Il peso del MITO

Monsignor Romero

Ricordo bene la prima volta in cui sentii parlare male di Monsignor Oscar Aulfo Romero. L’invettiva lanciata all’indirizzo dell’ex arcivescovo di San Salvador da parte di una sua relativamente giovane conterranea fu pesante, l’equivalente di «vecchio schifoso comunista». La donna considerava anche lui responsabile della sua situazione di emigrata, nonché della perdita di status e benefici garantiti a lei e alla sua famiglia dal lavoro svolto a suo tempo in patria: impiegata in un ministero. In fondo, riceveva lo stipendio da chi con il vescovo ce l’aveva al punto da farlo fuori. Lo ammetto, ci restai male.
Del resto, che sulla figura del presule salvadoregno non ci sia mai stata uniformità di pensiero è un fatto che non si discute. All’interno della chiesa stessa, per alcuni Romero sarebbe da fare «santo subito», per altri «santo mai». Sono convinto che, come successo in occasione degli anniversari precedenti, neppure la celebrazione del trentennale di questo martire della fede e della giustizia, il 24 marzo prossimo, darà impulso al processo di beatificazione che lo riguarda.

Tuttavia, ciò che dovrebbe farci riflettere, al di là della possibilità di trovare un giorno San Oscar Aulfo sul calendario, è l’ingiallimento progressivo che la sua memoria sta subendo, come se fosse una vecchia foto che l’incedere degli anni priva di contrasto e nitidezza. Non è detto, comunque, che questo fatto debba risultare del tutto negativo. In passato, Romero ha sicuramente pagato lo scotto di una qual certa strumentalizzazione politica, concretizzatasi nella costruzione di un mito tanto ingombrante quanto estraneo alla profonda motivazione cristiana che ne animava l’azione pastorale. Una riscoperta in chiave puramente evangelica della sua persona eviterebbe, forse, di prestare il fianco a pericolose forme di revisionismo e, soprattutto, fornirebbe un modello sempre attuale di testimonianza del Vangelo, senza compromessi e senza frontiere.
Anzi, le battaglie di Romero, proprio perché combattute alla luce e con la forza della Parola e non di un’ideologia, mantengono tutta la loro freschezza e carica ispiratrice, riproponendo una lettura profetica della realtà che, come la Buona Novella, non conosce confini e mai dovrebbe appassire.
Sono innumerevoli, oggi, le sacche di povertà e le situazioni di ingiustizia che chiedono ai cristiani un’azione che sia allo stesso tempo di annuncio e denuncia. La figura dell’arcivescovo di San Salvador, la sua presa di coscienza della realtà e il conseguente, radicale abbraccio al messaggio di giustizia del Vangelo possono e dovrebbero servirci da modello di autentico servizio profetico alla nostra chiesa. Oggi come oggi e anche qui in Italia, il suo «lasciarsi convertire ed evangelizzare dai poveri» rimane per noi una sfida profondamente missionaria, ben sapendo che tale assunzione di responsabilità può arrivare a presentare un conto ben salato.

Di Ugo Pozzoli

Ugo Pozzoli

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