzati dal prefisso «To» o «Ia»: «To» per i maschi, «Ia» per le femmine.

Colonizzazione europea

Il primo europeo ad arrivare in queste terre è un navigatore olandese nel 1616, e poi gli inglesi all’inizio del XVIII secolo che chiamano l’isola Nuova Britannia. Nel 1884 arrivano i tedeschi, che prendono il controllo dell’arcipelago. A fine 1800 ci vivono circa 190mila indigeni e 800 tedeschi.

Nel 1914 ritornano gli inglesi dall’Australia. Sconfiggono i tedeschi, e nel 1919, con il trattato di Versailles, l’arcipelago diventa parte dell’Impero britannico. La Papua Nuova Guinea diventa indipendente dall’Australia nel 1975.

I primi missionari

I primi missionari, sia cattolici che protestanti, cominciano a evangelizzare le isole a fine XVIII secolo partendo da Sidney in Australia. La Santa Sede istituisce due vicariati apostolici solo nel 1844: quello della Melanesia e quello della Micronesia, e li affida ai missionari Maristi che mettono la loro base nell’isola di Woodlark e da lì raggiungono le altre isole. Lavorano con coraggio, ma pagano anche un prezzo altissimo: di venti missionari mandati nella regione, sette muoiono per malattie tropicali e cinque diventano totalmente invalidi. Così nel 1850 i Maristi chiedono che altri missionari prendano la responsabilità del Vicariato della Melanesia.

Nel 1852 arrivano i missionari del Pime da Milano, ma anche loro si ritirano nel 1855, lo stesso anno in cui nell’isola di Woodlark è ucciso padre Giovanni Battista Mazzucconi, ora beato.

Nel 1875 entrano in scena con forza i missionari protestanti Metodisti che, nel giro di due anni, riescono ad aprire ben undici stazioni tra i Tolai.

Nel 1881 dall’Australia viene mandato padre René Lannuzel, un sacerdote associato ai Cappuccini. Arrivato nella penisola
Gazelle è subito ben accolto dai nativi e, in poco tempo, battezza 76 bambini.

Nel settembre 1882 sbarcano a Vunapope tre missionari francesi del Sacro Cuore. Nonostante le molte difficoltà (malattie, contese per la terra, restrizioni governative alla loro azione, incendi delle stazioni di missione), la missione comincia a dare i primi frutti. Nel 1887 ci sono 700 cattolici (100 europei e 600 nativi), quattro stazioni di missione, sette scuole con 600 bambini e nove missionari, sei suore e un fratello.

Rakunai e il capo To Puia

I missionari, bene accolti dai Tolai, aprono una stazione di missione a Rakunai, uno dei loro villaggi più importanti. è anche il luogo dove spesso le questioni tra i vari clan vengono risolte in combattimenti tra le parti.

I missionari sono sorpresi dalla rapidità con cui il popolo accoglie il Vangelo. Pur tra grandi difficoltà, fanno uno splendido lavoro di inculturazione ed entro la fine del 19° secolo i Tolai abbandonano pratiche ancestrali come cannibalismo, riti demoniaci, lotte, guerre e pratica della schiavitù.

Rakunai deriva da «ra kunai», che significa «campo di erba» ed è in una delle zone più fertili della regione e anche centro di mercato per i villaggi vicini. Qui troviamo la famiglia di Peter To Rot. Suo padre è Angelo To Puia, un leader del suo clan e capo villaggio di Rakunai. La mamma è Maria Ia Tumul. Peter è il terzo di sei figli: quattro fratelli e due sorelle. Gli ultimi due, i più giovani, muoiono ancora bambini.

Peter nasce probabilmente nel 1912. La sua famiglia è già cristiana. Il padre è stato battezzato nel 1898, ed è uno dei primi cattolici tra i Tolai. To Puia è un capo molto rispettato, un buon padre e un ottimo cristiano. Come capo è attento ai più poveri, soprattutto agli orfani che accoglie e cura nella sua stessa casa. È lui a invitare i missionari a vivere nel villaggio, a costruire  una chiesa e una scuola. È il capo della zona per circa 40 anni e muore nel 1938. La sua conversione al cattolicesimo, con quella della sua famiglia, segna la fine dell’influenza dei Metodisti nell’area, contribuisce ad allentare le discriminazioni governative verso cattolici e incoraggia altre conversioni.

Il prediletto di papà

Il Beato Peter to Rot (in foto elaborata dall’originale in bianco e nero
(Asia News)

To Rot è battezzato lo stesso anno della sua nascita. Riceve la sua formazione cristiana soprattutto dal papà. È un ragazzo tranquillo, gentile e molto obbediente. Ha un rapporto molto profondo con suo padre, di cui, proprio per il suo carattere, è il «prediletto». A sette anni è ammesso nella scuola primaria di Rakunai, che frequenta con regolarità. Sveglio, attento e pronto, partecipa attivamente alle lezioni, e fuori è l’anima dei giochi e anche di vari lavoretti. A scuola impara molto bene la Bibbia, memorizzandone tante pagine.

Visto il suo impegno, riceve la prima Comunione che ha solo circa 11 anni. Quando poi il missionario chiede volontari per servire la messa ogni giorno, lui è uno dei primi a offrirsi. Dato che la sua casa è molto lontana dalla chiesa, il papà gli dà il permesso di stare con dei parenti che abitano vicino a essa e così può andare a servire messa tutti i giorni senza doversi alzare prestissimo e fare una lunga camminata.

Il suo amore per Gesù nell’Eucarestia è il suo più intimo segreto e più grande tesoro. Sarà la forza di tutta la sua vita.

Un ragazzo responsabile

Peter è un ragazzo normale, vivace come tutti i suoi coetanei. Anche lui fa delle marachelle, ma ha un forte autocontrollo: quando le cose degenerano tra gli amici, ha la capacità di dire «basta», e sa farsi ascoltare. Ovvio che, come figlio del capo, è rispettato dai suoi compagni, ma questo non gli fa montare la testa, anzi è molto amichevole con tutti, e ha una speciale attenzione ai più poveri e agli orfani, come ha imparato da suo padre.

Passata l’adolescenza, dovrebbe lasciare la scuola, ma lui vuole continuare. Il parroco, che lo segue da vicino, conosce il suo amore per l’Eucarestia e pensa che To Rot potrebbe essere un buon prete per la sua gente. Ne parla con il papà, To Puia, ma questo gli dice: «Non credo che uno della nostra generazione sia pronto per diventare prete. È troppo presto per quello. Piuttosto mandalo alla scuola di catechisti».

Catechista

Così nel 1930, a 18 anni, Peter entra nel Saint Paul catechist training centre di Taliligap, un centro creato nel 1925 per tutto il vicariato della Melanesia. La scuola accoglie centinaia di giovani, provenienti dagli oltre trenta gruppi linguistici del vicariato, per preparare i futuri catechisti: formarli spiritualmente, insegnare i metodi per comunicare il Vangelo e quanto necessario per animare una comunità anche in assenza del sacerdote; organizzare e gestire una scuola elementare di villaggio, imparando la lingua locale, se necessario; apprendere metodi e contenuti sia per l’insegnamento religioso che per quello scolastico di base; tenere i registri e promuovere attività extra scolastiche.

Arrivato al centro, To Rot si sente subito a casa. Si butta nello studio e diventa uno degli studenti migliori. Sfrutta al meglio il suo tempo, diviso tra preghiera, studio, lavoro nell’orto, attività ricreative e sport. Naturalmente approfondisce anche la sua vita spirituale, e il suo amore per l’Eucarestia diventa sempre più sincero e il centro della sua vita. Per questo fa la comunione tutti i giorni, cosa non abituale allora.

Impiego anticipato

Il corso che frequenta dura tre anni, ma Peter, già all’inizio del 1933, viene mandato al suo villaggio, Ranukai, perché il catechista è andato via e non c’è nessuno ad aiutare il sacerdote. Ha 21 anni, è un giovane sano e robusto, un gran bel ragazzo, ben cosciente del suo stato sia di catechista che di figlio del capo. Servire con umiltà e dedizione creando una profonda collaborazione con il sacerdote, lavorando con lui, chiedendogli approfondimenti sugli aspetti della fede che non gli sono ancora chiari. Ha un solo pensiero nel cuore: essere un buon catechista e servire Gesù con tutto il cuore.

Attento alla vita della sua gente, non è indifferente di fronte ai problemi o a qualcuno che torna al paganesimo. Corregge con gentilezza, interessato al bene delle persone, come avrebbe fatto Gesù stesso: odia il peccato ma ama i peccatori.

Nella scuola è attento ai bisogni dei ragazzi, in particolare i più fragili. Non ama gli scontri, e usa tutta la sua influenza e il suo amore per ricondurre all’ovile le pecore disperse.

Se sa che qualcuno è malato, va a visitarlo nella sua casa e lo aiuta anche a trovare le medicine, oppure, nei casi più gravi, informa il sacerdote perché possa ricevere i sacramenti.

Sposo e padre

Nel 1936, l’11 novembre, si sposa in chiesa con Paula Ia Varpit che ha solo 16 anni. Arrivata a Rakunai a 14 anni, già battezzata, è diventata sua allieva nella scuola, dove è sbocciato l’amore.

Il matrimonio è preparato secondo i costumi locali senza però che siano le famiglie a scegliere sposo o sposa. In più To Rot rifiuta la convivenza di prova prima del matrimonio come previsto dai costumi locali. La celebrazione è quella del rito cattolico seguito poi dalle feste tradizionali a cui Peter ha diritto come figlio del capo.

Il matrimonio di Peter e Paula è esemplare per tutti, soprattutto perché i due si amano profondamente e pregano insieme mattina e sera, condividendo le fatiche quotidiane e superando con l’amore e il rispetto reciproco le tradizioni più negative della cultura Tolai.

Dopo l’invasione dei giapponesi del 1942, il loro amore diventa ancora più forte. Peter e Paula hanno due figli: Andreas To Puia nel dicembre 1939 e Rufina Ia Mama nel 1942. Un terzo nasce nell’agosto 1945.

Occupazione giapponese

Dal 4 gennaio 1942 i giapponesi occupano la Nuova Britannia cacciando gli australiani. Il 25 gennaio arrivano a Rakunai dopo aver bombardato la chiesa in cui sospettano siano nascosti dei soldati nemici.

In un primo momento i giapponesi permettono a padre Laufer, il parroco, di rimanere, ma poi, in ottobre, tutti i missionari sono internati, dapprima in un campo di concentramento a Vunapope, porto e capitale della zona, e più tardi a Ramale.

Così la cura dei cristiani ricade totalmente sui catechisti. To Rot, pur cosciente della gravità della situazione e dei rischi che corre, si prende la responsabilità di essere vicino ai cristiani e sostenerne la fede. Continua a guidare la preghiera domenicale, a battezzare i bambini, a formare le giovani coppie e benedire il loro matrimonio, ad aiutare i più poveri, a visitare gli ammalati e a seppellire i morti. Il tutto registrato accuratamente nei libri della parrocchia. Oltre a questo, visita regolarmente anche i missionari imprigionati e porta loro cibo e vestiario, che però spesso viene confiscato dalla polizia giapponese. Andando a Vunapope, a cinque, sei ore di cammino, coglie anche l’occasione per prendere nella chiesa centrale delle ostie consacrate per distribuire la comunione.

Controllati dalla polizia

Le cose cambiano nel marzo 1943. I giapponesi sentono il peso degli attacchi degli alleati e la Nuova Britannia passa dall’amministrazione civile a quella militare. Una delle conseguenze è che gli occupanti controllano di più i catechisti e ne riducono le attività. To Rot è convocato dalla polizia che gli proibisce di fare incontri con grandi gruppi di cristiani. Nello stesso tempo distruggono completamente la chiesa, con la scusa che è un edificio grande e quindi troppo visibile ai bombardieri alleati.

To Rot ottiene di poter costruire una cappella più piccola e più mimetizzata. Tutta la comunità lo aiuta. È la chiesetta di Palnalama, di rami di palma.

Nuove restrizioni

Nel marzo 1944 la situazione peggiora ancora. I giapponesi stanno perdendo la guerra e controllano solo la penisola Gazelle che è spesso bombardata dagli alleati e tagliata fuori da rifornimenti via mare.

La polizia convoca i catechisti cattolici e i pastori metodisti e comunica loro che tutte le attività religiose sono proibite. To Rot protesta, ma l’ufficiale giapponese, Meshida, lo zittisce brutalmente.

Tornato a casa non si arrende. «Vogliono toglierci la preghiera, ma io continuerò con il mio lavoro». Ormai è solo. I missionari sono nel campo di concentramento, i suoi compagni catechisti sono troppo spaventati e gli ordini dei giapponesi impediscono ogni attività pastorale. Non solo: gli occupanti requisiscono ogni simbolo religioso (libri, crocefissi, immagini) e confiscano e bruciano tutti i registri parrocchiali.

Prudenza e perseveranza

Così esce di notte a incontrare i cristiani radunati in piccoli gruppi in luoghi segreti, prega con loro, li istruisce, battezza i bambini e benedice matrimoni. Ha una cura particolare per gli ammalati e i moribondi. Per essi riesce perfino ad andare fino a Vunapope per riportare loro l’Eucarestia. Non abbandona i suoi amici catechisti, incoraggiandoli, istruendoli personalmente o inviando loro lettere con consigli e istruzioni. Ai suoi cristiani raccomanda la prudenza e li invita alla perseveranza nella preghiera senza mostrarsi in pubblico. È ben cosciente che rischia la prigione e la sua stessa vita.

Viva la poligamia

A giugno 1944 la situazione peggiora ancora. I giapponesi sono alle strette e cercano il sostegno della popolazione locale. Per questo offrono ricompense ai capi locali e, per ingraziarseli, decidono di ripristinare un’antica tradizione culturale dei Tolai: la poligamia, proibita dal cristianesimo e messa fuori legge dai governi precedenti. Non solo la legalizzano, ma puniscono chiunque obietti contro questa decisione.

La proposta è accolta con favore da diversi capi e perfino da uno dei fratelli di To Rot, Tatamai. To Rot non accetta la decisione. Continua così il suo servizio e la sua testimonianza che ha grande influenza sulla sua gente. Questo lo mette in contrasto diretto con i giapponesi, soprattutto con il capo della polizia, Meshida, e un poliziotto locale al loro servizio. Questi vuole prendere come seconda moglie una donna cristiana già sposata. To Rot interviene aiutando la donna davanti al capo villaggio, e questa riesce a tornare da suo marito.
Il poliziotto, To Metapa, diventa furioso con To Rot e cerca ogni opportunità per bloccarlo.

L’arresto

Nel maggio 1945, una sera è di pattuglia e ferma una giovane coppia. I due, interrogati su cosa facciano in giro a quell’ora, impauriti, raccontano che stanno tornando dalla fattoria di famiglia di To Rot, dove quest’ultimo ha appena celebrato alcuni matrimoni, tra cui il loro. To Metapa ha in mano la scusa che cercava e fa arrestare Peter To Rot e i suoi due fratelli la mattina dopo. Perquisiscono da capo a fondo la fattoria dove i tre fratelli vivono, e distruggono tutto il materiale religioso di Peter: Bibbia, crocefisso, catechismo, libri di canti, registri di battesimo e di matrimonio. Picchiano lui e i suoi fratelli. Questi sono condannati a un mese di prigione, e lui a due mesi. La sua chiara opposizione alla poligamia aggrava la situazione.

Viene portato al campo di prigionia di Vunaiara, una struttura molto spartana con capanne di pali circondate da fossati e una galleria scavata nel lato della collina. Viene chiuso in una piccola stanza sotterranea. Nel campo sono prigionieri anche i suoi fratelli, e per un certo tempo può frequentarli. Lui è trattato con più durezza di tutti. Mentre gli altri durante il giorno possono uscire a lavorare nei giardini dei vicini, lui è tenuto in isolamento o mandato a lavorare nella cucina del campo. Spesso di notte è chiuso in una cella sotterranea senza finestre. Può ricevere visite dalla vecchia madre, dalla sorella e dalla moglie con i figli. Lui li incoraggia. «Non piangete. Pregate. Sono qui per una buona causa. Ne sono felice, perché sono qui in ragione della mia fede». Ed è perseverante nella sua preghiera quotidiana.

I suoi fratelli sono rilasciati dopo un mese ma lui, finiti i suoi due, continua a essere internato senza una ragione specifica. L’odio di Meshida e To Metapa blocca ogni via alla libertà.

Gli ultimi giorni

Peter To Rot è ben cosciente che sarà ucciso, ma non ha paura. Due giorni prima di morire, sua moglie incinta va a trovarlo con i due bambini. Gli porta il crocefisso che lui le ha chiesto e aveva lasciato nascosto. Lei gli chiede di smettere di fare il catechista e di ritirarsi a una vita più tranquilla. «Non preoccuparti. È mio dovere morire per Dio Padre, Figlio e Spirito Santo e per la mia gente», è la sua risposta. Lei insiste, e lui: «Non impedirmi di fare il mio lavoro. È il lavoro di Dio».

A sua madre venuta a visitarlo (probabilmente il 6 luglio) dice: «La polizia mi ha detto che stanno aspettando un medico giapponese che deve venire a darmi delle medicine. Penso che sia una bugia, perché non sono malato. Non so cosa questo significhi». Poi le chiede di pregare per lui e salutandola, in modo molto sereno, le dice: «Questa notte mi metteranno di nuovo nella buca».

Francobollo che rappresenta il momento dell’esecuzione di To Rot

Quella notte vengono due medici giapponesi e tutti i prigionieri, accompagnati dalla polizia indigena, sono mandati fuori, in una fattoria vicina, a giocare e divertirsi in occasione della luna piena, anche se piove. Tutti, tranne To Rot e un ragazzo di 15 anni più giovane di lui. Non ci sono testimoni in giro.

Il capo dei guardiani manda il ragazzo a chiamare To Rot e poi lo caccia via. Si nasconde sul fianco della collina poco distante e vede che un dottore fa un’iniezione a Peter e poi gli dà da bere. Lo fa poi sdraiare e gli riempie il naso e le orecchie di cotone. Peter vuole vomitare. Il medico gli copre la bocca, lo tiene giù e gli dà un colpo sulla gola con un bastone. Dopo un po’ To Rot si irrigidisce e muore. Il ragazzo corre a raccontare quello che ha visto agli altri. Tutti i prigionieri, quando tornano alla prigione vedono il corpo di To Rot, ma, impauriti, si ritirano in silenzio.

Il giorno dopo (7 luglio), dopo il solito appello mattutino, tutti vanno al lavoro. Quando arrivano alcuni collaboratori dei giapponesi, questi vedono il corpo di To Rot e danno l’allarme. Le guardie fingono di essere sorprese. Mishida copre il corpo con un telo e dice a tutti: «Il “ragazzo della missione” era molto malato ed è morto. Dite al capo Tata di Rakunai e ai suoi parenti di venirlo a prendere e portarlo via».

Il capo Tata arriva rapidamente e trova il corpo di To Rot ancora caldo. Naso e bocca sono pieni di cotone, una schiuma puzzolente esce dagli angoli della bocca, c’è un rigonfiamento sul collo, prova di una botta ricevuta, due tagli sanguinolenti nel retro della testa e il segno rosso di una puntura alla vena del braccio sinistro: è chiaro per tutti che To Rot è stato ucciso «per quello che conosceva e per la sua religione». Nessuno crede alla storia della malattia. Bisbigliano tra loro, ma la paura della polizia militare è troppo forte.

Portano il corpo di To Rot a casa dalla sua famiglia. La moglie, Paula, incinta del terzo figlio, scoppia in pianto. Viene preparata la bara. La gente accorre a vederlo. Il funerale è celebrato senza solennità e in silenzio per paura che la polizia faccia altri arresti. Lo seppelliscono nel cimitero della famiglia di sua madre, secondo le loro tradizioni.

Il cardinal Parolin con il quadro del beato il 31 marzo 2025, giorno dell’annuncio della canonizzazione di To Rot (Vatican Media)

Martire

Per riconoscere un vero martire, sono necessarie tre condizioni: che sia ucciso; che la persona sia ben cosciente di rischiare la vita rimanendo fedele alla sua fede; che questo avvenga in odio alla fede.

Nel caso di Peter To Rot questo è  chiaro fin da subito, così papa Giovanni Paolo II lo dichiara martire e beato il 17 gennaio 1995 senza bisogno di miracoli approvati. Lo stesso fa papa Francesco che, il 31 marzo 2025, tre settimane prima della sua scomparsa, ne ha autorizzato la canonizzazione. La data effettiva  sarà decisa da papa Leone XIV. Sarà il primo santo nativo della Papua Nuova Guinea.

Aggiornamento: Peter ToRot, il primo Santo della Papua Nuova Guinea, sarà canonizzato il 19 ottobre 2025, domenica in cui si celebrerà la 99ma Giornata Missionaria Mondiale. Lo ha deciso oggi (13 giugno 2025) Papa Leone XIV, durante la celebrazione del suo primo Concistoro Ordinario Pubblico.
Da Agenzia Fides

Gigi Anataloni

Testo liberamente tradotto e sintetizzato dal libro di padre Thomas Ravaioli, Blessed Peter To Rot, pubblicato dalla Catholic bishop conference of Papua New Guinea and Solomon Islands, 2020.

17 gennaio 1995, papa Giovanni Paolo II con il quadro del nuovo beato il giorno della beatificazione (Vatican Media)
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