Fake news, internet, comunicazione … Usiamo la testa

Editoriale su Internet e fake news di Gigi Anataloni, direttore MC |


«La verità vi farà liberi (Gv 8,32). Fake news e giornalismo di pace». Questo è il titolo del messaggio di papa Francesco per la 52a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che si celebra il 13 maggio. È un messaggio di estrema attualità, da leggere con intelligenza e cuore. Nessun frequentatore dell’Internet dovrebbe ignorarlo.

Come direttore di una rivista missionaria, sarei tentato di dire «sono già a posto», quel messaggio «non mi riguarda», perché noi non cavalchiamo «fake news» e «già facciamo un giornalismo di pace» e cerchiamo di pubblicare notizie verificate senza scopi occulti o bramosia di guadagno, senza bombardare i nostri lettori, anzi, chiedendo loro di leggere tutto con la calma necessaria per digerire e controllare quello che scriviamo. Però le parole di Francesco sono un richiamo positivo anche per noi, perché – in verità – non siamo del tutto gratuiti, ma «esigiamo» molto dai nostri lettori: il loro tempo perché ci leggano senza fretta (slow news!), la loro intelligenza perché condividano con noi idee e valori, il loro cuore perché amino, gioiscano o piangano con noi, e la loro azione perché esprimano con i fatti solidarietà e sostegno al nostro servizio ai poveri, ai lontani, al Vangelo. Tutto questo non è poco. Non vi ringrazieremo mai abbastanza per la vostra vicinanza.

Certo è che stiamo vivendo un tempo molto bello per la comunicazione, la quale, grazie alla rete, gode oggi di opportunità, possibilità e servizi positivi e partecipativi, inimmaginabili solo qualche anno fa. È però anche un tempo di grande crisi, non solo quella cronica della carta stampata – libri e giornali -, ma anche dei social – Facebook, in primis – che sembrano aver tradito tutte le aspettattive vendendosi per profitto alla politica e ai gruppi di potere, senza alcuna considerazione per i propri utenti, se non quella del puro sfruttamento commerciale. Così, di colpo, cadono i miti, il re è nudo. Il «popolo della rete» si sente gabbato: siamo traditi, imbrogliati, usati, etichettati, classificati, analizzati, derubati della privacy, considerati come numeri, buoni solo per essere manipolati, sfruttati e rapinati dei soldi, del tempo, della buona fede.

Una visione troppo pessimista della situazione? Forse. Però bazzico nel mondo dell’Internet da troppo tempo per credere alle utopie della democrazia digitale, del tutto gratis, della privacy a tutti i costi, del puro idealismo che ci sarebbe in rete. Utopie che sono state smontate dal realismo dei costi di un sistema sempre più sofisticato e allo stesso tempo sempre più fragile, e dalla comprensione della sua potenzialità manipolativa ed economica. Non per niente alcune delle persone più ricche del mondo – certamente troppo ricche per i miei gusti – hanno a che fare con Internet e le cosiddette nuove tecnologie.

Non sono pessimista e non penso serva demonizzare o boicottare i social (o «quel» social in particolare). Credo invece sia più importante ricordarsi che ogni mezzo è solo un mezzo e come tale va usato, senza farne un idolo da adorare e servire o un mostro da temere. Quand’ero piccolo e mio nonno era l’unico e leggere il giornale nella nostra frazione, se lui diceva «l’ha detto il giornale», questo tagliava la testa al toro. Poi si è passati a «l’ho sentito alla radio», «l’ho visto in tv», fino all’idolatria o al terrore dei «like» dei nostri giorni. No, Internet e social «non tagliano la testa al toro», non ci esimono dal pensare con la nostra testa, dal verificare e dall’usarli responsabilmente.

La tentazione indotta dagli strumenti digitali è quella di farci «agire prima di pensare»: clicca, like, inoltra, condividi e così via. Ci vorrebbe calma, invece. Pensare prima di agire. Fare silenzio, ascoltare e ascoltarsi, verificare. Domandarsi «cui prodest?», chi ci guadagna? E poi chiedesi il perché aderisco a certe idee, diffondo notizie, immagini e filmati: lo faccio solo per puro divertimento personale o per creare e condividere felicità? Ho a cuore gli altri, l’ambiente, il mondo o penso solo a me stesso? Sono prudente o superficiale? Costruisco relazioni, comunione, armonia, gioia e pace o divido, istigo, provoco, alimento l’odio, diffondo paura e diffidenza, creo confusione? È importante mantenere il controllo del tempo, di cui i social vogliono l’esclusiva. Salvare tempo per se stessi, per gli altri e (perché no?) per Dio. A volte sarebbe anche meglio pregarci su prima di agire. No, non semplicemente dire una preghiera, ma pregare, cioè fermarsi nel silenzio, per confrontarsi con la Parola e con i valori, il modo di essere, di pensare e di agire di Gesù. Quel suo «ma io vi dico» (tipico in Mt 5) dovrebbe risuonare in noi, sempre. È l’invito a mettere al centro della nostra vita l’unica cosa che veramente costruisce umanità: l’amore. E l’amore si coniuga con la verità e solo la verità ci rende liberi. Liberi e fratelli. Senza le paure che ci fanno costruire muri, ci imprigionano nella menzogna e ci rendono schiavi di chi non ci considera persone ma numeri, consumatori, elementi di un algoritmo. Da che mondo è mondo con lo stesso strumento si può costruire o distruggere, dipende solo da chi lo usa. Solo la «verità nell’amore» ci rende liberi e liberatori.

Gigi Anataloni

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