Eritrea 4: Gentili, discreti, educati, disponibili

Asmara: il ricordo di un’italiana.


Un viaggio nel tempo. Una città pulita e
pacifica. Persone oneste, lavoratori. Ma tante storie di sofferenza, di cui
poche a lieto fine. Sono questi i ricordi di una funzionaria delle Nazioni
Unite che ha vissuto e lavorato nel paese per alcuni anni.

Ho
avuto il privilegio di vivere e lavorare in Eritrea dal 2000 al 2004. Arrivai
subito dopo la tregua e la firma degli accordi di pace tra Eritrea ed Etiopia,
a seguito del precedente lungo conflitto per l’indipendenza. Fu un’esperienza
umana e professionale travolgente.

Si respirava e viveva un’atmosfera
unica, con grandi aspettative che rimasero poi purtroppo disattese.

Ricordo ancora, come fosse adesso,
il mio arrivo all’aeroporto di Asmara, i profumi e sentori di quei primi
giorni. L’effervescenza e le nuove iniziative.

L’Eritrea: una giovane nazione
abbastanza atipica rispetto al contesto africano. Asmara: una capitale unica in
Africa, dove puoi tranquillamente camminare per strada, anche di notte, senza
essere infastidito da mendicanti in ogni dove. Molto diverso quindi da quanto
accade dalle nazioni confinanti. Una povertà esistente ma vissuta con molta
dignità e riservatezza.

Asmara: una città dotata di un clima fantastico di
eterna primavera, di una salubrità eccezionale, a meno che si soffra di altitudine
trovandosi a oltre 2000 metri sul livello del mare, e di un’architettura unica.
Senza poi dimenticare gli asmarini: sempre gentili, discreti, educati e
disponibili.

Viaggio nel tempo

La mia prima impressione fu quella di avere fatto un
viaggio nel tempo. Un’incredibile somiglianza con una tipica cittadina
dell’Italia meridionale fotografata a metà degli anni ’60. Vecchie auto e
autocarri Fiat ancora in circolazione, tranquilla atmosfera lavorativa,
impressionante architettura coloniale e post coloniale di evidente stampo
italiano, cucina italiana, parole italiane nel gergo comune. Tutto eredità
della nostra presenza coloniale, certamente da valutare con tutti i pro e
contro. Presenza iniziata durante il periodo coloniale nel 1890, e terminata
nel 1941 con l’arrivo degli inglesi, ma poi protrattasi con le migliaia di
italiani (o meglio «talian», parola tigrina per indicare gli stranieri
in genere) che decisero di rimanere in Eritrea (e analogamente in Etiopia e in
Somalia) sino al 1974. Poche decine, e non con poco coraggio, rimasero dopo
l’ascesa del dittatore etiopico Menghistu che poi requisì le loro attività
industriali e commerciali messe in piedi con tanta fatica e sacrifici. Ho
conosciuto gli ultimi «coloniali» italiani, alcuni dei quali nati e vissuti ad
Asmara. Figli di vecchi imprenditori, oggi morti, che costruirono grandi
fortune. Veri pionieri in un contesto operativo molto difficile.

Gente onesta e lavoratrice

Durante la mia esperienza professionale, ho avuto modo
di affrontare diverse situazioni, di operare con diverse istituzioni, reclutare
e collaborare con personale locale a vari livelli. Mi sono confrontata anche
con difficili situazioni professionali e umanamente coinvolgenti, soprattutto
quando si trattava di famiglie geograficamente separate a causa del lungo
conflitto, famigliari deceduti o detenuti o dispersi durante la guerra.

Il recente episodio di Lampedusa ha attirato
l’attenzione internazionale sui profughi eritrei, ma già nei primi anni 2000
erano numerosi i ragazzi e le ragazze che per evitare il servizio militare
lasciavano clandestinamente il paese. Ne ho conosciuti parecchi. Uno di questi
era un mio collaboratore che, in occasione di una missione di lavoro in
prossimità dell’Etiopia, ne approfittò per dileguarsi oltre il confine. Ora
vive in Germania, dove con l’aiuto di una Ong è riuscito a frequentare
l’università e a ricostruirsi un futuro professionale. Quanto coraggio, ma
anche quanta fortuna. Non tutti sono stati similmente premiati dalla loro
audacia.

Confermo con piacere che mantengo, ancora a distanza di
anni, numerosi contatti con eritrei ai quali sono legata non solo da un
rapporto di amicizia, ma soprattutto di reciproca fiducia e solidarietà.

Forti legami sociali

La cosa che più mi colpì ai tempi e continua a stupirmi è
l’incredibile solidarietà tra gli eritrei espatriati e i residenti che
sopravvivono grazie agli aiuti inviati dai primi. La diaspora eritrea (che
conta più di un milione di persone) è rappresentata da forti e solide comunità
all’estero, che ho avuto modo di conoscere e apprezzare. Queste comunità
mantengono strettissimi rapporti col paese d’origine e, per fare una
similitudine, hanno una grande affinità e somiglianza con le analoghe comunità
di italiani all’estero.

In Eritrea nei mesi di luglio e agosto si raccolgono e
consumano i fichi d’india che si chiamano in tigrino beles. Ed è proprio
con questo appellativo curioso e «stagionale» che sono soprannominati gli
espatriati che rientrano brevemente in vacanza ad Asmara.

Mi ha sempre sorpreso la serietà, onestà, compostezza e
riservatezza del popolo eritreo. Non ho mai sentito uno dei miei collaboratori
lamentarsi o rifiutare un incarico in qualsiasi condizione di lavoro, incluse
quelle spesso proibitive e disagiate lontano dalla ridente e ospitale capitale.

Il coraggio non manca ai giovani eritrei, ma il clima di
terrore artificialmente creato dai primi anni 2000 ha schiacciato e condannato
quasi un’intera generazione.

Un contesto multietnico unico quello eritreo:
linguistico, tribale e religioso. Qui hanno sempre convissuto pacificamente
cristiani (prevalentemente di rito copto) e musulmani. I matrimoni
interreligiosi non sono frequenti ma esistono e sono ben tollerati. Non si
conoscono e non sono concepibili guerre di religione. Un grande esempio di
civilizzazione e tolleranza a livello mondiale.

Barbara Mina
 

CONSIGLI BIBLIOGRAFICI

• Mirjiam van Reisen, Meron Estefanos, Conny Rijken, Human trafficking in the Sinai: refugees
between life and death
, Wolf Legal Publishers, 2012.

• Mirjiam van Reisen, Meron Estefanos, Conny Rijken, The human trafficking cycle: Sinai and
beyond
, Wolf Legal Publishers, 2014.

• Sheila B. Keetharuth,
Report of Special Rapporteur on the situation for human rights in Eritrea
,
Onu, General Assembly, marzo 2013.

• Inteational Crisis Group, Eritrea: scenarios for future transitions, Africa Report n. 200,
marzo 2013.

• Matteo Guglielmo, Il
Coo d’Africa. Eritrea, Etiopia, Somalia
, Il Mulino, 2013.

• Il giornale «Avvenire» segue da tempo la tratta dei profughi
nel Sinai.

• Lettera pastorale dei Vescovi Eritrei, Dov’è tuo fratello?, Pasqua 2014

Ringraziamenti

Un ringraziamento per la disponibilità a don Mussie Zerai,
Meron Estefanos, Marilena Terzuolo, Francesca Giaccone e Barbara Mina.

Per le foto: un grazie speciale a Mattia Gisola e Francesca
Giaccone, Angela Lano e Cosimo Caridi.

Gli autori

• Enrico Casale – Gioalista professionista, africanista ed
esperto dell’area del Coo d’Africa.

• Barbara Mina – Funzionaria delle Nazioni Unite, ha
lavorato in diveri paesi africani.

• Marco Bello – 
Redattore MC, cornordinamento editoriale del dossier.

 

Barbara Mina