Pandemia, e punti di vista

Luca ci racconta la vita di Gesù, da una prospettiva più simile alla nostra. E poi un diario dal carcere, quello di un missionario rapito dagli islamisti nel Sahel. Infine, come si è vissuta la pandemia in una terra molto speciale.

Ma Dio ci ama gratis?

È uscito a novembre e, complice l’impossibilità di essere presentato nelle librerie a causa delle restrizioni sanitarie legate alla pandemia, se n’è parlato poco, ma Dio ti ama gratis. In cammino con Luca merita tutta l’attenzione possibile. Scritto dal torinese Paolo De Martino e pubblicato dalla casa editrice veronese Gabrielli, è un libro che si inquadra perfettamente all’interno della nuova realtà che, a partire dal marzo del 2020, si è modellata sotto i nostri occhi.

Paolo De Martino, insegnate di religione in una scuola superiore, diacono della diocesi di Torino, è anche il responsabile dell’apostolato biblico e non è nuovo alle avventure editoriali. Questa volta, però, il viaggio all’interno del Vangelo di Luca ha una valenza precisa: ricordarci che la buona notizia c’è, anche se attorno a noi tira un’aria cupa. E questa buona notizia va semplicemente letta e fatta nostra. Anche e soprattutto oggi che abbiamo un gran bisogno di notizie buone.

Luca è l’evangelista che non ha conosciuto Gesù, proprio come noi, e si rivolge a persone che a loro volta non hanno mai visto il Nazareno. Eppure, ci ricorda l’autore nell’introduzione, «Se non avessimo avuto il suo vangelo, non conosceremmo la parabola del buon samaritano, della pecora perduta, non sapremmo nulla del buon ladrone e di Zaccheo, ci sfuggirebbe il particolare che Gesù era seguito e mantenuto da un gruppo di donne».

Luca intervista, chiede, viaggia, studia, mette insieme i pezzi e ci offre un quadro d’insieme di grande umanità perché «vuole semplicemente inserire la vicenda di Gesù nella storia universale».

Oggi quella storia e quelle parole dell’evangelista risultano urgenti. «Dio ci ama gratis – ci dice l’autore raggiunto nel suo ufficio della Curia torinese -, non ci chiede redenzione o qualcosa in cambio. Lui ci perdona, poi saremo noi che, inevitabilmente, cambieremo il nostro punto di vista».

Con questa pandemia non siamo diventati migliori, anzi, la società è divisa come poche al-tre volte in tempi recenti. La lettura del Vangelo di Luca accompagnata dalla guida di Paolo De Martino, per molti di noi, potrebbe rivelarsi un’occasione da non perdere.

 

Sciogliere le catene

Se c’è qualcuno che non ha mai perso la speranza, anche se la sua vita era appesa a un filo, questi è padre Pier Luigi Maccalli, religioso della Società per le missioni estere (Sme) di Genova, cremasco di nascita, che fu rapito nella notte tra il 17 e il 18 settembre del 2018 in Niger, nella parrocchia di Bomoanga, a circa 150 km dalla capitale Niamey, e poi liberato due anni dopo, nei primi giorni di ottobre del 2020.

Quella difficile esperienza è diventata ora un libro, pubblicato dalla Emi, che porta la firma dello stesso Pier Luigi Maccalli, «Catene di libertà». Il religioso italiano racconta il suo rapimento, ma soprattutto chiude un cerchio: deve fare in modo che quella pagina della sua vita possa essere messa alle spalle una volta per tutte: «Adesso sono libero per liberare il perdono e spegnere sul nascere ogni inizio di violenza – scrive padre Maccalli -.  Sono libero per liberare l’accoglienza e consolare chi è affaticato e oppresso. Sono libero per liberare la parola e dire a tutti di non incatenare mai nessuno». C’è una domanda che lo arrovella mentre è, letteralmente e fisicamente, in catene: «Perché il Signore mi ha abbandonato?». Due anni tra le savane del Sahel e le dune del Sahara, dormendo ogni notte all’addiaccio, il più delle volte solo con i suoi carcerieri, altre volte con altri ostaggi, sono un’esperienza dalla quale si può uscire vivi, ma non si è più se stessi. Scrivere diventa terapeutico, diventa lo strumento per tornare davvero tra i vivi e i liberi. Infatti «Catene di libertà», che la stessa Emi, presentandolo, ha definito un «quaderno dal carcere», oscilla tra cronologia e introspezione, in cui i momenti di sconforto, accentuato dal pensiero costante dei familiari e degli amici che il missionario immagina angosciati e preoccupati a casa, si alternano a quelli di speranza. Con sè, ovviamente, non ha una Bibbia e men che meno può permettersi di celebrare i sacramenti. È sottoposto a un lunghissimo «digiuno eucaristico», ma padre Luigi scopre nuove risorse e una nuova dimensione del vivere e del credere: «È proprio in questa prova delle catene che il mio spirito si libera. Perché i miei piedi sono incatenati, ma il cuore no».

C’è una grande dose di nuova fiducia nel futuro nel diario di padre Maccalli, un’eredità preziosa.

Da una terra molto speciale

Rimanendo legati agli effetti di questo lungo periodo segnato dal Covid-19, vale la pena segnalare, a due anni dal primo lockdown italiano, La pandemia in Terra Santa. Diario di un francescano, uscito nella seconda metà del 2021 per Edizioni Terra Santa.

A scriverlo è stato padre Ibrahim Faltas, frate francescano che vive a Gerusalemme. Attualmente è direttore delle scuole della Custodia di Terra Santa ed è stato vice parroco a Betlemme, parroco a Gerusalemme e responsabile dello status quo della basilica della Natività. «Il mio diario – spiega il religioso – racconta l’esperienza di quest’anno di pandemia. Noi francescani abbiamo continuato la nostra missione in Terra Santa senza mai fermarci, per dare un messaggio di speranza e di attesa di un nuovo futuro». Ci sono ricordi, appunti e immagini, che vanno dalla Pasqua 2020 alla Pasqua 2021: due date fortemente simboliche. La prima è stata una festa umiliata e dimessa con celebrazioni cancellate, santuari vuoti, la gente chiusa in casa e le comunità francescane rinserrate nei conventi. E poi i morti, i malati, la paura. Un anno dopo: tanti fedeli locali e lavoratori migranti che respirano nuovamente la gioia di camminare da Betfage a Gerusalemme per celebrare i riti del tempo pasquale in presenza, nel calore e nella condivisione dei fratelli di fede.

Anche se non tutto è alle nostre spalle, il diario di padre Faltas è una lettura utile per osservare da un altro punto di vista quello che tutti quasi ovunque abbiamo subìto e vissuto. Però, farlo dalla Terra Santa che, per definizione, è il luogo della Resurrezione, ha un sapore intenso e anche un po’ consolante. Il filo che lega le pagine scritte dal francescano è chiaro: la speranza non deve mai cedere il passo allo sconforto.

Sante Altizio