Disinformazione, misteri e leggende

testo di Sante Altizio |


Quando le notizie false possono renderci felici, e quando invece mancano le notizie vere, necessarie per fare giustizia. E poi un poema, che nasce da un viaggio e dai miti, che di notizia non hanno nulla.

Le fake news e la felicità

Il termine fake news è entrato prepotentemente nel nostro vocabolario quotidiano. Le notizie false, le «bufale», come spesso le definiamo, sono diventate, forse per la prima volta, oggetto di dibattito collettivo. E pensare che le notizie false, inventate, costruite artificialmente, appositamente messe in circolazione sono sempre esistite. E con tutta probabilità sempre esisteranno. Meglio, quindi, imparare a conviverci con serenità.

Fabio Paglieri, savonese, classe 1976, nonché ricercatore presso l’Istituto di scienze e tecnologia della cognizione del Cnr di Roma, ha recentemente pubblicato per Il Mulino un piccolo divertentissimo saggio che meriterebbe quella che i social media manager più agguerriti chiamano «massima diffusione». Si intitola «La disinformazione felice. Cosa ci insegnano le bufale», 250 pagine di grande efficacia e di facile lettura anche per chi non ha sulle spalle studi di peso.

«Questo libro – scrive nella premessa l’autore – propone un radicale ribaltamento di prospettiva sul tema della disinformazione online: si invita infatti il lettore ad abbracciare una prospettiva di disinformazione felice. In analogia con la decrescita felice, si sta suggerendo che si possa vivere circondati di disinformazione, e al contempo trarne valore e benessere: essere felici, dunque, non a dispetto delle bufale, ma proprio grazie ad esse, sviluppando un rapporto più sano con la natura, la qualità e la quantità dell’informazione in cui siamo immersi».

La provocazione è forte. Il problema non sono le bufale, ma siamo noi. «Dobbiamo smetterla di pensare alle bufale come oggetti minacciosi che circolano là fuori, novelli squali bianchi nell’oceano digitale […]. Se di colpo producono disastri peggiori che in passato (tesi tutt’altro che dimostrata, per inciso), ciò dipende dagli atteggiamenti che tutti noi assumiamo o non assumiamo a fronte delle informazioni di cui ci nutriamo ogni giorno».

Quindi, se una notizia falsa circola, la colpa non è di chi ha fatto partire la giostra, ma nostra che ci saliamo senza farci qualche domanda basilare. Non che sia sempre facile, va detto, anzi. Per questo motivo la lettura del libro di Paglieri può essere di grande aiuto.

Verità e giustizia

Dalle notizie false, passiamo alle notizie che, per quanto drammatiche e vicine a noi, dimentichiamo con disarmante facilità.

Qualcuno ancora ricorda l’uccisione di Luca Attanasio, nostro ambasciatore nella Repubblica democratica del Congo, avvenuta a Goma il 22 febbraio di quest’anno. Aveva 44 anni e con lui sono stati uccisi Mustapha Milambo, suo autista, e il carabiniere della scorta, Vittorio Iacovacci appena trentenne.

Matteo Giusti, giornalista aretino, esperto d’Africa e da dieci anni collaboratore della rivista di geopolitica Limes, nel maggio scorso ha pubblicato con Castelvecchi «L’omicidio Attanasio. Morte di un ambasciatore».

Il libro di Giusti da un lato inquadra in modo efficace la situazione ormai strutturalmente caotica della Rdc, dall’altro rende il giusto tributo a un uomo che in quella terra stava lavorando con grande dedizione. Non è un caso se Attanasio è stato ucciso mentre accompagnava un convoglio di aiuti alimentari diretti verso la zona di confine tra Congo e Uganda.

Il lavoro sul campo fatto dall’autore permette di farsi un’idea piuttosto chiara di cosa è successo e perché, ma sarebbe riduttivo pensare a «Morte di un ambasciatore» come a un libro inchiesta. L’esigenza è più alta e traspare chiaramente: «È difficile capire quale possa essere il futuro del Kivu e dell’intero Congo – scrive nella prefazione Denis Mukwege, premio Nobel per la Pace del 2018 e amico personale di Attanasio e della sua famiglia – […] In questa regione non potrà esserci un futuro di sviluppo senza la pace, e non ci sarà pace senza giustizia […]. Siamo certi che se domani nasceranno, emergeranno dei nuovi Luca Attanasio in Italia e in Congo, il cammino della pace sarà possibile […]. Il futuro ha sempre il volto delle azioni delle donne e degli uomini che malgrado le difficoltà si impegnano a scrivere le più belle pagine della loro storia, e della storia della comunità mondiale».

Il merito del libro di Giusti è la sua capacità di restituire la complessità di una situazione intricata prima di tutto a causa dei nuovi assetti geopolitici, del ruolo non marginale dell’occidente, della corsa alle terre rare e della difficoltà che abbiamo noi italiani di «fare nostre» le cose che succedono lontano dai nostri confini.

L’ipotesi che la morte del nostro ambasciatore, del carabiniere di scorta e dell’autista, sia il frutto di un rapimento finito male è forse la più accreditata e sensata, ma mancano risposte ufficiali. Risposte che difficilmente arriveranno. Quello che possiamo fare, però, è non dimenticare Luca Attanasio, «Un uomo – chiosa Giusti – che era andato nella Repubblica democratica del Congo per rappresentare l’Italia ed era diventato un simbolo di altruismo e generosità e che meriterebbe almeno verità e giustizia, due parole che in Congo hanno perso significato da tempo».

Meraviglia della natura

Restiamo in Africa, ma seguiamo un registro diverso: quello del racconto orale del mito. Lorenzo Allegrini è un giornalista di lungo corso, che ha girato il mondo.

La scorsa primavera è uscito il suo «La leggenda del Capo di Buona Speranza», pubblicato da Il Viandante. Il libro nasce da un viaggio fatto dallo scrittore marchigiano in Sudafrica, ed essendo Allegrini ormai un giornalista prestato tanto al teatro quanto alla poesia, il suo è a tutti gli effetti un poema, sia nella forma che nella sostanza.

Attinge ai miti africani ed europei, gioca con il conflitto perenne tra uomo e mare, culmina con il sanguinoso sbarco dei coloni olandesi. Utilizzando l’espediente del manoscritto ritrovato, ricostruisce il momento in cui prende corpo una delle meraviglie della natura: il Capo di Buona Speranza.

«La leggenda» è diventato un monologo teatrale godibilissimo nel quale l’autore mette sul palco un’energia rara. Seguitelo sul sito dell’Huffington Post dove tiene un blog dedicato alla poesia.

 

Sante Altizio