Mediamente

Il piacere di capire

FUORI DAL CORO

Bianca come il latte, rossa come il sangue
Alessandro d’Avenia,  Mondadori,  2010 – Euro 14,00

Il giovane Alessandro d’Avenia, classe 1977, firma un romanzo dallo stile fresco e autentico. Il suo rapportarsi alla realtà grazie al mestiere dell’insegnante gli consente di avvicinarsi con emotività e senza nulla di artificioso alle voci dei ragazzi, storie di vita raccolte prevalentemente in classe. Il suo romanzo d’esordio si legge d’un fiato e ci riporta tutti, chi più e chi meno, a quelle prime pulsioni e domande esistenziali dell’adolescenza. Leo è un sedicenne che sta maturando un percorso introspettivo verso una maturità più completa. Il suo sogno principale si colora di rosso, perché rossi sono i capelli di una certa Beatrice che incontra a scuola. Quando la spinta di tanto entusiasmo si ammala, la vita di Leo viene invasa da un bianco penetrante, il simbolo dell’assenza e del nulla. Inizia così una partita con la vita e una lenta consapevolezza dell’ineluttabilità umana ma anche della forza e della bellezza delle più semplici relazioni.  

«Diamoci del tu»: botta e risposta con l’autore

Il tuo libro è stato definito da alcuni critici come un libro di «formazione» quasi specificamente diretto a un pubblico adolescenziale. La pensi così o credi che il pubblico, di qualsiasi età, possa avvicinarsi a questa lettura?  
L’adolescenza è l’età in cui si scopre il fascino dell’età adulta. Non si tratta di leggere le età della vita come tappe concluse una volta per tutte, ma di integrarle nell’unità storica della persona. Non vuol dire rimanere bambini o adolescenti, ma conservare ciò che ognuna di queste tappe ha conquistato: la semplicità del bambino e la fame di senso dell’adolescente. Il mio libro parla ad ogni adolescente: chi ha quell’età o chi l’ha avuta. Parla ai genitori, parla ai professori. È un libro per tutti.

Il bianco è l’assenza, il rosso è la vita. Si potrebbe dire che, proprio grazie alle  relazioni interpersonali, si attua la maturazione esistenziale del protagonista?   
Oggi le relazioni sono diventate “liquide”, come dice un filosofo contemporaneo, perché da un lato non si vogliono costruire legami forti che sembrano toglierci la libertà, dall’altro si ha una sete estrema degli stessi e li si cerca quasi ossessivamente saltando da un legame all’altro, illudendosi che con la quantità si possa sopperire alla mancanza di qualità. Manca un fondo solido su cui muoversi. I ragazzi vivono secondo i modelli che la cultura adulta presenta e incoraggia. Non è un problema loro, ma della cultura di chi li ha generati. I ragazzi hanno fame di maestri e ancor più di testimoni. Solo la vita educa e solo la vita incanta. Un insegnante “accende” se è “acceso” lui, se ha trovato lui la stella. Solo chi ama conosce. Non c’è altra strada: insegna a vivere solo un insegnante che ama la vita sua e dei propri ragazzi e la difende, la conserva, la incoraggia.

Giovane professore, giovane maestro di vita. La complicità tra romanziere e personaggio letterario come nasce e cosa vuole trasmettere a chi legge?
La storia, diceva Aristotele, racconta le cose come sono, l’arte le racconta come possono essere. Nel romanzo c’è una forte tensione ad una scuola possibile, che in questi anni ho visto spesso realizzarsi grazie alla collaborazione con colleghi e genitori impegnati in un unico scopo. I ragazzi, se trovano professori che “professano” la loro materia come una fede, che amano le loro vite come un tesoro prezioso, sono disposti a seguirti ovunque, con i tipici alti e bassi della loro età e gli errori di noi adulti. La scuola, come la famiglia, è un sistema imperfetto. Il Sognatore è uno che aiuta Leo a diventare Leo perché vive lui la pienezza della sua vocazione di uomo adulto e insegnante. Lo diceva bene la Ginzburg: solo chi ha una vocazione e la vive ne provoca altre attorno a sé. Io questo lo vedo accadere, nonostante tutte le difficoltà e le sconfitte che comporta.

I primi sullo scaffale

Revolutionary Road, Richard Yates  
Minimum fax, 2009 – Euro 18,00

Un cult pubblicato nel 1961 dalla Garzanti con il titolo I non conformisti torna nell’edizione del 2009 ed è più attuale che mai. Ambientato nel 1955, è la storia dei Wheeler, una giovane coppia trentenne, che coltiva il proprio anticonformismo in modo ingenuo e anche un po’ ipocrita. L’ambizione frustrata e il fallimento si svelano in ogni gesto e all’interno della loro casa, specchio della middle class, ma anche di una crescente amarezza. Yates coglie perfettamente le nevrosi e il vuoto di una società basata sull’immagine e indaga sui rapporti interpersonali, sulla famiglia mononucleare, sulla solitudine degli anonimi sobborghi cittadini fino a ricalcare, come su un palco teatrale, le orme della tragedia shakespeariana. 

Il cane nero, Rebecca Hunt
Ponte alle Grazie, 2011 – Euro 16,00

Il 22 luglio 1964, nella sua dimora tra le tranquille colline del Kent, Winston Churchill si sveglia e si ritrova in compagnia di una vecchia conoscenza, un ospite tutt’altro che gradito. È un gigantesco cane nero e, dal buio del suo angolo, non gli toglie gli occhi di dosso. Qualche ora più tardi, nella sua casetta a schiera, la giovane Esther si prepara ad accogliere un aspirante inquilino: è il cane nero che vuole installarsi a casa sua, anzi nella sua mente. Ironico, umano e mai banale, il romanzo della Hunt si apre a un’interessante interpretazione tra la depressione e le sue vittime. Dove l’unica possibilità per combattere il male del secolo ha un nome: accettazione.

Che te lo dico a fare, marco biaz
Miraggi Edizioni, 2011 – Euro 24,00

Siamo a Torino, il 2008 volge al termine. Nel cuore della città, a due passi dalla stazione, c’è il Bojan Faust, un malfamato albergo gestito come uno stato da due macedoni e da un Dj africano. Intoo al Bojan orbitano strani personaggi provenienti dai quattro angoli del globo. Che te lo dico a fare è un romanzo veloce e asciutto sulla vita trasversale di una città: una Torino che sembra una capitale europea ma che non riesce a liberarsi dal suo Dna intollerante, un luogo ospitale solo per pochi e un porto franco per piccoli e grandi delinquenti. Storie di uomini e donne accomunati da un unico destino: resistere, evitare la galera e il giro della morte, tornare a casa.

Paris, je t’aime
Un film corale, 2006

Film corale firmato da registi più o meno famosi e presentato a Cannes. Un tributo a Parigi, vista sotto differenti angolature, e all’essenza delle relazioni con l’altro da noi.
Oltre al buon uso della tecnica cinematografica e alla capacità dei registi di far stare in soli 5 minuti di visione l’essenzialità del contenuto, Paris je t’aime ha la capacità di trasmettere un’infinita varietà di emozioni e di interpretazioni…differenti per ogni spettatore.
Non è facile, dunque, dare delle linee chiare e delle chiavi di lettura del film. Ogni episodio trasmette qualcosa di «diversamente» riconoscibile per ognuno di noi.

Gabriella Mancini

Gabriella Mancini