Il botanico divenuto missionario


Farmacista, botanico e missionario, il gesuita moravo Josef Kamel (1661-1706) dall’Impero asburgico andò nelle Filippine, dove continuò il suo lavoro e le sue ricerche. Fu talmente bravo che Carlo Linneo, il famoso medico e naturalista svedese, gli dedicò il genere Camellia.

Il tè è una delle bevande più semplici e naturali al mondo. Una suggestiva leggenda racconta che la sua scoperta avvenne per puro caso nel terzo millennio a.C. ad opera del mitologico imperatore cinese Shennong. Questi stava scaldando dell’acqua quando alcune foglie staccatesi dai rami dall’albero sotto cui stava riposando, andarono a cadere nella tazza cambiando il colore del liquido in essa contenuto. Curioso, Shennong assaggiò la miscela gustandone il sapore e trovandola corroborante. Così fu scoperto, o inventando, il tè. Per secoli le foglie del tè furono considerate e utilizzate come medicamento più che come bevanda e non è certo un caso che Shennong, oltre ad essere considerato colui che insegnò l’arte dell’agricoltura agli uomini, è anche il maestro che diede avvio alla medicina tradizionale cinese. Passando dalla mitologia ai fatti storici, il primo documento in cui si attesta in modo inequivocabile l’uso del tè come bevanda risale al 59 a.C., durante la dinastia Han. Secondo un recente studio effettuato nel 2015 da un’equipe di ricercatori cinesi e pubblicato dalla rivista Nature, il suo uso si diffuse anche nelle aree occidentali della Cina, in particolare nel Tibet e nell’attuale Xinjiang, nel II secolo d.C., almeno quattro secoli prima di quanto si fosse fino ad oggi supposto.

Esiste un solo albero che produce le foglie con cui si prepara l’infuso del tè: la Camellia sinensis. Come suggerisce l’aggettivo sinensis, la pianta ha origine in Cina (esattamente nella Cina meridionale). Ma da dove deriva il termine «Camellia»?

Il farmacista di Brno

Il nome della pianta fu dato dal medico e naturalista svedese Carlo Linneo (1707-1778), il quale latinizzò il nome Camellia in omaggio ad un semisconosciuto gesuita moravo: Ji?i Josef Kamel (1661-1706), fratello laico e missionario nelle Filippine.

Kamel nacque a Brno (ora in Repubblica Ceca), il 21 aprile 1661. Sua madre era austriaca, mentre il padre era moravo. Brno, facente parte dell’Impero asburgico, era da poco stata nominata unica capitale del Mangraviato di Moravia, premiando la strenua difesa opposta dalla città alle truppe svedesi le quali, dopo aver conquistato la città di Olomouc, minacciavano di marciare su Vienna. L’ordine dei Gesuiti stava godendo di grande popolarità perché uno degli eroi della resistenza era stato Martin St?eda, rettore del Collegio gesuita cittadino. Sull’onda dell’entusiasmo per la vittoria, il pittore Martin Antonin Lublinsky dipinse uno dei rari ritratti di St?eda, oggi conservato nella Galleria Morava di Brno. È una raffigurazione mistica, che mostra la temporanea ascensione al cielo del rettore nel momento in cui gli svedesi decidono di abbandonare l’assedio. La Madonna che gli rende omaggio e al tempo stesso la medaglia che mostra l’imperatore Ferdinando III d’Asburgo vogliono accentuare il ruolo avuto dal prelato come difensore dell’Impero asburgico e la sua figura di mediatore tra l’imperatore e Dio.

Forte degli onori attribuiti alla compagnia, la famiglia di Ji?i fu ben felice di donare il proprio figlio ai Gesuiti. Fu in questa istituzione che Kamel studiò con passione la botanica e divenne, nel 1679, farmacista, praticando la professione nella farmacia del collegio.

Il 12 novembre 1682 Kamel entrò in noviziato a Brno e dal 1685 diresse come fratello laico la farmacia del collegio della Santa Trinità di Jind?ichuv Hradec per poi trasferirsi, l’anno seguente, a ?esky Krumlov. Nella piccola cittadina boema restò solo pochi mesi perché fu lui stesso a chiedere, ed ottenere, di essere mandato missionario oltreoceano.

Nelle Filippine

Nel 1688, dopo essere partito da Cadice, arrivò nelle Filippine, colonia spagnola, dove venne assegnato al Colegio Màximo de San Ignacio, il collegio centrale dei Gesuiti di Manila. L’esperienza farmaceutica maturata in Boemia e la profonda passione per la botanica, indussero il superiore di Kamel ad affidargli il compito di fondare la prima farmacia del paese. Lui stesso preparava le medicine, che distribuiva gratuitamente ai più poveri, approfondendo la conoscenza della flora e della fauna locale.

Il nuovo ambiente in cui operava, però, era assai diverso da quello in cui era cresciuto e in cui aveva fatto pratica: il clima, la cultura, la flora riducevano spesso le sue conoscenze farmacologiche acquisite in Europa a teorie poco concretizzabili e la frustrazione per la sua impotenza nel comprendere le proprietà curative di questa o quella specie sono chiaramente percepibili nei suoi diari e nelle sue lettere.

Kamel decise, dunque, di intraprendere nuove ricerche botaniche, disegnando nei suoi appunti ogni genere di pianta, frutta, foglia che riteneva utile per il suo lavoro e identificando ognuna di queste con i nomi locali cercando di tradurli in diverse lingue europee.

Ji?i Josef Kamel fu così il primo a classificare le piante e gli animali delle Filippine e durante le sue ricerche scoprì le proprietà del «fagiolo (fava) di Sant’Ignazio» (Strychnos ignatia), che prese il nome dal fondatore dell’ordine gesuita ed i cui semi, essiccati e triturati, sono oggi utilizzati in omeopatia per l’estrazione della stricnina.

Per poter avere sottomano gli ingredienti necessari al fine di approntare i farmaci in modo veloce e poco dispendioso, Kamel iniziò a coltivare le erbe in un orto che, in pochi anni, si sarebbe trasformato nel primo orto botanico della colonia spagnola.

La collaborazione con la «Royal Society»

In meno di un decennio il gesuita moravo si meritò l’applauso non solo dei suoi confratelli (il suo superiore, il boemo Paul Klein, si sentì in dovere di scriverne gli elogi in una lettera indirizzata ai gesuiti in Boemia), ma anche di James Petiver, farmacista e botanico, nonché membro della prestigiosa Royal Society di Londra. La società britannica aveva da poco adottato il concetto scientifico baconiano: la «veracitas naturae» doveva essere cercata nell’autorità dei sensi. Era quindi indispensabile studiare i fenomeni non sui libri, ma inserirsi all’interno della natura. I nuovi scienziati dovevano viaggiare o, se questo non fosse stato possibile, appoggiarsi a qualcuno di assoluta e provata fiducia e preparazione che lavorava sul campo. Kamel poteva essere uno di questi uomini e il tempo avrebbe premiato la stima riposta da Petiver sul fratello laico gesuita.

Per mantenere i contatti e scambiare missive, informazioni, metodi di studio, ci si serviva delle rotte commerciali e delle compagnie navali che solcavano i mari in lungo e in largo tra le varie colonie. Anche allora, come oggi, sussistevano problemi diplomatici e politici che impedivano le regolari comunicazioni tra le parti del mondo governate da paesi rivali. I rapporti tra Spagna e Gran Bretagna erano tesi e le navi della Compagnia delle Indie Orientali non avevano il permesso di attraccare nei porti delle colonie spagnole. La Compagnia si avvalse, quindi di intermediari, generalmente indiani, armeni e portoghesi affittando vascelli battenti bandiere amiche della corona spagnola.

Inoltre ogni stato e ogni istituzione, religiosa o secolare che fosse, conservava gelosamente le proprie scoperte e non gradiva che queste, di qualunque natura fossero, venissero divulgate a nazioni o organizzazioni rivali. Kamel ebbe, però, la fortuna di avere come rettore Martinus Sola, il quale lo aiutò a eludere i controlli delle autorità spagnole, permettendogli di mantenere la corrispondenza con la Royal Society.

Un’altra difficoltà era la lingua, in particolare per Kamel, che non conosceva l’inglese. Le missive, quindi, si esplicitavano in latino.

Nel gennaio 1698 Kamel spedì tramite intermediari armeni e portoghesi a Samuel Browne, un chirurgo della Compagnia delle Indie Orientali, il suo libro «Herbarium aliarumque stirpium in insula Luzone Philippinarum primaria nascentium Syllabus» (Rassegna delle piante e degli arbusti che crescono a Luzon). Browne avrebbe poi dovuto inviare il pacco a James Petiver e al suo collega John Ray. Assieme al suo lavoro, Kamel inviò anche alcuni semi di alberi. Nulla, però, giunse in Gran Bretagna perché la nave venne attaccata dai pirati. Dopo un primo, comprensibile, scoramento per aver perso dieci anni di intenso lavoro, il gesuita si rimise all’opera e nel gennaio 1699 rispedì libro e semi che, questa volta, arrivarono nelle mani dei botanici. Lo studio fu apprezzato e nel 1704 venne pubblicato come appendice di 96 pagine al terzo volume della «Historia plantarum; species hactenus editas insuper multas noviter inventas & descriptas complectens» di John Ray. Oltre a descrivere erroneamente Kamel come reverendo padre (in realtà Kamel non prese mai i voti), nell’appendice vennero eliminati i preziosi disegni del gesuita, essenziali per una corretta comprensione del trattato. Questa omissione, causata da questioni economiche, oltre a contrariare l’autore degradò il lavoro di Kamel, tanto che i maggiori botanici del secolo, tra cui Linneo (nato l’anno dopo la morte di Kamel), reputarono il supplemento di nessun interesse.

Per sua fortuna, però, pochi mesi prima la Royal Society aveva pubblicato «Observationes de Avibus Philippensibus», il primo studio in assoluto sugli uccelli nelle Filippine e, soprattutto, il «Gazophylacium naturae et artis», decadi prima di Petiver, in cui furono inseriti numerosi disegni di Kamel. Entrambi questi lavori concessero al gesuita la fama internazionale.

L’omaggio di Carlo Linneo

Un grosso contributo nel far conoscere il farmacista moravo al mondo della botanica arrivò dall’Indonesia. Kamel, nel tentativo di cercare un’alternativa alla via di comunicazione con l’Europa, la trovò nella rotta per Batavia (oggi Giacarta), colonia olandese. Qui, in modo fortuito, Willem ten Rhijne, il più esperto botanico nel Sud Est asiatico, ebbe a trovarsi tra le mani uno dei lavori del gesuita. Nel luglio 1698 ten Rhijne propose a Kamel una collaborazione che durò fino alla morte dell’olandese, avvenuta nel giugno 1700. Da parte sua Linneo, dopo l’iniziale delusione dell’appendice dell’«Historia plantarum», cominciò a capire lo spessore scientifico del lavoro di Kamel e nel 1753 decise di onorarlo dedicandogli il nome di Camellia, l’albero da cui si raccolgono le foglie del tè. Contrariamente a quanto generalmente si scrive, sembra che Kamel riuscì effettivamente a vedere di persona l’albero del tè o, almeno, la sua foglia. Un suo esemplare venne trovato nell’erbario personale del missionario gesuita e lui stesso ne riportò anche un disegno, assieme al frutto, nominandola come «tchia» (il nome che molte culture orientali danno al tè). Disegno datato 1700 e oggi conservato nell’Università Cattolica di Lovanio, in Belgio.

La notizia della morte di Ji?i Josef Kamel, occorsa per un’infezione intestinale il 2 maggio 1706 a Manila, arrivò in Europa solo nel marzo 1710, quando il suo principale corrispondente, Petiver, seppe dell’accaduto da Vincenzo Serrano, confratello di Kamel. Le comunicazioni con le Filippine, già difficili in condizioni normali, divennero proibitive a causa della guerra di successione spagnola.

La pianta del tè

Nonostante Linneo conferì a Kamel l’onore della denominazione botanica della Camellia sinensis, il missionario moravo, come detto in precedenza, poco o nulla scrisse della pianta.

Fu, invece, il medico tedesco Andreas Cleyer che, durante le sue due visite in Giappone nel 1682-84 e nel 1685-87, descrisse per primo la pianta del tè. Nel 1712 il naturalista e dottore tedesco Engelbert Kaempfer, che viveva a Nagasaki, scrisse il «Amoenitates Exoticarum», considerato il primo studio scientifico europeo sulla pianta del tè (che Kaempfer descrisse con il nome giapponese di «tsubakki» e «sasanqua»), pur dedicando all’albero un trattato di sole due pagine e mezzo. Da parte sua Linneo non sospettò mai che la pianta di Thea sinensis, il nome botanico dato alla pianta da James Petiver nel 1702, fosse la stessa della Camellia. Nel suo libro «Species Plantarum», Linneo distinse la Thea sinensis dalla Camellia sinensis.

Solo nel 1818 Robert Sweet si accorse dell’errore dello scienziato svedese e decise di rinominare tutte le specie di Thea sinensis come Camellia. Oggi vi sono quattro varietà riconosciute di Camellia: la Camellia sinensis sinensis, la Camellia sinensis assamica, la Camellia sinensis pubilimba e la Camellia sinensis dehungensis.

I lavori di Jiri Josef Kamel oggi sono custoditi nel British Museum, mentre nella facoltà teologica dell’Università di Lovanio (Belgio) sono depositati 260 disegni di piante medicinali, animali e minerali delle Filippine redatti dal missionario di Brno.

Piergiorgio Pescali