America, il continente aperto

Riflessioni e fatti sulla
libertà religiosa nel mondo – 08
Continente che ospita 948 milioni di persone, l’America è l’area
geografica che fa registrare i livelli più bassi di restrizioni governative e
di ostilità sociali riguardanti la religione. Ma, come il resto del mondo,
anch’essa vede un aumento di pressione sulla libertà religiosa. Tra gli esempi
più significativi di tale aumento c’è quello degli Usa, ma anche del Messico,
di Cuba e della Colombia.

Era il 6 agosto scorso quando
l’ennesima notizia di una strage avvenuta negli Usa per mano di un «folle»
girava il mondo: sette persone morte, tra cui lo stragista, tre ferite
gravemente, decine sotto shock. Quell’episodio ne seguiva di simili, avvenuti
nelle settimane anteriori, e ne precedeva altri che avrebbero riacceso il
dibattito statunitense sulla vendita di armi. Esso però aveva una sua
peculiarità: nell’assalto il killer aveva preso di mira un tempio sikh.
«È importante notare che questo è solo uno di un numero crescente di episodi di
violenza che i sikh hanno sperimentato negli ultimi anni», dichiarava alcuni
giorni dopo il direttore esecutivo della «Sikh coalition» Sapreet Kaur. «L’assassino
sarebbe un ex militare congedato dall’esercito nel 1998, per cattiva condotta
[…] – si affrettava a informare tra gli altri Radio Vaticana -. I sikh, noti
per la barba lunga e il turbante (stimati tra i 78mila e i 500mila negli Usa,
ndr.), sono scambiati spesso per musulmani e fatti oggetto di attacchi dopo
l’11 settembre 2001». La strage quindi aveva sullo sfondo, tra i moventi, un
problema di odio religioso. Secondo i rilievi dell’Fbi sulla criminalità,
citati dal rapporto 2011 del Pew Forum, gli Usa hanno avuto più di 1.300
crimini d’odio religioso nel 2009. La maggior parte dei quali anti-ebraici (931
dei 1.303 reati, il 71%; mentre l’8% era motivato da pregiudizi anti-islamici).

Gli Stati Uniti sono uno dei 16 paesi del mondo che hanno fatto
registrare un significativo incremento di entrambi gli indici (Restrizioni
Goveative e Ostilità Sociali) durante l’anno preso in esame dal Rising
tide of restrictions on religion
, l’ultimo studio del Pew Forum
sulla libertà di religione nel mondo con dati riguardanti il 2010. Durante
quell’anno c’è stato un «aumento del numero di incidenti a livello statale e
locale nei quali membri di diverse religioni hanno incontrato restrizioni nella
capacità di praticare la loro fede». Ad esempio «incidenti nei quali agli
individui è stato impedito d’indossare un certo abbigliamento o di portare
simboli religiosi, compresa la barba, in prigioni, penitenziari e altre
strutture correzionali». Alcuni gruppi religiosi hanno incontrato anche grandi
difficoltà nell’ottenere permessi per la costruzione o per l’ampliamento di
luoghi di culto.

Per quanto riguarda l’aumento di ostilità sociale, il Pew Forum
individua tra le sue cause «un picco di attacchi terroristici di matrice
religiosa» nell’anno preso in esame. «L’incremento di ostilità sociali negli
Stati Uniti si riflette anche nell’aumento del numero di denunce di
discriminazione sul posto di lavoro».

Il continente con minori limitazioni

L’America è l’unico continente in cui il livello più alto di restrizioni governative e di ostilità
sociali non viene registrato in nessuno dei paesi che lo compongono. In media
il grado di Gri è basso (1,1). Il solo paese ad everlo alto è Cuba; mentre
altri otto ce l’hanno moderato (si veda tabella). L’America è anche
l’unico continente a non aver fatto registrare un aumento di ostilità sociali,
il cui livello in media rimane molto basso (0,4): il solo paese ad averlo alto è
il Messico; mentre altri cinque paesi fanno registrare un livello moderato (si
veda tabella
).

Spiccano quindi nel continente americano Cuba e Messico, i due
paesi toccati lo scorso anno dalla visita pastorale di Benedetto XVI. E assieme
a essi, Usa e Colombia, per avere un livello moderato in ambedue gli indici.
Tutti gli altri paesi del continente hanno i due indici a un grado mediamente
basso, o al più uno solo dei due a livello moderato.

MESSICO

Il Messico è il secondo paese al mondo, dopo il Brasile, con più
alto numero di cattolici: circa 96,3 milioni, l’84,9% della sua popolazione (i
protestanti sono l’8,3%, gli altri cristiani l’1,7%, i non affiliati ad alcun
credo il 4,7%, i membri di altre religioni lo 0,3%); e il paese americano con
minore libertà religiosa a causa del livello alto di ostilità sociali e del
livello moderato di restrizioni governative.

«La Costituzione messicana e le altre leggi e politiche
generalmente proteggono la libertà religiosa – ci informa l’Inteational
Freedom Report for 2011
-, ma ci sono alcune limitazioni a livello statale
o locale. […] Alcuni capi e autorità delle comunità locali, in particolare
nel Sud, utilizzano la religione come pretesto per conflitti legati a
controversie politiche, etniche, o relative alla terra. […] Funzionari del
governo federale e locale, spesso non puniscono i responsabili di atti di
intolleranza religiosa».

Mentre a livello istituzionale nel 2011 non si sono registrati
cambiamenti, né in positivo, né in negativo (e nel 2012 una riforma
costituzionale che ha inserito un riferimento esplicito alla libertà religiosa è
stata vista con entusiasmo da alcuni e con criticismo da altri osservatori
della libertà religiosa), a livello sociale invece ci sono state numerose
segnalazioni di abusi e discriminazioni. Mormoni, membri delle comunità
ebraiche e buddiste affermano di non trovare particolari ostacoli alla pratica
della loro religione, mentre – afferma sempre l’Inteational Freedom Report
for 2011
– invece diversi gruppi evangelici sostengono di subire frequenti
molestie. Soprattutto nelle regioni centrali e meridionali essi lamentano
l’espulsione dai loro villaggi, la perdita dei diritti di comunità e del
possesso di beni personali, percosse, minacce di morte, l’incendio delle loro
chiese e case.

CUBA

Cuba, che registra un alto livello di restrizioni governative ma
uno basso di ostilità sociali, conta 5,82 milioni di cattolici, il 51,7% della
popolazione (i protestanti sono il 5,6%, gli ortodossi lo 0,4%, gli altri
cristiani l’1,5%, i non affiliati a nessun credo il 23%, i seguaci di religioni
tradizionali il 17,4%, gli hindu lo 0,2%, e i membri di altre religioni lo
0,2%). Dopo l’apertura registrata nel corso del 2011 che aveva indotto il
Dipartimento di Stato Usa a sottolineare nel suo rapporto annuale il
miglioramento del governo cubano nel rispetto per la libertà religiosa, «anche
se restrizioni significative sono rimaste inalterate, e il Partito Comunista di
Cuba, attraverso il suo Ufficio degli affari religiosi, ha continuato a
esercitare il controllo regolamentare su molti aspetti della vita religiosa»,
le notizie che arrivano dall’isola caraibica tra fine 2012 e inizio 2013 fanno
temere una nuova ondata di restrizioni.

«Drammatico aumento di violazioni della libertà religiosa nel 2012»
intitolava un suo comunicato stampa l’organizzazione Christian Solidarity
Worldwide
a inizio 2013: «Mentre la Chiesa Cattolica riporta il maggior
numero di violazioni, per lo più riguardanti l’arresto e la detenzione
arbitraria di parrocchiani che tentano di frequentare le attività della chiesa,
anche altre denominazioni e gruppi religiosi sono stati colpiti. Chiese
battiste, metodiste e pentecostali in diverse parti del paese hanno riportato
molestie costanti e pressioni da parte di agenti di sicurezza dello stato.
Inoltre, i funzionari del governo hanno continuato a rifiutare la registrazione
di alcuni gruppi, tra cui la rete protestante del “Movimento
Apostolico”, minacciando chiusure di chiese, e chiudendo un luogo di culto
mormone […]. Uno dei casi più gravi ha riguardato il violento pestaggio di un
pastore pentecostale [che] ha subito danni permanenti al cervello. Il pestaggio
sembra essere stato orchestrato da funzionari locali del Partito comunista. A
oggi nessuna indagine a riguardo è stata effettuata».

COLOMBIA

Tra i primi 50 paesi della World Watch List, la classifica
compilata dall’organizzazione cattolica Open Doors dei paesi in cui
maggiormente vengono perseguitati i cristiani, la Colombia è l’unico del
continente americano a essere presente, figurando al 46° posto: «La Colombia –
in cui i cristiani sono il 92,5% della popolazione (cattolici 82,3%,
protestanti 10%, altri cristiani 0,1%), i non affiliati il 6,6%, e i seguaci di
religioni tradizionali lo 0,8% – […] formalmente è una modea democrazia
dove la supremazia della legge è consolidata e la libertà religiosa garantita.
Tuttavia ampie zone del paese sono sotto il controllo di organizzazioni
criminali, cartelli della droga, rivoluzionari e gruppi paramilitari – scrive Porte
Aperte
nel suo profilo del paese -. Le ricerche di Open Doors hanno
evidenziato che le organizzazioni criminali prendono di mira in particolar modo
i cristiani […]. Il crimine organizzato percepisce come una minaccia quei
cristiani che si oppongono apertamente alle loro attività, soprattutto quando
essi sono attivi in politica o in programmi sociali. […] Teme che i cristiani
inducano i membri della comunità locale o persino gli aderenti alle sue
organizzazioni a opporsi alle loro attività criminali. Nel suo rapporto 2010
l’Ong cristiana Justapaz ha riportato 95 minacce di morte o tentati
omicidi, 71 sgombri forzati, 17 omicidi, 2 sparizioni e molti casi di
sequestri, torture, pestaggi e reclutamento forzato […]».

Il 5 febbraio l’Agenzia Fides annunciava il terzo omicidio
di un prete cattolico in Colombia dall’inizio dell’anno: «Secondo l’elenco
realizzato annualmente dall’Agenzia Fides, nel 2012, per la quarta volta
consecutiva, l’America ha registrato il numero più alto di operatori pastorali
uccisi rispetto agli altri continenti. In Colombia nel 2012 è stato ucciso un
sacerdote; nel 2011 sono stati uccisi 6 sacerdoti e 1 laico; nel 2010 […] 3
sacerdoti e un religioso; nel 2009 […] 5 sacerdoti ed 1 laico».

Una sintesi continentale

La sintesi continentale del rapporto Acs (Aiuto alla Chiesa che
Soffre) 2012 sulla libertà di religione offre una panoramica frastagliata: se
in generale la situazione della libertà religiosa nel continente non è grave,
si notano passi avanti di alcuni paesi controbilanciati da passi indietro. «Se
in Argentina il 25 novembre è stato proclamato “Giornata Nazionale della Libertà
Religiosa”, in Bolivia – dove la Costituzione del 2009 riconosce la libertà di
religione – si sono verificate tensioni tra il presidente Morales e la Chiesa
cattolica» che ha denunciato la tendenza del governo «a utilizzare l’esperienza
religiosa dei nostri popoli per creare riti paralleli ai sacramenti cristiani
cattolici o ad altre espressioni popolari della fede». Rapporti Stato-Chiesa
tesi anche in Venezuela. Mentre sembra non essere legata a motivi religiosi «l’uccisione
del sacerdote cattolico don Romeu Drago, avvenuta il 19 febbraio 2011 in
Brasile, dove la Costituzione tutela pienamente la libertà religiosa […]. In
Cile si notano dei positivi passi avanti, come le informative ministeriali
sull’assistenza religiosa nei luoghi di cura e nei penitenziari, e sul rispetto
dell’uguaglianza dei culti all’interno delle aule scolastiche. Avviate,
inoltre, iniziative legislative per riconoscere i giorni sacri ai musulmani e
ai Bahá’í».

«Atti di vandalismo e violenza contro edifici religiosi, immagini
sacre e sacerdoti sono stati compiuti in Nicaragua», unico paese americano ad
aver registrato un aumento delle ostilità sociali molto significativo. «Preoccupano
in Ecuador alcune proposte di legge orientate alla limitazione della libertà
religiosa (garantita a livello costituzionale). Tra questi un progetto di legge
circolato informalmente nell’agosto del 2011 che prevedeva anche la chiusura
delle scuole confessionali e proibiva ai sacerdoti di indossare l’abito al di
fuori dei luoghi di culto». Contesto positivo invece in Paraguay, in Perù,
nella Repubblica Dominicana e in Uruguay.

Luca Lorusso

Luca Lorusso

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