Se la morte è una «fiction»

Egregio direttore,
ho letto con molto interesse
il dossier di GUIDO SATTIN
«Storie di orchi e cavaocchi» (Missioni Consolata,
luglio-agosto 2002)
sulla tremenda realtà del
traffico di organi umani.
Non sono, però, d’accordo
che il turpe commercio
si vinca aumentando le
«donazioni», bensì orientando
la ricerca su un campo
incruento, verso altri orizzonti
(organi artificiali
e, ancor più, ricorso a cellule
staminali, prelevate da
adulti o cordoni ombelicali).
Sì, perché la «morte ce-
rebrale», condicio sine
qua non per l’espianto di
organi, è tutt’altro che pacifica.
Infatti parte rilevante
della scienza afferma (si
veda, tra l’altro, la dichiarazione
internazionale
contro la «morte cerebrale
», nemica della vita e
della verità, sottoscritta da
centinaia di medici, scienziati,
filosofi, educatori e
religiosi di tutto il mondo)
che la «morte cerebrale
» è una finzione giuridica,
una morte inventata ad
uso e consumo di espianti/
trapianti, una morte legale,
convenzionale, non
reale.
Afferma il noto genetista
G. Sermonti: «Il mio
dissenso diventa ribellione
di fronte all’informazione
che l’espianto sarà
eseguito da cadavere.
Quei corpi nei quali batte
il cuore, respirano i polmoni,
circola il sangue,
anche se con encefalogramma
piatto, non sono
morti. La cessazione di
tutte le funzioni cerebrali,
come recita la legge, non è
accettabile clinicamente
(non si sa neppure quali
siano tutte le funzioni cerebrali).
Come è stato
concluso al Congresso internazionale
di bioetica
nel 1996, la “morte cerebrale”
è una fiction, una
finzione.
Abbiamo inventato una
morte ad uso chirurgico.
Si dirà che quei moribondi
con encefalogramma
piatto non riprenderanno
più moto e coscienza.
Benché ci siano state delle
occasioni, ciò è probabilmente
vero, ma l’essere
destinati alla morte, non
significa essere morti…».
Da ultimo faccio osservare
che la donazione inter
vivos (fra vivi) pur essendo
indiscutibilmente
un grande atto di generosità,
genera, purtroppo,
due invalidi (donatore e
ricevente), destinati a vivere
nella sofferenza.
Mentre chiedo la pubblicazione
di queste note
pro veritate, ringrazio e
porgo i migliori saluti.

Il signor Carlo Barbieri
è cornordinatore di «Famiglia
e Civiltà» (“Associazione
per la difesa della
famiglia e della civiltà cristiana”).
I problemi di bioetica
sono oggetto di attenta analisi
anche da parte della
chiesa cattolica in vari
paesi. Lo conferma
«Prendersi cura della vita
» (lettera pastorale della
Conferenza episcopale
della Scandinavia dell’11
febbraio 2002, apparsa
su Il regno-documenti,
9/2002). Si affronta pure
la «donazione di organi».

Carlo Barbieri

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