Perù. Kumbarikira e la voce dei Kukama


Storie e volti di
radio / 3


Nata nel 1992, Radio
Ucamara è un’emittente di Nauta, nell’Amazzonia peruviana. Guidata da Leonardo
Tello Imaina, la radio è la voce dei Kukama. Un popolo indigeno che non vuole arrendersi
al disinteresse del governo e alle violenze delle imprese petrolifere.

 


Nauta (Loreto). Per via fluviale o per via aerea: Iquitos si raggiunge soltanto
così. Non ci sono strade che collegano la capitale dell’Amazzonia peruviana con
il resto del paese. La sola eccezione è una carretera locale che la collega a Nord con San Antonio del Estrecho (poco
più di un villaggio) e, soprattutto, a Sud con Nauta. Rispetto alla caotica e
rumorosissima Iquitos, questa cittadina pare un’oasi di tranquillità e
silenzio. È conosciuta per essere sorta nei pressi del luogo in cui il Marañón
e l’Ucayali si riuniscono formando il Rio delle Amazzoni, nonché per costituire
la porta d’ingresso della Riserva nazionale Pacaya-Samiria.

Il motokar ci
lascia davanti al cancello in ferro battuto di Radio Ucamara. È in corso una
riunione della redazione. Dopo un rapido saluto, ci diamo appuntamento per metà
pomeriggio. Il piccolo porto di Nauta dista pochi metri dalla sede
dell’emittente. Occuperemo le ore disponibili per andare con una barca a motore
alla confluenza dei tre grandi fiumi amazzonici.

Nuovo nome, nuova vita

La radio nasce il 2 febbraio del 1992, in epoca di guerra civile,
su iniziativa dell’Instituto de Promoción
Social Amazónica, fondazione del Vicariato apostolico
di Iquitos. In quanto sorella minore de «La Voz de la Selva», emittente con
sede a Iquitos, assume il nome di «La Voz de la Selva – Nauta». Nel 2006 cambia
il proprio nome nell’attuale «Radio Ucamara», crasi derivante dai nomi dei
fiumi Ucayali e Marañón.

Intanto, alcuni anni prima – è il 2003 – assume la direzione
dell’emittente Miguel Ángel Cadenas, un missionario agostiniano spagnolo. Il
padre rivoluziona il progetto radiofonico mettendo al centro tematiche prima
marginali (i conflitti socioambientali, l’antropologia, la ricerca storica) e
aprendo la radio a collaboratori di etnia kukama. Uno di questi è Leonardo
Tello Imaina, ex insegnante di scienze sociali, che nel 2010 diventa il nuovo
direttore.

«Sono kukama da parte di mio padre, sono achuar da parte di mia
madre e ho anche un po’ di sangue quechua». Leonardo, viso glabro e sorriso
triste, descrive con orgoglio le sue radici indigene. «Appena iniziai a
frequentare la radio, me ne appassionai, perché capii che essa poteva essere
uno spazio per fare qualcosa di utile per gli altri e soprattutto per il mio
popolo». Un popolo quello kukama con una lunga storia di sofferenze e
ingiustizie. A iniziare dal genocidio durante l’epoca del caucciù (1885-1915)
per arrivare all’oggi con la devastante invasione delle terre indigene da parte
delle multinazionali. Da tempo Radio Ucamara ha iniziato a lavorare sul
recupero della memoria individuale e collettiva del popolo kukama. E
dell’idioma. «Io non parlo la mia propria lingua – spiega Leonardo -. A scuola
non potevamo utilizzarla. Così oggi le uniche a parlare kukama sono le persone
con più di 75 anni. Se non facciamo subito qualcosa, nel giro di 10 anni di
questa lingua non ci sarà più traccia».

Per questo Radio Ucamara si è attivata. «Oggi, alla radio, abbiamo
due programmi in lingua kukama, che però ci hanno attirato insulti e accuse di
spingere per un ritorno al passato». Per poco più di un anno – da agosto 2012 a
ottobre 2013 – nei locali della radio ha funzionato anche una scuola di lingua
kukama (escuela Ikuari). Con due modalità d’insegnamento: raccontando storie o cantando.
E proprio questa seconda modalità ha avuto un successo inaspettato,
raggiungendo un pubblico ben oltre la regione amazzonica.

Con l’aiuto di Create You
Voice, una Ong tedesca, la radio ha prodotto un videoclip con
una canzone in lingua spagnola e kukama, ritmi musicali rap e una metafora ben
riuscita: i piccoli protagonisti vanno in scena con la bocca tappata da un
nastro adesivo su cui la parola kukama appare cancellata. Kumbarikira – questo il suo titolo – è stato un
successo su internet grazie a YouTube. Eppure, l’inizio era stato ben poco
promettente. «Per fare il videoclip – racconta Leonardo -, necessitavamo di
almeno 60 bambini. Non se ne presentò nessuno perché avevamo detto di voler
fare un video in kukama. Così, per realizzare l’idea, abbiamo dovuto chiedere
aiuto alle persone a noi più vicine». Tanto per capire, la prima ragazza che
appare nel video è Danna Gaviota, 14 anni, la più grande dei tre figli di
Leonardo.

Sulla pelle degli altri

Con l’inizio dello sfruttamento petrolifero dell’Amazzonia e lo
sbarco delle multinazionali si sono diffuse violenza e corruzione. E un
inquinamento che dura ormai da oltre 40 anni.

Spiega Leonardo: «Sono eventi distruttivi per le comunità indigene
che abitano lungo i fiumi e che vivono di pesca. La vita dei Kukama è
strettamente legata a quella dei corsi d’acqua. Gli sciamani curano con gli
spiriti del fiume ma oggi stanno sparendo. Senza sciamani, senza pescatori,
senza cacciatori, si annulla un popolo e la sua resistenza».

«La Pluspetrol non soltanto contamina, ma distrugge l’ambiente
culturale e le modalità di vita delle comunità. Con essa arriva il consumismo e
la prostituzione. Si cercano bambine nelle comunità per sfruttarle
sessualmente. Penso a quanto accade a Villa Trompeteros sul Rio Corrientes, un
fiume devastato dalla contaminazione. I favorevoli alla Pluspetrol sostengono
che essa porterebbe lavoro, ma in realtà si tratta di gente che viene da fuori
perché normalmente l’impresa ha bisogno di manodopera qualificata. Come kukama
mi piacerebbe che la compagnia petrolifera se ne andasse. Come direttore della
radio debbo ascoltare anche opinioni opposte».

Da alcuni anni Iquitos e tutta questa parte dell’Amazzonia
peruviana stanno vivendo un’esplosione turistica. Può essere questa una strada
per arrivare a uno sviluppo sostenibile e corretto? «Le imprese turistiche
operano in modo irresponsabile. A loro non interessa la tematica culturale o
come viva la gente di qui. Anzi, per esse meno gente c’è, meglio è. La
popolazione locale è esclusa o aggredita. Un esempio: le compagnie turistiche
arrivano sui nostri fiumi con imbarcazioni che travolgono le piccole canoe dei
locali. Un turismo culturale e responsabile dovrebbe partire dal rispetto dei
popoli originari e delle loro forme di vita. Avremmo cose meravigliose da
mostrare, ma il turismo attuale – oltre a essere distruttivo – ha una visione
molto limitata dell’Amazzonia». E tutto ciò avviene con la responsabilità di
uno stato miope o corrotto.

«Nella riserva Pacaya-Samiria i Kukama non possono entrare a
pescare perché è riservata al turismo. Nel contempo però essa è aperta allo
sfruttamento indiscriminato della Pluspetrol». Leonardo porta anche l’esempio
del porto di Nauta. «Le autorità lo hanno venduto – senza consultare la
popolazione locale – alle imprese petrolifere, alle imbarcazioni turistiche,
alle stazioni di carburanti. Pochi anni fa il porto era pieno di canoe di
pescatori, cacciatori, agricoltori. Adesso queste persone sono state cacciate
e, per sopravvivere, hanno dovuto dedicarsi ad altre attività, spesso a danno
dell’ecosistema». Leonardo Tello non fa sconti al governo di Lima. «Il sistema
educativo è pessimo qui a Nauta. Figuratevi com’è nelle comunità più isolate.
Quanto al sistema sanitario la sua filosofia rientra nella generale mancanza di
rispetto verso la cultura originaria. Ad esempio, nei centri di salute non
vengono prese in considerazione le piante medicinali. Per non parlare di alcuni
programmi sociali (come Juntos e QaliWarma, ndr) attraverso i quali il governo ha introdotto il consumo di cibi
in latta facendo sorgere il problema del cambio alimentare».

Passato e presente

A
Radio Ucamara lavorano quattro persone più un numero variabile di volontari. «Abbiamo
un notiziario fatto interamente da donne, perché la visione femminile è
distinta», spiega il direttore. Oggi l’emittente raggiunge 45.000 persone,
un’audience importante.

Dopo
aver conversato a lungo ed esserci un po’ conosciuti, Leonardo ci confida che
ha scelto di dedicare anima e corpo a Radio Ucamara spinto anche da motivazioni
molto personali. «Mio padre Antonio – racconta – oggi ha 97 anni. In quanto
Kukama, all’epoca del caucciù egli fu uno schiavo. Mia madre morì di cancro alla
pelle nel febbraio del 2013, come molte altre donne della zona. Mio fratello,
di due anni più vecchio di me, nel 2003 fu schiacciato da una imbarcazione
della Pluspetrol, quando rientrava dalla pesca. Non abbiamo mai ritrovato il
suo corpo».

Mentre
parla, la voce di Leonardo s’incrina e i suoi occhi si velano. Il peso del
passato e quello del presente sono ricaduti anche sulla sua famiglia. Il
direttore ha una ragione in più per rafforzare e diffondere il lavoro di Radio
Ucamara, la voce del popolo kukama.

Paolo Moiola

(fine terza
puntata – continua)

I siti
http://radio-ucamara.blogspot.it/ È il sito della radio di Nauta.

http://createyourvoice.org
È il sito della Ong di Eichenau – un
piccolo comune della Baviera tedesca -, che ha prodotto il videoclip della
canzone «Kumbarikira», visibile su YouTube, e un documentario su Radio Ucamara.

Loreto (Amazzonia
peruviana) / L’inquinamento dei territori kukama

Dove il petrolio
conta più della vita

Lo sversamento di
residui petroliferi nelle acque dei fiumi – Marañón, Corrientes, Pastaza e
Tigre – e nella foresta sta producendo conseguenze fatali per le popolazioni
locali, in maggioranza di etnia kukama. I responsabili sono conosciuti
(Pluspetrol), ma le autorità peruviane si sono mosse con gravissimo e colpevole
ritardo (maggio 2014). Da anni le vittime – aiutate da due infaticabili e
agguerriti missionari spagnoli – protestano contro inquinamento e violenze. Ma
il business petrolifero ha sempre avuto la meglio.

Iquitos. «Appartengo al gruppo indigeno kukama. Un giorno il mio
papà uscì a pescare. Al suo ritorno aveva soltanto due pesci. Io e i miei
fratelli gli domandammo cosa fosse accaduto, dato che di solito ne portava in
abbondanza. Ricordo qualcosa sulle perdite di petrolio che stanno sporcando il
fiume. Per questa ragione i pesci sono malati e noi non possiamo mangiarli.
Allo stesso tempo non possiamo fare il bagno nel fiume perché altrimenti ci
ammaliamo. Le scrivo [presidente] perché lei faccia qualcosa, perché siamo
bambini che vogliamo vivere».

Sono parole di
Alexander Ricopa Fasabi, un bambino di 9 anni del villaggio kukama di Santa
Clara. La sua lettera, assieme a quelle di decine di altri compagni, è stata
inviata al presidente peruviano. Con le loro parole e i loro disegni i bambini
hanno chiesto aiuto a Ollanta Humala e a sua moglie Nadine Heredia.

La protesta
dei minori è stato un nuovo, disperato tentativo dei Kukama per riuscire a
farsi ascoltare dalle autorità politiche. L’iniziativa è stata pensata da
Miguel Ángel Cadenas e Manolo Berjón, due infaticabili padri spagnoli
agostiniani che vivono tra i Kukama a Santa Rita de Castilla e che da molti
anni si battono anima e corpo per i diritti violati di quel popolo1. Lo hanno
fatto e continuano a farlo partendo dalla condivisione della loro quotidianità,
ma anche dallo studio e dalla comprensione della cosmogonia kukama. Per questo
la loro azione si è sempre svolta in stretta collaborazione con
l’organizzazione indigena Acodecospat2 (che, assieme ad altre tre, forma
la Puinamudt3).

La situazione è ormai insostenibile:
l’inquinamento nel Nord dell’Amazzonia peruviana ha compromesso la vita
materiale (ma anche spirituale) delle comunità indigene. Nel corso del 2013,
uno dopo l’altro sono stati dichiarati in emergenza ambientale i bacini dei
fiumi Pastaza, Corrientes e Tigre. Finalmente, lo scorso maggio il governo
peruviano ha decretato lo stato d’emergenza ambientale e sanitaria anche nella
zona del basso Marañón. Tutte decisioni prese con vergognoso ritardo rispetto
ai fatti, all’entità dei danni e alle denunce.

Lo
sfruttamento petrolifero di questa parte dell’Amazzonia peruviana è iniziato
nel lontano 1971. Un oleodotto di oltre 16 chilometri attraversa la foresta e i
territori indigeni trasferendo ogni giorno migliaia di barili di petrolio.
Essendo questa una struttura risalente agli anni?Settanta, essa mostra il segno
degli anni: le condutture sono molto deteriorate e gli allacciamenti precari.
Se un tempo le perdite di petrolio (derrames) avvenivano nei pressi dei pozzi di perforazione, oggi esse sono sempre
più frequenti e consistenti lungo l’oleodotto. Soltanto negli ultimi cinque
anni ne sono state documentate oltre 1004.

Accanto a
queste fuoriuscite di greggio ci sono gli sversamenti nei fiumi – erano la
regola almeno fino al 2009 – delle cosiddette «acque di produzione»5. Si tratta di
acque molto calde (80-90 gradi), salate e contaminate con olio, metalli pesanti
(mercurio, cadmio, bario, piombo, arsenico, ecc.) ed elementi radioattivi. Le
conseguenze delle perdite e degli sversamenti sono devastanti per la flora, la
fauna e le popolazioni. Esposte a un inquinamento quotidiano, le persone si
ammalano delle malattie più varie, alcune gravi o mortali come tumori,
insufficienza renale, danni al sistema nervoso.

Il responsabile di tutto questo è
conosciuto: si chiama Pluspetrol Norte, impresa appartenente al gruppo
petrolifero argentino Pluspetrol. Essa opera nei lotti «1AB» (sfruttato da
Occidental Petroleum fino all’anno 2000) e «8» (appartenente a Petroperú fino
al 1996 e a sua volta diviso in 5 lotti separati più piccoli). I lotti occupano
i bacini dei fiumi Corrientes, Tigre, Pastaza e Marañón e parte della riserva
nazionale Pacaya-Samiria (lotto «8X»). Oggi le acque di questi fiumi sono
altamente contaminate così come vasti territori della riserva. Alcuni siti sono
addirittura spariti come la laguna Shanshococha, che stava nei pressi del lotto
1AB.

L’impresa si
difende affermando che le perdite dell’oleodotto sono causate da atti di
sabotaggio e vandalismo perpetrati da persone appartenenti alle comunità
indigene, negando le condizioni disastrose in cui versano le condutture. Quanto
alle «acque di produzione», da alcuni anni – precisa l’azienda petrolifera –
esse sono reiniettate nel sottosuolo. Va però ricordato che, per oltre un
decennio, la Pluspetrol ha versato nei 4 fiumi amazzonici (tutti affluenti del
Rio delle Amazzoni) fino a 1,1 milioni di barili di acqua di produzione al
giorno. Infine, la compagnia petrolifera accusa i suoi predecessori –
Occidental Petroleum e Petroperú6 – dei danni ai siti ambientali.
Che in parte è vero, ma – affermano le associazioni indigene – subentrando
nelle concessioni la Pluspetrol si è assunta anche la responsabilità di
riparare ai danni pregressi.

Il timore più diffuso è che
l’inquinamento sia troppo grave e che, per riportare un minimo di equilibrio
nell’ecosistema, siano necessari decenni se non generazioni. Intanto le comunità
kukama vivono nella violenza. Che è estea (scontri con lo stato e le
imprese), ma anche – osservano padre Miguel Ángel e padre Manolo – intea
(ubriacature, violenze domestiche, suicidi,…).

«Lavorando in
armonia con l’ambiente e la comunità» (Trabajando en armonía con el medio ambiente y la
comunidad), dice la
propaganda distribuita dalla Pluspetrol. Una presa in giro che farebbe
arrossire chiunque, ma non la compagnia petrolifera argentina e le autorità
politiche che l’hanno protetta fino a ieri.

Paolo Moiola

Note

1 – Per un
ritratto di Miguel Ángel Cadenas e Manolo Berjón si veda MC del novembre 2011,
pp 43-48. In quell’intervista i due missionari denunciavano con forza
l’inquinamento e le violenze perpetrate ai danni della popolazione kukama.
2 –
Acodecospat: «Asociación Cocama de Desarrollo y Conservación San Pablo de
Tipishca».
3 – Della
federazione indigena Puinamudt fanno parte Acodecospat, Feconaco, Feconat e
Fediquep.
4 – Questo
e i successivi dati sono desunti da un rapporto dell’associazione Alianza
Arkana.
5 –
Durante le attività di trivellamento ed estrazione del petrolio, si ha come
effetto collaterale una grande produzione di acqua contaminata detta «acqua di
produzione».
6 – La
Occidental Petroleum, conosciuta anche come Oxy, è una compagnia statunitense.
La Petroperú è l’impresa petrolifera di proprietà della stato peruviano.

Siti internet:
http://observatoriopetrolero.org È il sito di Puinamudt.

http://acodecospat.blogspot.it
È il sito di Acodecospat.

http://alianzaarkana.org È il sito di Alianza Arkana.

www.pacaya-samiria.org È
il sito della Riserva nazionale Pacaya-Samiria.

www.pluspetrolnorte.com.pe – www.pluspetrol.net Sono i siti della compagnia petrolifera argentina.

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Paolo Moiola