Ancora su «Kenya, amore nostro»

Cari amici redattori,
questa volta non scrivo
per una delle mie solite
puntualizzazioni, ma per
rallegrarmi con voi per
l’ottima riuscita del numero
speciale, dedicato ai
100 anni dei missionari
della Consolata in Kenya.
È stato chiarificatore di
molte inesattezze nell’immaginare
la realtà della
missione e ha aiutato ad
ammirare il coraggio di
questi uomini e il mistero
della loro vocazione. Senza
una chiamata divina, è
impossibile andare (e restare)
in luoghi così lontani
e inospitali.
Mi ha molto colpita la
pratica di circoncisioni e
delle mutilazioni sessuali.
Dolorosissime! Ma che significato
hanno? Si praticano
ancora? Come può il
missionario indurre il
cambiamento di certi costumi?
Mi piacerebbe saperlo.
Ancora un «bravissimo!
» ai redattori, così documentati
e competenti.

Alle «mutilazioni sessuali» abbiamo dedicato
un dossier (cfr. Missioni
Consolata, maggio 2002).
Ma occorre considerare il
fenomeno presso ogni
popolo e cultura, senza
generalizzare. Di regola
le mutilazioni sono legate
ai riti di «iniziazione», attraverso
i quali si realizza
l’entrata degli e delle adolescenti
nella vita completa
del gruppo di appartenenza.
Le mutilazioni
cui si sottopongono i
ragazzi sono da considerarsi
una prova di coraggio
(cfr. Achille Da Ros,
Popoli e culture, Emi, Bologna
1982).

Giulia Guerci




Pace in Sudan?

Cari amici,
grazie per lo «speciale»
sui 100 anni dei missionari
della Consolata in
Kenya. Un numero speciale
anche nel titolo indovinatissimo:
«KENYA, AMORE
NOSTRO». Vivendo in
questo paese da molti anni
e conoscendovi bene, il
mio complimento non è una
pura formalità…
Vi invio pure questa foto
di giornale, che non
parla di… «amore»: riguarda
il Sudan, il più grande
paese dell’Africa. Superfluo
ogni commento, con
la speranza che la foto resti
solo… una foto.

La foto ritrae una donna,
dell’etnia dei dinka,
con un fucile a tracolla e
un figlioletto sulla schiena.
È un’immagine sconvolgente.
Siamo in Sudan,
un paese che da 20
anni è alle prese con una
guerra civile fra il nord arabo-
islamico e il sud tradizionale-
cristiano: una
guerra che ha causato oltre
2 milioni di morti.
Ma il 20 luglio 2002 a
Machakos (Kenya) è stato
sottoscritto un accordo di
pace tra il governo sudanese
e il movimento di liberazione
del Sud-Sudan
(Spla). Funzionerà?

Giorgio Ferro




«Scusate,non siamo credenti…»

Spettabile rivista,
ho ricevuto il vostro interessantissimo
«speciale»
sul Kenya e sono rimasto
impressionato per le magnifiche
cose che i missionari
e le missionarie fanno
in quel paese (ed anche in
altre nazioni povere ed emarginate).
Vi ho spedito
una modesta offerta e vi
prego di inviarmi per posta
un altro paio di moduli
per versamenti in conto
corrente postale.
Vorrei precisare che io e
mia moglie non siamo credenti
(ci scuserete!), ma
ammiriamo profondamente
tutto quello che voi e altre
organizzazioni fate per
gli emarginati di tutto il
mondo.
Non avete senz’altro bisogno
del nostro incoraggiamento;
ma (per quanto
può contare) vi preghiamo
vivamente di andare avanti
così: noi, anche se non
frequentiamo la vostra
chiesa, vi saremo sempre
vicini e vi ringraziamo per
quanto fate.

Come missionari, riteniamo
che i non credenti
siano rarissimi. Forse non
esistono affatto, perché
Dio (a modo suo!) si rivela
a tutti. E poiché la fede
è un dono del Signore, se
uno ritiene di non averlo,
non si deve scusare con
gli uomini.
Gli amici di Sover sono
non credenti? Non ci
sembra proprio, dato il
loro comportamento.

Lettera firmata




Dopo le «alte sfere»

Caro direttore,
mi sono trasferito definitivamente
a Rosà, dopo 52
anni di missione nel terzo
mondo. Se credete opportuno
inviarmi ancora Missioni
Consolata, fatelo al
nuovo recapito. Ero compagno,
nel seminario di
Padova, del vostro missionario
Domenico Zordan,
con il quale ho poi collaborato
in Kenya ed Etiopia
come delegato della
Santa Sede e dell’Unesco.

Certo, don Cipriano,
che le invieremo la rivista,
anche perché lei è rimasto
sulle «alte sfere»
con semplicità e generosità.
Ne è prova l’amicizia
con il compianto padre
Domenico Zordan.

don Cipriano Rossi




I CONFINI DEL BENE E DEL MALE

«Dio non si rivela più, sembra nascondersi nel suo
cielo, in silenzio, quasi disgustato dalle azioni dell’umanità».
Così, dicono le cronache, il pontefice si è rivolto
ai fedeli durante un’udienza collettiva di catechesi,
lo scorso 11 dicembre. Parole di fuoco, così aspre non
erano mai state dette. Un’immagine di Dio più corrucciata
non era mai stata proposta da un vicario di Cristo.
Credo che sia uno dei segnali della estrema gravità della
situazione di questa umanità contemporanea, e di questo
pianeta.
Undici anni sono trascorsi dalla fine di quello che venne
definito – da Ronald Reagan – l’«Impero del Male».
Invasione di campo, poiché non spetta a un uomo politico,
nemmeno se è presidente dell’unica superpotenza
mondiale, definire i confini del Bene e del Male.
Deformazione inusitata della politica, che non poteva che
produrre effetti devastanti, sia sulla politica che sulla morale.
Poiché stabilire in sede politica ciò che è il Male
Assoluto, significa parallelamente, implicitamente, assegnare
alla politica il diritto di stabilire che cosa è il Bene.
Da 11 anni, dunque, noi tutti, noi ricchi, noi sazi, abbiamo
vissuto in quello che è divenuto, per definizione,
il Bene. E adesso scopriamo, con stupore, con angoscia,
che questo Bene non ha molto a che vedere né con l’etica,
né con la spiritualità, né con la giustizia. Un altro
materialismo ha occupato prepotentemente il posto dell’ateismo
di Stato che sembrava ergersi come una minaccia
universale. E questo appare oggi più minaccioso
del predecessore, poiché è più insidioso, pervasivo, onnipresente,
subdolo, perfino – a tratti – caritatevole. La vita,
specie quella dei nostri figli, è ormai riempita di disvalori,
di vuoto intellettuale, di egoismo, di una insensata
corsa a procurarsi oggetti di cui nemmeno abbiamo
bisogno.
Siamo divenuti tutti homines videntes, coloro che vedono,
coloro che apprendono, quel poco che apprendono,
attraverso la televisione. E la televisione è divenuta il
nostro cattivo maestro. Cattivo ma così potente da avere
scardinato i caposaldi della nostra vita e di quella delle generazioni
che ci hanno preceduto. Famiglia, scuola, società
civile: luoghi dove ci si guardava negli occhi, luoghi
del confronto diretto tra i visi reali, dove si poteva cercare
di capirsi, sono stati travolti dall’ondata catodica.
Coloro che creano i flussi di sentimenti, di emozioni,
d’informazioni, non hanno altri criteri di regolazione che
il risultato finale di una infinita crescita della vendita di
quei prodotti che avvelenano la nostra vita quotidiana e
la nostra anima. Aspettarsi da loro un qualsiasi messaggio
di verità, giustizia, pace è cosa del tutto vana, poiché
l’ondata catodica non è di queste cose che si occupa. Ma
loro sono divenuti determinanti nello stabilire qual è la
nostra agenda quotidiana.
Io non so se si possa dire che Dio è adirato. E con chi
è adirato. Ma non si può restare indifferenti di fronte a
tanto disastro morale, di fronte all’indifferenza, di fronte
alla distrazione collettiva nella quale siamo trascinati e
che ci porta a dimenticare e stravolgere non solo il passato
ma perfino il presente.
Non so neppure se sia giusto incolpare la gente comune
di questa apatia e indifferenza, poiché la gente comune
– l’«uomo della strada», come lo si definisce comunemente
– non può più sapere in quale mondo vive, che
cosa sta accadendo attorno a noi e perché accade. Non
può saperlo perché il sistema di informazione-comunicazione-
intrattenimento che ci circonda, nel quale noi
siamo immersi senza soluzione di continuità, anche coloro
che pensano, spegnendo la televisione, di sottrarsene,
ci avvolge proiettandoci in un mondo irreale, il prodotto
di una «fabbrica dei sogni», che ci nasconde le verità
più elementari e ci impedisce di trarre perfino le più
elementari conclusioni che conceono la nostra vita
quotidiana.
In queste condizioni è la democrazia stessa a essere minacciata,
poiché non può aversi società democratica là dove
i cittadini non conoscono le scelte possibili, e vengono
quindi condotti, anzi trascinati, a scegliere dentro un
mazzo di carte mescolato da bari, che hanno tolto dal mazzo,
preventivamente, le scelte che loro non piacciono.
Il papa ha parlato, angosciato, evidentemente. Ma le sue
parole sono annegate nel gran mare di chiacchiere, nell’indifferenza
generale. Subito dimenticate, subito cancellate
da quel frenetico voltar di pagina che contraddistingue
tutto il lavorio mediatico del villaggio globale.

GIULIETTO CHIESA