La Consolata si è fatta coreana

Ridipinto in stile coreano il quadro della Madonna Consolata.

Lo scorso 20 giugno, anche noi qui in Corea
abbiamo celebrato solennemente la festa della nostra Consolata.

La
pioggia cadeva a dirotto quel giorno, ma in realtà è stata una vera e propria
benedizione perché da oltre un mese il paese stava soffrendo una siccità
terribile, che ha già distrutto molte coltivazioni e non ha nemmeno permesso a
molti contadini di piantare il riso.

Inoltre
pensavamo che la paura del Mers (Middle East respiratory syndrome), del
virus che ha contagiato molte persone, uccidendone quasi 30, e costringendone
migliaia a sottostare alla quarantena, frenasse la gente dal partecipare.
Invece, all’ora stabilita, alle 15, ci siamo ritrovati 200 persone nel salone
sotterraneo della nostra casa centrale di Yokkok.

La
festa della nostra tenerissima Madre è sempre una bella festa, con la gente che
partecipa attenta e commossa. Ma quest’anno c’era un motivo particolare che ha
colpito ancor di più l’attenzione dei nostri amici e fedeli coreani: lo «svelamento»
e la benedizione di un nuovo quadro della Consolata, dipinto in perfetto stile
coreano.

I
nostri amici e fedeli coreani, al vedere il nuovo quadro, sono tutti usciti in
un grande «oh!» di meraviglia, e davvero a loro piace molto: ce lo hanno detto
in tutti i modi possibili.

 

Un po’ di storia

Fin
dall’inizio della nostra presenza in Corea, ci siamo prodigati per fare
conoscere la nostra Consolata, quella originale, intendo. Poi, dopo diversi
anni, ha cominciato a far capolino in comunità l’idea di avee, prima o poi,
una versione «coreana». Si era fatto allora qualche timido tentativo, ma senza
grandi risultati. Qualche anno fa, in un’altra festa della Consolata, avevamo
addirittura lanciato una campagna di brain storming tra i nostri amici,
affinché ci dessero idee e suggerimenti su come sarebbe dovuta essere la
versione coreana della Consolata, ma anche in quell’occasione i risultati erano
stati piuttosto scarsi. La cosa, poco a poco, era finita nel serbatornio dei «sogni
irrealizzati». Fino all’anno scorso, quando il nostro missionario coreano Han
Pedro, durante un’eucaristia celebrata in uno dei santuari dei Martiri a Seoul,
ha avuto la buona sorte di conoscere personalmente la signora Shim Sun-hwa
Caterina: pittrice il cui nome è già molto noto nel paese e la cui arte molto
apprezzata nella Chiesa cattolica. Da quell’incontro provvidenziale e dal
susseguente rapporto di amicizia che ne è nato, il nostro desiderio di avere
una Consolata coreana ha ripreso forza e vigore. Abbiamo così chiesto alla
signora Caterina se poteva cimentarsi nell’impresa. E ha detto di sì.

Hanno
fatto seguito vari incontri, tra Caterina, padre Han Pedro e il nostro
superiore padre Pedro Louro, per presentare e far apprezzare all’artista il
quadro della Consolata nei suoi dettagli, e per rivedere e correggere diverse
volte, poi, le bozze di dipinto che la signora Caterina andava presentando.

Nel
frattempo, altri tasselli del mosaico sono andati provvidenzialmente al loro
posto: per esempio una corposa donazione da parte di una coppia di amici, e la
riflessione in comunità su come fare, una volta che fosse stato pronto il nuovo
quadro, per intronizzarlo solennemente all’entrata della casa di Yokkok, e per
la riproduzione dell’immagine in vari formati e materiali.

Alla
fine siamo arrivati alla bozza che ci soddisfaceva, e l’artista si è messa
d’impegno a «scrivere» l’icona della Consolata nella sua versione coreana.

 


Le parole dell’autrice

«Ho cercato di immergermi nei simboli dell’immagine della
Madre Consolata, e ho cercato di esprimere la stessa simbologia con lo stile
proprio delle immagini coreane. Il volto della Vergine l’ho reso con i
lineamenti teneri e leggermente arrotondati dei volti coreani, mentre lo
sguardo dolce della madre si fissa sul figlio Gesù. I capelli di Maria
Consolata stretti da una bella spilla tradizionale, dal colore oro, indicano in
lei la Madre celeste. Il colore del vestito tradizionale coreano della
Santissima Madre, salvando il senso simbolico della santità, è di un azzurro
oceano profondo, mentre la sua verginità è resa dalle parti in rosso. Il
riflesso dorato dell’anello esprime la sua fedeltà eterna, mentre la pietra di
giada simboleggia la sua mateità.

Gesù è
stato rappresentato in atteggiamento regale, simboleggiato dalla tunica verde
che ricopre l’indumento intimo e viene coperta a sua volta da un mantello
rosso. Un cordoncino tradizionale rosso ne completa l’abbigliamento».

 

A mo’ di conclusione

I missionari della Consolata sono arrivati in Corea ben
27 anni fa, nel 1988. Abbiamo potuto sperimentare sulla nostra carne come i
tempi per ogni cosa, in Corea, dall’imparare la lingua, all’assuefarsi a cibo e
cultura, sono molto lunghi. Anche i tempi per «mettere radici» in Corea,
dunque, sono stati molto lunghi. Ma, con l’aiuto della grazia del Signore,
crediamo proprio di averle messe, e abbastanza profonde. Il quadro della
Consolata «coreana» ne diventa per noi un po’ il simbolo e una bella evidenza.
Dopo tanti anni in Corea, finalmente la Consolata è diventata pienamente
coreana. Ora tocca alla Corea raccogliee il messaggio, e l’invito a diventare
sempre più «missionaria».

Diego Cazzolato

Diego Cazzolato