Apprendista «coreano»

Dall’Alto Congo alla periferia di una città della Corea del Sud

testo di Stephano Nabgaa Babangenge |


Ho imparato a essere missionario inserendomi come assistente parroco nella vita pastorale della comunità cristiana di Eunhaeng-dong.

Mi chiamo Stephano Nabgaa Babangenge, nativo di Wamba nel Nord della Repubblica democratica del Congo. Sono diventato sacerdote dei missionari della Consolata nel 2014 e subito dopo inviato alle nostre missioni in Corea del Sud.

Dopo aver concluso, almeno a livello scolastico, i tre anni di studio della lingua, avevo bisogno di entrare in profondità sia nella cultura coreana che nella Chiesa locale che ammiravo anche se un po’ da lontano. Presto fatto. Il mio superiore ne ha parlato con il vescovo John Baptist della diocesi di Incheon, nella quale abbiamo la nostra casa di Yeogkok-dong, e mi ha mandato come viceparroco alla parrocchia di Eunhaeng-dong, una cittadina a Est di Incheon. Qui, per due anni ho goduto la bellezza del vivere in una Chiesa cattolica molto diversa da quella a cui ero abituato in Congo e la gioia dell’incontro con il popolo coreano per quel che riguarda il cibo, la cultura, la lingua e tanto altro.

Il numero di cose che ho imparato è semplicemente sorprendente. Pur con le mie difficoltà di comunicazione, ho apprezzato quanto le persone siano state pazienti e pronte ad ascoltare. Questo mi ha incoraggiato a continuare a imparare sempre di più e meglio. Oggi ho maggior confidenza nel parlare, mi sento più a mio agio nel capire e più sicuro anche nel celebrare la messa e predicare.

Viceparroco

Vivendo nella parrocchia, sono stato coinvolto in tutte le attività: messe quotidiane (con l’omelia), confessioni, visite ai malati e unzione degli infermi, benedizioni varie (macchine, uffici, acqua, case…), adorazioni mensili, incontri della Legio Mariae, degli studenti e insegnanti della scuola secondaria, dei seminaristi e visite alle famiglie.

Inoltre, essendo incaricato di curare i chierichetti, i bambini della Sunday school e la gioventù, ho preso parte in tutte le loro attività come le messe settimanali, incontri di formazione, campeggi, gite, ritiri, giochi. Tutto ciò mi ha aiutato a conoscere la struttura, l’organizzazione e i vari modi di essere della Chiesa coreana. Allo stesso tempo ha contribuito ad allargare la mia conoscenza, comprensione e rispetto della cultura e del popolo. È una bellissima esperienza che ogni missionario in Corea dovrebbe fare.

Molto positiva anche la condivisione di vita con il parroco e altri preti diocesani della nostra unità pastorale, una decina, durante gli incontri mensili nei quali si discutevano delle nostre attività pastorali e della vita di tutta la Chiesa nella circoscrizione.

È stato un tempo per imparare, osservare e inserirmi nel contesto. Anche qui mi sono sentito amato e considerato, non dicendo nulla, ma semplicemente essendo presente.

Coinvolgimento dei Miei confratelli

La mia presenza nella parrocchia è diventata anche motivo di una bella collaborazione tra la stessa e i missionari della Consolata, che sono stati coinvolti in svariate attività di animazione missionaria e pastorale della comunità. Questo ha fatto sì che molte persone siano venute a conoscerci meglio e ora partecipino alle nostre attività di animazione missionaria, al nostro programma di ritiri annuali, di esperienze nelle nostre missioni in Africa o America Latina e, ovviamente, le sostengano.

Prospettive future?

Quest’anno celebriamo il trentesimo anniversario della venuta dei missionari della Consolata nella Corea del Sud. Sono orgoglioso di essere parte di questa storia. Sogno un’attività missionaria centrata nella collaborazione con la Chiesa locale.

In questi due anni vissuti in una comunità locale ho potuto capire quanto sia importante coinvolgersi direttamente e collaborare dal di dentro. Collaborazione con la Chiesa e il clero locale, imparando come le cose si fanno e come la società si sta muovendo, è una delle cose cruciali raccomandate dal beato Giuseppe Allamano a tutti i suoi missionari. Questo ci aiuta anche a comprendere il cuore della gente e della società coreana, vecchi, giovani e anche bambini.

Stephano Nabgaa Babangenge

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