Cari missionari

Lettere dei lettori

Lutto all’Avi
Lo scorso marzo ci ha lasciato Ardulino Lazzaron, storico socio della sezione dell’AVI di Trebaseleghe (Treviso) rapito da una malattia fulminante mentre si accingeva a tornare in Kenya per un nuovo progetto.
Ce lo ha comunicato l’AVI (Associazione Volontari
Italiani di Montebelluna – Treviso), che lavora in stretta collaborazione con molti missionari della Consolata.

ARDULINO LAZZARON
L’amore per l’Africa
Doveva esserci anche lui, nell’ultimo viaggio in Kenya. Aveva già in tasca il biglietto aereo, ma una visita medica di controllo prima della partenza e gli esami clinici lo avevano fermato. La rapidità della sua rinuncia ci aveva lasciati increduli e costeati. Ardulino Lazzaron, mio zio, era sempre stato un uomo energico, innamorato della vita, della sua famiglia, di tutte le persone semplici, indifese, sofferenti. Per questo l’Africa era arrivata dritta al suo cuore, dando un nuovo impulso alla sua esistenza, nutrendo ed accrescendo il suo desiderio di andare oltre il ritmo piatto della quotidianità. Aveva bisogno di emozioni intense, di sentimenti veri e profondi per cause umanitarie nelle quali attirare, travolgendole con il proprio entusiasmo, le persone che incontrava, per coinvolgerle nei progetti. Io sono una di queste. Per otto anni andammo in Kenya assieme e da quell’esperienza nacque l’ associazione Karibu di Scorzé, formata da un gruppo di volontari sensibili ai problemi dei paesi meno sviluppati e con grandi disparità sociali soprattutto per quanto riguarda la condizione femminile e dell’infanzia. Assieme, iniziammo un percorso di conoscenza e di operatività in un paese affascinante per la bellezza selvaggia della natura, ma in balia di devastanti piogge torrenziali alle quali si alternano periodi di siccità, con una carenza d’acqua in superficie diffusa nelle gran parte del paese. La difficoltà di comunicazione tramite una rete stradale spesso su terreni impervi, rese difficile la nostra opera di aiuto, ma allo stesso tempo alimentò la passione per la sfida e lo spirito di avventura. Ardulino fu sempre in prima linea per promuovere progetti educativi ed assistenziali in Kenya e raccogliere fondi. Era instancabile nel parlare con i nostri compaesani di quelle popolazioni lontane, delle quali riusciva ad evocare, assieme ai bisogni, la carica umana, i giorniosi sorrisi, la speranza di un futuro migliore di cui la nostra opera era il sostegno e lo è tuttora. Aiutare e far crescere la gente nel suo habitat naturale, rispettandone l’identità, fu lo scopo di Ardulino Lazzaron; per questo girava sempre con le foto dei bambini africani in tasca, per far vedere che il suo impegno era una realtà. Ricordo che in Kenya, nonostante non sapesse l’inglese e neppure lo swahili, riusciva a “parlare” con tutti. Era il primo nella preghiera, nell’entusiasmo di confondersi e sentirsi assimilato alla gente africana in uno scambio di reciproco amore. La sua opera caritatevole non si interruppe nemmeno nei suoi ultimi giorni. Quando andai a trovarlo in ospedale, mi chiese di portargli le fotografie ed il filmino dell’ultimo viaggio. “Qui c’è molta gente sensibile, che sicuramente ci sosterrà nei nostri progetti”, mi disse, con gli occhi che gli brillavano. Ai suoi nipoti era solito ripetere: “Anche voi dovete aiutare i bambini bisognosi. Andate in Africa a vedere come vivono. Non dovete lavorare solo per voi stessi, per avere una casa, per accumulare soldi”. Ardulino aveva un carattere forte, facile ad alterarsi, ma era anche capace di riconoscere i propri errori e di scusarsi, come seppe fare con me, dopo un malinteso, dandomi una grande lezione di vita. Il nostro compito di parenti ed amici è ora quello di mantener fede alle sue ultime parole: “Aiutate soprattutto i bambini poveri africani”. Per questo uno dei prossimi progetti in Kenya sarà dedicato a lui. Caro zio, ho visto in te la Luce di Dio. Certamente Egli non sta tra le nuvole, ma agisce dentro di noi e tramite noi. Ti prometto che porterò avanti l’opera iniziata insieme. Che tu sia nella Pace Etea!
Il Consiglio Direttivo AVI
email 05/04/2011

Guatemala
Salve Paolo: grazie tante, ho letto l’articolo in italiano e mi è piaciuto. Sicuramente non piacerà a molti del Guatemala, ma credo di aver detto la verità. Soltanto una piccola osservazione: Union Fenosa non ha progetti idroelettrici. Spero che l’affermazione del collegamento tra la morte dei leaders e la resistenza contro Union Fenosa non sia intesa come un’accusa contro la stessa. Di nuovo grazie di tutto.
Mons. Alvaro Ramazzini, Guatemala

Egemonia
L’esultanza statunitense dopo l’uccisione di Osama Bin Laden rievoca altre squallide immagini, ad esempio i corpi martoriati dei figli di Saddam Hussein; i prossimi saranno forse Gheddafi e la sua famiglia?
L’America non cambierà mai, ce lo dimostra ogni giorno Hollywood coi film d’azione nei quali l’orgasmo conclusivo è sempre la distruzione compiaciuta del “cattivo” con volumi di fuoco esagerati. La vendetta per l’immaginario statunitense è l’ultimo imperativo etico, dopo che ogni altro è stato svuotato dalla mercificazione. Questa volta il rituale macabro è anche sospetto: un cadavere fatto sparire in fretta, le immagini contraffatte apparse in rete. Perché occorreva euforizzare i cittadini americani? Il quadro internazionale sta cambiando: le rivolte in nord Africa sono state accese anche dalla speculazione finanziaria sui generi alimentari (vedi il quantitative easing della Federal Reserve nell’agosto 2010). Tutto accade proprio quando è sopraggiunto il cosiddetto picco del petrolio, ossia la fine della sua disponibilità a basso costo. Il disastro del golfo del Messico non sarebbe mai accaduto se la BP non avesse cercato petrolio a profondità marine prima considerate troppo dispendiose e troppo rischiose. L’incoscienza e la brutalità americane non devono stupire dati i precedenti: Dresda rasa al suolo a guerra finita, le bombe atomiche sul Giappone già sconfitto, la diossina sparsa sulle foreste del Vietnam, l’uranio impoverito nei vari teatri di guerra attuali. Ciò che stupisce ed amareggia è la nullità europea: una pseudo-destra francese che anticipa, giustificandole, le ingerenze USA in Nord Africa, una pseudo-sinistra (italiana e non solo) che plaude alla punizione del tiranno libico, senza considerare coloro che lo sostengono. Non dimentichiamo che la prevalenza statunitense nel mondo ha coinciso con un “ecocidio” di proporzione planetaria, che nessuno pare in grado di fermare. L’egemonia statunitense si regge su due pilastri:
1. Il consumismo spacciato per benessere, che occulta il saccheggio operato dall’alta finanza;
2. La criminalizzazione di ogni capo di stato che si opponga al baratto della sovranità nazionale col libero mercato.
Nessuno più di chi è impegnato nelle missioni credo possa aver capito che i dittatori, di destra o di sinistra, sono da sempre il pretesto interventista degli USA, indispensabili come il terrorismo. Le guerre, come spiega il saggio Shock economy dell’americana Naomi Klein, sono parte essenziale del gioco. Come può un’ Europa di antica tradizione e radici cristiane assoggettarvisi? Il sangue versato in Libia, Siria e altrove lo sarebbe stato anche senza l’azione destabilizzante atlantica? Negli USA con denaro pubblico si sono tamponate le voragini finanziarie della lobby bancaria, poi spalmate anche sull’Europa; è questa la democrazia da diffondere? Una società senza valori non ha futuro, e oggi è tutto il mondo a non avee. Non possiamo aspettare che il gigante USA imploda nel suo delirio, divorato dai conflitti interetnici, è necessario un mondo più saggio, da perseguire anzitutto astenendoci da una sudditanza che orienterebbe l’odio del terzo mondo contro tutta la cristianità.
Prof. Vincenzo Caprioli
www.iperlogica.it

Condivido con lei il disagio per come si sia fatto spettacolo dell’uccisione di Bin Laden.
Ho i miei dubbi, invece, quando si danno tutte le colpe all’America. In fondo l’egemonia dell’America fa comodo a tutti noi che, coscientemente o no, stiamo forse diventando più americani degli americani.
Una volta dicevano che «la storia è maestra di vita». La storia potrebbe ancora insegnarci tante cose, ma bisognerebbe essere degli studenti che hanno voglia di imparare.

su «Troppe riviste…»
Spett.le Redazione,
il 3 gennaio 2011 Il Sole 24 Ore ha dedicato un’intera pagina a 8/9 punti caldi della terra dove sarebbero potute scoppiare durante l’anno guerre o rivolte. Non era citato nessuno dei Paesi dell’Africa del Nord. Leggendo il Bollettino Salesiano del novembre 2010 c’era un servizio di Giancarlo Manieri che descriveva cosa succede attorno al Cairo, dove la gente lavora «in condizioni peggiori di quelle degli antichi schiavi d’Egitto».
Questo per dire che Riviste come Missioni Consolata, Nigrizia, Mondo e Missione, Il Bollettino Salesiano (per citae solo alcune), grazie anche alla presenza sul posto dei vari missionari, danno una fotografia della realtà di paesi lontani che nessun’altra fonte d’informazione sa dare in maniera così oggettiva.
Per questo mi sorprende e mi preoccupa che il seminarista Alberto V. (MC 05/2011, pag. 5) abbia chiesto di sospendere l’invio della vostra interessantissima rivista. Non voglio insegnargli nulla, ma sicuramente ha più tempo di me che dedico quasi ogni giorno 3 ore in auto per raggiungere e tornare dal posto di lavoro. Vivendo in comunità di 10 seminaristi, a tavola potrebbe scambiarsi le informazioni più importanti con gli altri seminaristi (senza che tutti leggano tutto). Interessa o no a questi seminaristi capire quelli a cui “prestate la vostra voce”? Perfetta e sferzante – a mio avviso – è stata la risposta della redazione data alla lettera.
 Vi auguro di continuare con coraggio.
Andrea Gobbo
via email, 27/05/2011

Carissimi, salve!
Vorrei essere «Alberto del seminario di M.». Mi farei portavoce dei miei solidali benedetti nove compagni/amici e del nostro amatissimo staff di formatori e accompagnatori, per ringraziare sentitamente della simpatia con cui ci regalate ancora la vostra rivista missionaria senza richiederci quote d’abbonamento. Scriverei: «Ci è assai caro che comprendiate come in effetti noi manipolo facciamo un po’ fatica a onorare tutti gli abbonamenti delle tante riviste che ci arrivano… Grazie a Dio e ai benefattori di alcune testate, invece, abbiamo la fortuna di poter arricchire la nostra formazione culturale a tutto tondo, nel panorama ecclesiale; anche se, ovviamente, non tutti leggiamo tutto, né tutto sempre alla pari approfondiamo e facciamo nostro. Non solo. La nostra biblioteca è aperta alla parrocchia, ai gruppi e ai singoli che vogliono frequentarla per ampliare a loro volta le proprie conoscenze in ambito d’informazione cristiana attraverso pubblicazioni che non si trovano facilmente in edicola, in libreria o in oratorio. Quindi, vi siamo grati anche a nome di altri, sperando così che qualcuno in più prenda nota del vostro c.c.p. e del codice del 5×1000 …
Riconosciamo che senza alcune riviste missionarie il nostro orizzonte ecclesiale moderno risulterebbe davvero… un po’ miope e provincialotto. I nostri superiori, crediamo, corrono serenamente “il rischio” che qualcuno fra i non troppi candidati al servizio diocesano… si orienti, prima o poi, ad gentes; loro cura e premura è infatti, tenerci ben  esposti al «vento dello Spirito», mentre ci educano al servizio del Regno e della Chiesa, nel Mondo. Grazie, allora, e ogni fraterno cordiale cristiano augurio!».
«Vorrei essere Alberto del seminario di M.», ma sono soltanto Elio ex seminarista che ai suoi tempi non restava mai senza il Piccolo Missionario e l’Italia Missionaria… ma oggi ritiene che anche allora sarebbe stato utile, su nelle sale di studio, avere a disposizione qualcosa in continuità; per parecchi anni poi ha provveduto in proprio con più abbonamenti, pur avendone ridotto il numero dopo gli anta senza mai eliminarli tutti.
Non sono un formatore né un vescovo, né un editore o distributore di (buona) stampa. Se fossi vescovo d’una diocesi con iniziale “M” e con dieci allievi in seminario vi pregherei di render noto che da oggi la mia diocesi raddoppia (pagando) l’abbonamento: uno per il seminario minore, uno per il maggiore; oppure vi direi un bel grazie per avermi aperto gli occhi, e correrei al mio seminario per capire se si sia trattato di un eccesso di zelo conservazionista (risparmiare la carta e spese postali) o scarsità di spirito missionario.
Aurelio Resta
Seriate (BG)

Andrea e Aurelio, grazie dei vostri commenti. La risposta non voleva essere «sferzante» (se ho dato quell’impressione, mi scuso con Alberto e i suoi amici!), ma simpatetica, anche se un po’ provocatoria. Questo perché, in fondo, in noi missionari (per vocazione) rimane un’apprensione: che i giovani sacerdoti, presi come sono dalle tante sfide del mondo attuale e della realtà in cui vivono, si dimentichino che sono responsabili del Vangelo fino agli «estremi confini…» proprio perché sacerdoti.