

Sudafrica. I rifugiati che piacciono a Trump
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Occhi azzurri, capelli biondi, pelle chiara e proprietari terrieri. Questo è l’identikit dei rifugiati che piace a Donald Trump che ha deciso di accelerare le procedure per permettere a richiedenti asilo di origine afrikaner di ottenere protezione politica negli Stati Uniti.
Una generosità che fa a pugni con le politiche migratorie promosse del tycoon che puntano a smantellare completamente il sistema di accoglienza nordamericano lasciando nella disperazione migliaia di migranti dalle sembianze meno occidentali, provenienti dall’America Latina o da altri paesi africani e asiatici, in fuga da guerre, disastri ambientali e situazioni economiche precarie.
Afrikaner
Gli afrikaner (parola olandese) sono una minoranza etnica del Sudafrica di origine europea, in particolare olandese e tedesca, di lingua afrikaans. Sono i discendenti dei primi colonizzatori di questa zona, alla fine del XVII secolo. Sebbene fino a 30 anni fa fossero solamente il 14% della popolazione (oggi sono l’8% circa), hanno costituito la classe dirigente economica e politica che ha governato fino alla fine dell’apartheid nel 1994. Dopo quella data, hanno perso il potere politico pur rimanendo tra le famiglie economicamente più influenti del territorio.
Chi fuori e chi dentro
Lunedì 12 maggio, i primi 59 afrikaner sono stati accolti negli Stati Uniti come rifugiati politici. Il loro arrivo è avvenuto proprio mentre l’amministrazione Trump ha reso di fatto inaccessibile il sistema di richiesta d’asilo, sbattendo la porta in faccia anche a persone provenienti da Afghanistan, Myanmar, Sudan e Repubblica democratica del Congo, oltre che alle migliaia di persone migranti che ogni giorno partono dall’America Latina e in particolare dal Venezuela, ma anche Guatemala e Honduras e che attualmente rischiano di essere deportati nelle carceri del Salvador solamente per aver provato ad attraversare la frontiera statunitense senza documenti. Nonostante, la chiusura ufficiale del programma di asilo, il vicesegretario di Stato, Christopher Landau, aveva dichiarato che ci sarebbero potute essere delle eccezioni. Ed ecco che gli afrikaner ne diventano l’emblema. Unici rifugiati accettati, in un mare di dinieghi. Ma perché proprio gli afrikaner – pur avendo perso centralità politica, ma restando privilegiati economicamente rispetto alla maggioranza dei loro concittadini sudafricani – hanno diritto all’asilo politico, mentre un migrante venezuelano in fuga dal regime di Nicolas Maduro deportazione appena mette piede negli Stati Uniti?
Da anni il presidente Trump sostiene gli attivisti bianchi sudafricani denunciano violenze e lo sgombero forzato dalle loro terre operate dall’attuale governo del Paese africano che, secondo loro, potrebbe portare a un vero e proprio genocidio del loro gruppo etnico. Una presunta discriminazione dell’«uomo bianco» su cui Trump, paladino dei Wasp (White anglo-saxon protestants, come sono chiamati negli Usa), si è lanciato a capofitto, brandendo la bandiera del vittimismo bianco.
Secondo Donald Trump gli afrikaner starebbero vivendo sulla loro pelle una vera e propria discriminazione razziale. Dichiarazione smentita dallo stesso governo sudafricano, che ancora porta i segni dell’apartheid, e che ha fatto venire la pelle d’oca a buona parte della comunità internazionale.
Sebbene sia vero che alcune famiglie afrikaner abbiano visto le proprie terre confiscate negli ultimi anni, questa misura fa parte di un processo di giustizia storica. Per secoli, il Sudafrica ha vissuto sotto un regime bianco che ha sottratto le terre alla maggioranza nera della popolazione, privandola del diritto alla proprietà, a un’educazione di qualità, e relegandola di fatto alla povertà estrema.
Dalla fine dell’apartheid, il governo sudafricano ha cercato di riequilibrare le profonde disuguaglianze economiche, anche attraverso la redistribuzione delle terre precedentemente espropriate e assegnate agli afrikaner. Tuttavia, nonostante la confisca di alcuni terreni senza indennizzo e alcuni omicidi a danno di membri di questo gruppo etnico, i bianchi in Sudafrica continuano a rappresentare l’élite economica, mantenendo un potere tale da renderli di fatto immuni da ogni reale forma di discriminazione sociale, economica e razziale. Inoltre, nonostante le confische, i bianchi possiedono ancora la metà delle terre produttive del paese.
La difesa degli afrikaner rappresenta un precedente chiaro per Trump. Negare l’asilo politico a una persona di etnia latina, indigena o proveniente dalla maggioranza della popolazione africana e asiatica, ma accogliere a braccia aperte un gruppo di sudafricani bianchi è una difesa urlata degli interessi delle persone bianche su tutto e tutti, ovunque nel mondo e in particolare nel suo Paese.
Tutto questo, mentre il 20 gennaio 2025, giorno del suo insediamento alla Casa Bianca, Trump ha smantellato nel giro di poche settimane il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo, cancellando la possibilità di ottenere un’udienza per discutere la propria situazione e, anche se in casi limitati, ottenere lo status di rifugiato politico. A ciò si aggiunge la promessa di deportazioni di massa di tutti gli altri migranti, accompagnata da un nuovo programma varato dall’amministrazione Trump che prevede la possibilità per le persone in condizione irregolare negli Stati Uniti di «autodeportarsi» volontariamente.
Simona Carnino