Chi farà un passo indietro?

«I paesi ricchi diventano sempre più ricchi e i paesi poveri sempre più poveri…». Questa affermazione del papa Paolo VI, pronunciata molti anni fa (e purtroppo sempre attuale), è stata illustrata con efficacia dalla Fiat attraverso un’immagine fotografica a colori per la campagna pubblicitaria della vettura Palio.
Lo slogan: «La nostra strada è il mondo». La foto: la foresta amazzonica brasiliana ripresa dall’alto: una massa compatta di alberi verdi attraversata da una strada sterrata (la transamazzonica) e, naturalmente in primo piano, la Fiat Palio.
Propongo alcune riflessioni. Questa immagine dell’Amazzonia, tagliata in due dalla strada, è simile alla foto di copertina del libro La tragedia degli indios di padre Bruno Marcon. È un libro denuncia del missionario della Consolata sul genocidio degli indios. Una serie puntigliosa di dati su omicidi e ogni tipo di violenze impunite a danno degli indios e della loro terra, l’Amazzonia appunto.
La strada (oltre le piste d’atterraggio abusive) è il mezzo per portare in quella regione (legalmente i proprietari sono gli indios che l’hanno conservata intatta per millenni) la «civiltà» dei bianchi, cioè i cercatori d’oro e tutti i vari trafficanti… La strada, presentata a noi come gioia e libertà di guida, è per gli indios motivo di pianto.
L’accostamento forzato dell’auto con quella strada sterrata in Amazzonia mi ha colpito e fatto riflettere molto sul contrasto tra i paesi poveri del Sud e i paesi ricchi del Nord. Tra Brasile e Italia.
Come uomo e cristiano mi pongo una domanda: che fare perché i paesi ricchi non diventino sempre più ricchi sulla pelle dei paesi sempre più poveri?
La campagna pubblicitaria dell’auto può essere per tanti una forte provocazione.

In Brasile le utilitarie della Fiat non sono state ritenute idonee alle strade sterrate. Di qui il lancio pubblicitario della Palio, resistente «persino» alla terra rossa e alle intemperie dell’Amazzonia!
Ma che sarebbe del «polmone del mondo» se si meccanizzasse come l’Italia? E se le bici di 1 miliardo e 250 milioni di cinesi fossero in breve tempo sostituite da auto, il collasso ecologico sarebbe immediato. A rimetterci, allora, non saranno solo gli indios, ma anche il ragusano e l’aostano, già affetti da inquinamento.
Per non parlare di problemi morali.
È urgente trovare una fonte di energia pulita, ma altresì compiere un passo indietro nella corsa verso il presunto progresso. Chi alzerà per primo il piede? Chi preme l’acceleratore sulla fuoriserie o chi cavalca l’asino?

Edgardo Fusi