Dal «like» all’«amen»

© AfMC Jaime Patias

di Gigi Anataloni, direttore di MC


Passare dal «like» all’«amen» è l’invito di papa Francesco nel suo messaggio per la 53ª giornata mondiale della comunicazione del prossimo 2 giugno, Ascensione del Signore. L’espressione sintetizza bene il salto di qualità che siamo chiamati a fare nel nostro modo di comunicare oggi: dalla distanza alla prossimità, dall’individualismo alla relazione, dalla ricerca di ciò che ci piace e conferma le nostre idee al confronto – a volte anche spiacevole – con la verità, dalla superficialità al coinvolgimento, dall’anonimato all’incontro faccia a faccia, dal chiuso dei nostri interessi all’essere «in uscita» camminando con gli altri. È la sfida di creare davvero una rete (net) di relazioni (inter) che rafforzino i legami tra le persone, i popoli e le nazioni, costruendo ponti, abbattendo muri, nella consapevolezza di far parte di un’unica famiglia umana nell’unico mondo che abbiamo.

Le due parole hanno in sé un mondo di significati che vale la spesa approfondire.
Il «like» è, di per sé, positivo, dice che qualcosa mi piace, mi diverte, mi interessa e condivido. Il rischio è che questa presa di posizione positiva rimanga un desiderio superficiale, non mi scomodi più di tanto, mi faccia rimanere placido sul «divano» (tante volte menzionato da Francesco in contrapposizione all’«uscire»). Raramente diventa anche azione: una firma, una donazione, la lettura approfondita di un articolo, men che meno un andare ad aprire la porta, un dare una stretta di mano o un abbraccio, neppure un alzare gli occhi dallo schermo per guardare in faccia l’interlocutore, l’altro, il cosiddetto «amico» o il «nemico», colui contro cui mi scaglio senza neppure conoscerlo solo perché scrive o fa come «non piace» a me. Uno dei rischi del «like» è di mettermi a posto la coscienza senza disturbarmi più di tanto e diventare parte di un mucchio con l’illusione di partecipare a qualcosa d’importante (anche quando è una fake news).

L’«amen» fa fare un salto di qualità al like. È impegno, scelta, dono, servizio, libertà, responsabilità, coscienza critica. Spesso si rafforza nel silenzio e si paga con la solitudine (apparente). L’amen è il modo di essere dei costruttori di nuova umanità. L’amen di Abramo, stufo dei succhia paure (i molti idoli) del suo tempo, lo fa uscire verso l’inedito, rendendolo padre di tutti coloro che per fede cercano la vera libertà in un incontro di amore. L’amen di Mosè gli fa smettere di fuggire dalla realtà dell’oppressione e iniziare un cammino di liberazione con il suo popolo. L’amen di Davide, il ragazzetto fulvo e di bell’aspetto, lo fa uscire – armato solo del suo coraggio – contro il super fellone Golia. L’amen di Maria, rafforzato, confermato e purificato da prove e dolori, apre l’inizio della nuova creazione e la rende madre non solo del figlio di Dio ma della nuova umanità. Amen è dire: (sono) sicuro (che quello che mi proponi è) veritiero, così è, (quindi) avvenga! Dove «avvenga» non è un sì rassegnato a qualcosa di inevitabile e più forte di me, ma l’epressione del mio desiderio libero, gioioso e intenso che quello per cui ho detto amen si realizzi davvero con la mia totale collaborazione.

Francesco conclude il suo messaggio dicendo: «Così possiamo passare dalla diagnosi alla terapia: aprendo la strada al dialogo, all’incontro, al sorriso, alla carezza… Questa è la rete che vogliamo. Una rete non fatta per intrappolare, ma per liberare, per custodire una comunione di persone libere. La Chiesa stessa è una rete tessuta dalla comunione eucaristica, dove l’unione non si fonda sui “like”, ma sulla verità, sull’“amen”, con cui ognuno aderisce al Corpo di Cristo, accogliendo gli altri».

Oltre cinquant’anni fa l’ultimo documento del Concilio Vaticano II, la «Gaudium et spes», scriveva al n. 37: «La Sacra Scrittura, con cui è d’accordo l’esperienza di secoli, insegna agli uomini che il progresso umano, che pure è un grande bene dell’uomo, porta con sé una grande tentazione: infatti, sconvolto l’ordine dei valori e mescolando il male col bene, gli individui e i gruppi guardano solamente alle cose proprie, non a quelle degli altri; e così il mondo cessa di essere il campo di una genuina fraternità, mentre invece l’aumento della potenza umana minaccia di distruggere ormai lo stesso genere umano. Se dunque ci si chiede come può essere vinta tale miserevole situazione, i cristiani per risposta affermano che tutte le attività umane, che son messe in pericolo quotidianamente dalla superbia e dall’amore disordinato di se stessi, devono venir purificate e rese perfette per mezzo della croce e della risurrezione di Cristo».

Gesù Cristo è il vero amen che ha cambiato la storia, perché il suo «non la mia volontà, ma la tua sia fatta» (Lc 22,43; Mt 26,39; Mc 14,36) è stato il dono d’amore più grande che poteva fare e con il dono di sè ci ha indicato la vera via per essere uomini liberi che vivono relazioni di amore – faccia a faccia, senza paura – con Dio e ogni uomo di ieri, oggi e domani.

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