La ragazza del treno

«Si ricorda di me?» esordisce lei con un sorriso incerto. Padre Marco ricambia il sorriso, ma l’interlocutrice gli è sconosciuta. «Io sono la ragazza del treno – continua l’interessata -, che le ha chiesto se una prostituta può…». Ora Marco ricorda perfettamente.

Anni fa, sull’interregionale Torino-Milano, una donna dall’aspetto giovanile gli domandò a bruciapelo: «Può una prostituta diventare missionaria?». Era italiana: e, notando la crocetta bianca sul maglione blu del sacerdote, si era staccata da alcune «colleghe» straniere per rivolgergli quell’insolito quesito.

– Anch’io sono missionario – rispose padre Marco dopo un istante di esitazione.

– Ma immagino che lei non abbia battuto i marciapiedi. Io, invece, lo faccio da tempo.
– Quanti anni hai?
– Diciassette.
– Tutto è possibile a questa età.
Eccola ora suora. «Padre Marco, non è stato facile per me, prostituta, mutare vita. Per prima cosa, son dovuta uscire dal giro».
– Come hai fatto?
– Fuggendo, nascondendomi come una ladra. Non avevo casa. Finché una sera ho bussato ad un istituto di suore missionarie.
Padre Marco ha il cuore in gola mentre ascolta questa storia. La religiosa parla sottovoce, a raffica, senza pause: sembra posseduta da un’incalzante forza misteriosa, che la obbliga a raccontare.
Alla superiora dell’istituto (straordinariamente comprensiva) svelò tutto: anche sua madre faceva il mestiere (oggi ha smesso, data l’età); il padre era «protettore», mentre lei, sua figlia, non lo vide mai. Aveva una sorella: anch’essa sulla strada. «È morta a 22 anni, in seguito ad “una malattia peggiore del cancro”. Lo ha detto il medico…».

La suora continua a raccontare: gli occhi bassi e le dita delle mani incrociate, quasi per una supplica. «In convento la cosa più difficile da superare sono state le mie parolacce… Però volevo non solo cambiare vita, ma anche spenderla per i poveri, come penitenza, in nome di Cristo».

– E lo stai facendo – commenta padre Marco.

– Mah! Non ne sono certa…
In convento discute anche sull’ingiusto rapporto fra Nord e Sud del mondo. Ricorda, soprattutto, le guerre dimenticate «tra» e «contro» i poveri, che non scoppiano per caso. Terrorismi, crisi economiche, inquinamento dell’ambiente… affliggono anche il primo mondo. «Come se ciò non bastasse, c’è qualcuno che, a tutti i costi (e sono enormi), vuole fare la guerra: una guerra per nulla “intelligente”…».

In vista della missione, consegue il diploma di infermiera professionale: è caposala. Viene destinata all’Africa. Per natale dovrebbe già essere in…

– Ce l’hai proprio fatta – interrompe padre Marco!

– No! Perché ieri ho scoperto di essere sieropositiva. Dio perdona tutto. La natura no!

Scoppia a piangere. Ed è lì con una domanda straziante: cosa può fare una suora, ex prostituta, oggi sieropositiva?

– Dovresti dirlo alla tua superiora?

– Se lo dico, non parto più.

– Ammalata, in missione saresti più di peso che di aiuto.

La suora si avvia verso l’uscita mormorando: «Padre Marco, ho sperato che lei, come quel giorno in treno, mi potesse dire… In Africa i malati di Aids sono milioni. Si curano come possono, cioè miseramente. E perché non posso farlo anch’io? Intanto sono con loro: forse con un briciolo di fede in più. Se dovrò morire, morirò come loro…».

Padre Marco l’abbraccia e sussurra: «Buon viaggio, suor Manuela. E buon natale».

Francesco Beardi