Sudafrica. Sconfitto l’Anc

Il risultato delle urne apre una nuova epoca

Una supporter del nuovo partito uMkhonto weSizwe (Mk) dell'ex presidente Jacob Zuma festeggia il terzo posto alle elezioni del 29 maggio scorso. (Photo by RAJESH JANTILAL / AFP)
Sudafrica
Aurora Guainazzi

 

Il 1994 fu un anno storico per il Sudafrica. Con la fine dell’apartheid e l’apertura democratica, l’African national congress (Anc), il vecchio movimento di liberazione nazionale guidato da Nelson Mandela, vinse le elezioni con il 63% dei consensi.

Trent’anni dopo, il partito è sceso per la prima volta al di sotto della maggioranza assoluta. Un declino che era in atto da tempo, quantomeno dalla presidenza Zuma, caratterizzata da continui scandali di corruzione e da una cattiva gestione delle risorse statali.

I risultati
Come previsto dai sondaggi, l’Anc si è fermata al 40%, crollando nettamente rispetto al 57% del 2019. Il colpo si è sentito anche a livello provinciale: il partito ha perso la maggioranza assoluta nel KwaZulu Natal, Gauteng e Northern Cape. L’Anc ha pagato le accuse di corruzione che hanno colpito i suoi membri, la disoccupazione dilagante e la stagnazione economica.
Ma soprattutto ha sofferto l’ascesa di un nuovo movimento politico: l’uMkhonto we Sizwe (Mk), fondato a fine 2023 da Jacob Zuma, ex presidente dell’Anc e del Sudafrica (2009-2018). L’Mk ha avuto successo a livello nazionale con il 14,6% dei consensi e ha sfiorato la maggioranza assoluta (45%) nella sua roccaforte, il KwaZulu Natal. L’Mk ha eroso voti all’Anc ma anche agli Economic freedom fighters (Eff), fermatisi al 9,5% (10,8% nel 2019).
La Democratic alliance (Da) si è invece confermata il maggiore partito di opposizione con il 21,8% e si è assicurata per un altro quinquennio il governo della provincia del Western Cape.

Gli scenari futuri
L’assenza della maggioranza assoluta impone all’Anc di creare un governo di coalizione. Un qualcosa di mai visto finora a livello nazionale, ma che localmente si è già verificato più volte. Dalla pubblicazione ufficiale dei risultati (2 giugno), i partiti hanno quattordici giorni per tentare di costituire delle alleanze e individuare il futuro presidente. Il 16 giugno infatti, il nuovo Parlamento si riunirà e il suo primo compito sarà nominare il capo dello Stato.
Un punto sembra fermo: l’Anc – in quanto partito che ha ricevuto la maggioranza dei voti – sarà il leader della nuova coalizione e molto probabilmente esprimerà il futuro presidente. Un governo che non la includa è altamente improbabile, oltre che complesso da costituire.
La questione quindi è con quale o quali partiti l’Anc deciderà di allearsi. Secondo alcuni osservatori, il suo alleato naturale sono gli Eff di Julius Malema, ex leader dell’ala giovanile dell’Anc. Ma i rapporti tra gli esponenti dei due partiti sono tesi e manca un’intesa sulla riforma della terra, questione centrale per gli Eff. La proposta avanzata da Malema in campagna elettorale – alleanza in cambio del ministero delle Finanze – è già stata rifiutata dall’Anc. Inoltre, questa coalizione avrebbe comunque bisogno del supporto di almeno un altro partito per garantirsi la maggioranza.

L’opzione più caldeggiata dai mercati e dal mondo imprenditoriale è un’alleanza tra Anc e Da. La coalizione includerebbe i due maggiori partiti del Paese ed escluderebbe le formazioni più radicali. Anc e Da condividono posizioni conservatrici sull’economia, ma divergono nettamente in politica estera: se l’Anc ha accusato Israele di genocidio dei palestinesi; la Da rigetta le accuse. Tuttavia, il leader della Da, John Steenhuisen, ha annunciato di voler fare tutto il possibile per evitare la “doomsday coalition” (la coalizione della fine del mondo) tra Anc, Mk ed Eff.

Zuma, il reale vincitore
A emergere come reale vincitore delle elezioni è stato Zuma. Il suo Mk ha superato ampiamente le previsioni dei sondaggi, ponendosi come interlocutore significativo per il nuovo governo. Infatti, con l’eccezione di un’alleanza tra Anc e Da, in tutti gli altri casi l’Mk potrebbe portare i voti necessari per arrivare alla maggioranza.
Nonostante abbia denunciato che le elezioni sono state rubate, Zuma ha in effetti aperto a negoziati con l’Anc. Ma ha anche posto una condizione: sostituire l’attuale presidente, Cyril Ramaphosa.

Democrazia che funziona
Il voto ha confermato il funzionamento delle istituzioni democratiche sudafricane: l’Anc ha accettato i risultati annunciati dalla Commissione elettorale e invitato gli altri partiti a collaborare per dare un governo al Paese. Non ha tentato di mantenere il potere, sconfessando o manipolando i risultati, come avviene in altri Stati della regione (ad esempio, Zimbabwe e Mozambico).
Il Sudafrica quindi è il primo Paese dell’Africa australe dove l’erede di un movimento di liberazione nazionale ha accettato la sconfitta elettorale e si è reso disponibile a creare una coalizione. Confermando la forza delle sue istituzioni democratiche.

Aurora Guainazzi

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