Chi è il nemico?

Testo di Gigi Anataloni, direttore MC


Oggigiorno è facile imbattersi in qualcuno convinto che «l’Islam vuole distruggere il Cristianesimo e quindi bisogna tenere lontani i migranti che ne sono la testa di ponte». Espressioni come questa, scritte in modo meno educato, ricorrono con frequenza impressionante nei commenti sui social o nelle interviste Tv. Apparentemente sembrano dichiarare una seria preoccupazione per il futuro della nostra religione, in realtà rivelano un atteggiamento in aperto contrasto con la nostra fede.

Non voglio sottovalutare il pericolo e l’aggressività di un Islam radicale e fondamentalista, come quello promosso e finanziato da diversi paesi del Golfo, i quali continuano a essere sostenuti dall’attuale governo americano che pure ha tra i suoi sponsor le ali più integraliste e tradizionaliste del cristianesimo cattolico ed evangelico. Questo tipo di Islam, di cui l’Isis, Al Qaeda e altre organizzazioni fondamentaliste sono espressione, sta portando terrore e lutti in molte parti del globo, e non sono solo i cristiani a soffrirne, ma anche i musulmani stessi, oltre ai fedeli di altre religioni.

Sono anche ben cosciente che l’Islam si ritiene l’unica religione vera, ma condivide questa certezza con Ebraismo e Cristianesimo, che – pur in modi diversi – considerano Abramo come loro padre nella fede. Questa convinzione è stata abbondantemente usata nella storia come una liberatoria anche dai cristiani per giustificare guerre di religione e conquiste.

Tornando alla nostra Italia: secondo le statistiche dell’Istat, elaborate dall’Ismu, nel 2018 quasi il 58% degli oltre 5 milioni di immigrati in Italia sono cristiani e poco più del 28% sono musulmani.

Ovviamente non dobbiamo chiudere gli occhi di fronte al pericolo costituito dal fondamentalismo o dal terrorismo islamico (o di altre religioni e sette). Però dire che l’Islam vuole distruggerci come cristiani – e che quindi occorre difenderci con tutti i mezzi dai suoi fedeli invasori – rischia di essere non solo una fake news ma soprattutto un alibi alla crisi di fede in Europa e una scelta, quella dell’odio del nemico, che Gesù ha decisamente condannato sia col suo esempio personale che con le sue parole.

In realtà i primi nemici del Cristianesimo siamo proprio noi cristiani. Guardiamoci con oggettività. Analizziamo le nostre scelte quotidiane di vita, le priorità che abbiamo, l’uso del nostro tempo, l’immagine ideale che abbiamo di noi stessi, i sogni che trasmettiamo ai nostri figli. Forse, pur chiamandoci cristiani, in realtà siamo diventati degli idolatri e seguiamo molti dei. Al primo posto c’è il dio denaro e poi i suoi molti accoliti come il benessere, il successo, l’affermazione personale, il prestigio, il potere, il desiderio di eterna giovinezza, l’avere tutto senza fatica. Così la domenica non è più il giorno del Signore ma il weekend, al centro dei nostri interessi non c’è più la persona ma il profitto, la comunità è resa vana da indifferenza e individualismo, il lavoro diventa sfruttamento, il divertimento sostituisce allegria e felicità, il bullismo corrompe le relazioni di amicizia… In casa non si prega più insieme, ma neanche si mangia insieme e ci si parla poco: dominano la Tv sempre accesa, il computer e il cellulare. Chi ti considera se dici che vai a messa, che preghi, che fai servizio nella comunità, aiuti i poveri, hai cura dell’ambiente? Un’ora di messa la domenica è lunga e pizzosa, ma fare la coda per ore in autostrada per andare al mare e ai monti o davanti a un certo negozio per avere l’ultimo gadget tecnologico non fa problema. Fare allenamenti estenuanti per imparare uno sport o altre attività è un impegno necessario se si vuole essere qualcuno, stare bene o essere accettati, andare al catechismo con fedeltà e partecipazione per diventare una persona migliore è un peso. Poveretto poi uno che pensasse di diventare sacerdote o suora o missionario: deve rinunciare a tutto.

È fin troppo facile fare la lista degli atteggiamenti idolatrici che mettono in evidenza come siamo proprio noi i primi nemici della nostra stessa fede. Piangerci addosso non serve, neppure alimentare le paure. La strada è quella della conversione per dare una bella scossa alla nostra fede, per amare davvero il Dio Misericordioso e gli altri (tutti gli altri) e per porre la nostra speranza in ciò che
ci costruisce come uomini a immagine di Gesù.