Egregio direttore,
mi permetto di fare presente un’anomalia che ho riscontrato nel bando di concorso (di idee) del Premio giornalistico, intitolato al dottor Carlo Urbani.
Anzitutto il mio plauso per l’iniziativa intrapresa di Missioni Consolata (la leggo con attenzione e curiosità), non solo per l’indirizzo del premio, ma anche per dare la giusta importanza ad un uomo di rare qualità umane.
Quello che mi fa protestare è che il bando del Premio sia rivolto esclusivamente a laureati in medicina, chirurgia e odontorniatria. Con tale scelta, si esclude quanti (e sono moltissimi) «frequentano» il Sud del mondo, che laureati non sono. Mi riferisco in particolare a missionari, ricercatori, erboristi, volontari… che, acquisendo esperienze e professionalità in campo sanitario, a volte superano molto le esperienze di medici.
Ho conosciuto e conosco missionari della Consolata (e di altri ordini), impegnati nell’assistenza sanitaria, che potrebbero scrivere non dei trattati, ma dei libri.
Proprio per dare maggiore valenza all’iniziativa del Premio, ma soprattutto ricordare nel migliore dei modi la dedizione del dottor Carlo Urbani, le suggerisco di ampliare la possibilità di partecipazione anche alle altre categorie che ho menzionato: questo anche per conoscere un mondo sommerso che vive magari in prima linea proprio nel Sud del mondo.
Grazie della garbatissima protesta. Se andrà in porto la seconda edizione del Premio «Carlo Urbani», terremo conto della proposta.
Giuseppe Bertelli Motta