Scuola 1 – Dov’’è finita la penna rossa?

Italia / Breve viaggio nella nostra scuola


Senza scuola non c’è futuro.

Tutti parlano (giustamente) dell’importanza della scuola. Ma
che sta succedendo nella realtà? Perché in Italia tutti i soggetti coinvolti in
prima persona – gli insegnanti, i ragazzi, i genitori – si lamentano?

Ore
7,30 del mattino, suona la sveglia e Marco (nome di finzione), 8 anni, inizia
la sua nuova giornata. I ritmi sono serrati perché il tempo è sempre troppo
poco. A scuola ci si arriva rigorosamente in automobile, senza parcheggiare.
Una sosta in doppia fila e un bacio di corsa. Questa immagine non corrisponde a
quella (fasulla) del Mulino Bianco, ma è l’ordinarietà di quasi tutte le
famiglie italiane. Il tempo pieno della scuola primaria si dilata e, a fronte
delle multi-esigenze lavorative dei genitori, raggiunge le 10 ore quotidiane.
Il rientro a casa è alle 17, se va bene, oppure dopo le 19,00 se a riempire il
pomeriggio dei bambini è una delle tante attività di intrattenimento. Sebbene
il tempo pieno della scuola primaria rimanga una conquista fondamentale per
garantire ai genitori la possibilità di lavorare, questa dilatazione del
tempo-scuola crea stress e stanchezza nei bambini di oggi. Tutto il contrario
di ciò che accade nel film-documentario di Pascal Plisson, Vado a scuola,
in cui quattro diversi bambini in quattro paesi del mondo compiono
quotidianamente chilometri per poter accedere all’istruzione. Figure vere e
poetiche al tempo stesso che regalano agli spettatori il senso della fatica e
dell’educazione come forma di riscatto sociale. L’immagine di un cammino lungo,
ma pieno di significato.

Che
strada sta intraprendendo la scuola in Italia? I media ci raccontano di
un’istituzione con molti problemi. Tra i tanti, ricordiamo: i pochi
investimenti, i risultati insufficienti degli apprendimenti, la cospicua
burocratizzazione, le nuove direttive e
l’inclusione dei 760.000 studenti di cittadinanza non italiana con tutte
le varie conseguenze sulla gestione multiculturale.

Nel marasma tecnico e gestionale c’è un aspetto epocale
che necessita di una lente di ingrandimento: la scuola sembra essersi svuotata
di senso. Don Ermis Segatti, docente di Storia del cristianesimo e di Teologie
extraeuropee presso la Facoltà teologica di Torino, ritiene che la scuola abbia
perso la propria «appetibilità». «Il senso più profondo della scuola – spiega
Segatti – si accompagna al sacrificio. In una società che ha trasformato
l’istruzione in un fenomeno accessibile a tutti e ha reso “universalizzata” la
cultura, l’effetto di ricaduta si ha nel depotenziamento e nella perdita di
appetibilità della stessa. Il macroscopico errore pedagogico e culturale è
quello di chiedere alla scuola di riempire un sempre maggiore vuoto
esistenziale. Nasce in questo modo il mondo effimero dell’intrattenimento il ludus
mundi
tra le mura della scuola, che si veste così di quel fittizio da cui
andrebbe invece sgravata».

Entrare «dentro la scuola» e capie l’evoluzione e il
futuro che intende riprogettare, significa anche fare una disamina sulla nostra
società attuale. Con le parole di Virginio Pevato, 20 anni di esperienza come
docente e altrettanti come direttore di Scuola dell’infanzia: «La scuola
rispecchia una società in crisi di valori. Non ci sono pensieri  forti capaci di trasmettere sicurezza e i
modelli esportati  dai mass media sono
caratterizzati dall’apparire e non dall’essere. La famiglia, prima agenzia formativa,
ha mutato le sue caratteristiche assumendo contorni sempre più fragili: la
figura patea si è indebolita e le nuove forme di famiglia allargata hanno
potenziato un graduale disorientamento dei giovani. Ne consegue
un’inarrestabile perdita di credibilità nei valori dell’educazione».

In una sorta di liquefazione identitaria dei ruoli,
anche l’autorevolezza dei docenti è venuta meno, alla mercè di famiglie sempre
più pretenziose e al contempo deleganti. Ma come, e perché, si è giunti a
questo quadro antropologico? 

Se il sistema scolastico attuale rispecchia la nostra
società capitalista e fa dei nostri ragazzi tanti meri consumatori, come si può
mettere in campo una «rivoluzione» che miri a formare persone libere e
pensanti, come sosteneva Don Milani? 

Ricostruire il senso dell’istruzione in una società del «non
senso» appare un’impresa titanica, eppure c’è una schiera di professionisti
dell’educazione per cui vale ancora l’aforisma di Eleanor Roosevelt: «Il futuro
appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni». Per
rispondere a qualche domanda, siamo andati a incontrarli.

Gabriella Mancini

Un bambino, un insegnante,
un libro, una penna
possono cambiare il mondo. […]


Non mi importa di dovermi
sedere sul pavimento a scuola.


Tutto ciò che voglio è istruzione.
E non ho paura
di nessuno.

Malala Yousafzai, 16 anni, candidata


al Premio Nobel per la Pace 2013.

 

LE QUESTIONI

• Quale «educazione» sta trasmettendo la nostra scuola?
• Come si può tradurre in realtà la lezione di Don Milani e
formare persone libere e pensanti?
• Quando e perché la figura del docente è diventata meno
autorevole?
• Come mai in Italia non viene compresa l’enorme portata del
multiculturalismo e del plurilinguismo?
 

Gabriella Mancini

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