

Taiwan. Cambio di passo?
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Gli scorsi 25 e 26 febbraio si è tenuto a Pechino l’annuale Congresso con tema Taiwan. Durante gli incontri, Wang Huning, membro del Comitato permanente dell’ufficio politico del Pcc (i sette uomini più potenti del partito), e incaricato per le politiche su Taiwan, ha fatto dichiarazioni particolarmente esplicite, che sembrano cambiare l’approccio finora utilizzato.
Dopo aver ricordato che «occorre attenersi alla guida del pensiero di Xi Jinping, sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era», per la prima volta, l’alto funzionario ha detto che è necessario «prendere l’iniziativa sui rapporti tra le due sponde [dello Stretto di Taiwan] e promuovere senza esitazione la grande causa della riunificazione nazionale», come riporta la Xinhua, agenzia di stampa ufficiale di Pechino.
Wang ha detto – inoltre – che occorre «unire il vasto numero di compatrioti di Taiwan, sostenere fermamente le forze patriottiche e unite sull’isola, reprimere con risolutezza gli atti provocatori per l’”indipendenza di Taiwan” e plasmare l’inevitabile tendenza alla riunificazione della madrepatria».
Sul piano internazionale ha anche sottolineato come «dobbiamo opporci con fermezza alle interferenze esterne e limitarle, nonché consolidare l’adesione della comunità internazionale al principio di una sola Cina».
Sono espressioni che potrebbero preludere a un cambio di passo. Se è vero che la «riunificazione» di Taiwan alla madrepatria è nel progetto strategico del presidente e segretario generale Xi Jinping, fino ad oggi, l’assioma era che prima o poi la riunificazione avrà luogo.
Esercitazioni ravvicinate
Nelle stesse ore, il 26 febbraio, la marina militare dell’Esercito popolare di liberazione (Epl) della Repubblica popolare cinese ha intrapreso una vasta operazione nelle acque a Sud ovest dell’isola di Taiwan. A una distanza di circa 75 km dalla costa (città di Kashoung), sono stati mobilitati 45 aerei e 14 navi. Le esercitazioni sono durate l’intera giornata hanno interessato ampie zone dello Stretto, tanto da suscitare una reazione del ministero della Difesa di Taiwan che ha condannato l’episodio e il fatto di non essere stato preceduto da una segnalazione. Le esercitazioni, sebbene non sia state realizzate con munizioni reali, avrebbero potuto infatti perturbare il normale traffico aereo e marittimo in tutta l’area.
Da segnalare anche, nei giorni scorsi, l’incidente che ha visto la recisione del cavo sottomarino in fibra ottica che collega Taiwan all’isola Penghu (che fa parte della Repubblica di Cina, insieme alle isole Matsu e Kinmen). È stata fermata una nave commerciale battente bandiera togolese, ma con comandante ed equipaggio cinese, la Hong tai. La nave girava in zona fin da sabato 22.
Effetto Trump
È possibile anche un cambiamento nella politica Usa nei confronti di Taiwan. Donald Trump, in conferenza stampa, si è rifiutato di rispondere alla domanda se la sua amministrazione difenderebbe Taiwan in caso di attacco cinese: «Non commenterò questo. Non voglio mettermi in quella situazione», ha detto.
Ma l’ambiguità resta. In questi giorni dalla scheda del Dipartimento di Stato Usa su Taiwan è scomparsa la dicitura «[gli Usa] non supportano l’indipendenza di Taiwan».
Le recenti politiche di Trump sull’Ucraina possono infatti fare pensare a un alleggerimento della protezione Usa di Taiwan. Gli osservatori si chiedono se potrebbe essere un segnale verde per la Cina.
Marco Bello