Il potere secondo l’Africa (italiano/ français)

Considerazioni sulla democrazia

La democrazia: un bel concetto. Va di moda anche in Africa. Anzi è ormai condizione indispensabile per ottenere i finanziamenti. Ma occorrerebbe adattarla. E i politici del continente non sanno rinunciare a pratiche «locali». Di nascosto, però.

La democrazia è oggigiorno il riferimento politico supremo. In seguito alle dittature dette «popolari» dell’impero sovietico e le dittature mono partigiane installate in molti stati africani, nessuno vuole più essere escluso da questa corrente che attraversa il pianeta. Nonostante ciò, le realtà che si nascondono dietro le professioni di fede democratica sono talmente diverse e talvolta contraddittorie che non mancano di suscitare interrogativi. In Africa le etnie e le tribù, le famiglie e i clan, hanno dato alla democrazia un colore molto locale, a tal punto che alcuni si chiedono se non occorrerebbe dare un fondamento costituzionale a questi modelli politici.

Il 2007 è per alcuni paesi dell’Africa dell’ovest un anno di elezioni: Mauritania, Mali, Nigeria, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Togo. In un sistema democratico l’elezione è il meccanismo attraverso il quale il popolo sovrano sceglie a intervalli regolari coloro che devono condurre le trasformazioni sociali, indispensabili in materia di sviluppo economico e sociale. Questo suppone una dinamica intea fondata sulla convinzione degli attori sociali che lo sviluppo è affar loro. Ora, per i nostri politici africani, la nozione di popolo si riduce spesso alla tribù, quando non è semplicemente il clan o la famiglia. Immaginiamo in queste condizioni che contenuto può avere il gioco democratico, ben codificato dalle regole di diritto moderno. Se a ogni elezione un buon numero di partiti politici sono sul bordo dell’implosione a causa delle dispute intee, e pure la stabilità degli stati è minacciata, questo è dovuto spesso alle specificità molto africane, non sempre confessabili certo, ma ben radicate nei costumi politici.

L’osservatore straniero non capisce che una struttura ad hoc messa in piedi per organizzare le elezioni, che non è affatto abilitata a risolvere i contenziosi elettorali, possa decidere di una materia di competenza giudiziaria. È quanto appena visto in Nigeria, gigante d’Africa con una tradizione giuridica consolidata. Si possono capire cose del genere solo mettendosi nella mentalità africana, dove tutte le strutture sociali di qualsiasi natura, hanno come senso e finalità di servire il capo. Questi in Africa è un uomo forte per tradizione e per necessità.
È in questo spirito che un presidente africano in carica si è recato di persona in una prigione della capitale del suo paese per ordinare la liberazione del suo amico, giudicato e imprigionato dall’istituzione giudiziaria di cui lui dovrebbe essere garante (riferimento a recenti avvenimenti in Guinea Conakry, ndr).

La democrazia si presenta molto spesso in Africa come un gadget che si acquisisce giusto per far piacere agli occidentali. I dirigenti non accettano di applicare la democrazia che nelle sue forme apparenti. Vi sono tenuti a causa dei criteri di «buon governo», condizione necessaria per ottenere gli aiuti inteazionali, soddisfatti i quali la natura democratica del regime politico è dimostrata.
Ma questo non impedisce che le mentalità africane continuino a essere governate da principi e usi tradizionali, troppo spesso agli antipodi dei sistemi di riferimento delle società modee. È in questo senso che svariati responsabili politici africani ricorrono ai feticci (amuleti) per vincere le elezioni. Mai gli altari tradizionali sono bagnati di sangue d’animale come durante le campagne elettorali. Bovini, ovini e caprini sono ritualmente immolati. Ma anche animali più vicini all’uomo come cani e asini subiscono il barbaro supplizio.
Certe pratiche feticiste prescrivono che siano sepolti vivi. Più la richiesta è forte e maggiore il sacrificio richiesto. È come se bisognasse rispondere a una situazione compromessa con dei mezzi eccezionali.

Tutte queste pratiche causano naturalmente delle spese esorbitanti, ma bisogna credere che gli africani non indietreggiano davanti a nulla, quando c’è in gioco il potere o il denaro, due cose che vanno generalmente insieme.
Sono queste le ottusità, che hanno fatto dire che l’Africa non è pronta per la democrazia. Alcuni hanno perfino affermato che questi aspetti sono talmente scritti nei geni degli africani che bisogna tenerli in conto negli strumenti normativi che codificano la vita politica. È come dimenticare che, in Africa, sono sempre più numerosi coloro che vedono nella persistenza di pratiche occulte, il ricorso al comunitarismo o al clanismo, le cause del ritardo economico e del sotto sviluppo.
Certamente la democrazia non è una ricetta pronta per essere applicata. Ma non si può neppure presentare per ragioni di autenticità, come una riproduzione pura e semplice di un modo d’organizzazione ancestrale.
La democrazia è un principio dinamico che si nutre della storia dei popoli. Sfortunatamente l’Africa è in difficoltà sul pensiero politico. Questa è la principale causa del sottosviluppo.

Di Germain Bitiu Nama

Les pouvoirs africains et la démocratie
                                                                         

La démocratie est de nos jours la référence politique suprême. Après les dictatures dites populaires de l’ancien empire soviétique et les dictatures mono partisanes instaurées dans maints états africains, plus personne ne veut être en marge de ce courant mondial qui balaie toute la planète. Cependant, les réalités qui s’abritent derrière les professions de foi démocratiques sont si différentes et parfois même contradictornires qu’elles ne manquent pas de susciter des interrogations. En Afrique, les ethnies et les tribus, les familles et les clans ont donné à la démocratie une couleur très locale au point que certains se demandent s’il ne faut pas se résoudre à concéder un fondement constitutionnel à ces modèles politiques spécifiques.

L’année 2007 est pour un certain nombre de pays d’Afrique de l’Ouest, une année d’élections : Mauritanie, Mali, Nigéria, Burkina, Côte d’Ivoire, Togo. En système démocratique, l’élection est le mécanisme par lequel le peuple, souverain par principe, choisit à intervalles réguliers ceux qui doivent conduire les transformations sociales indispensables en matière de développement économique et social. Cela suppose une dynamique intee fondée sur la conviction des acteurs sociaux que le développement est leur affaire. Or pour  nos  politiciens africains, la notion de peuple se réduit souvent à la tribu si ce n’est tout simplement au clan ou à la famille. On imagine dans ces conditions quel contenu peut revêtir le jeu démocratique par ailleurs bien encadré par des règles de droit modee. Si à chaque élection nombre de partis politiques sont au bord de l’implosion et que même la stabilité des Etats se trouve menacée de rupture, cela tient souvent à ces spécificités très africaines, pas toujours avouables certes, mais bien ancrées dans les moeurs politiques. L’observateur étranger ne comprend pas qu’une structure ad hoc mise en place pour organiser des élections et qui n’est nullement habilitée à connaître les contentieux électoraux puisse décider sur une matière qui relève de la compétence judiciaire. C’est ce qu’on vient de vivre dans un pays comme le Nigéria, un géant d’Afrique qui a cependant une tradition juridique bien établie. On ne peut comprendre pareille chose qu’en se situant dans la mentalité africaine où toutes les structures sociales de quelque nature que ce soit ont pour sens et finalité de servir le chef. Le chef en Afrique est un homme fort par tradition et par nécessité. C’est dans cet ordre d’esprit qu’un président africain en exercice est allé en personne dans une prison de la capitale de son pays ordonner la libération de son ami, jugé et écroué par l’institution judiciaire dont il est censé être le garant.

La démocratie se présente bien souvent chez les Africains comme un gadget que l’on acquiert tout juste pour faire plaisir aux Occidentaux. Les dirigeants n’acceptent volontiers d’user de la démocratie que dans ses formes apparentes. Ils y sont tenus en raison de critères de bonne gouveance attachés à l’aide inteationale, au nombre desquels la nature démocratique du régime politique figure en bonne place. Cela n’empêche pas que  les mentalités africaines continuent d’être gouveées  par des principes et usages traditionnels, bien souvent aux antipodes des référentiels des sociétés modees. C’est dans cet esprit que nombre de responsables politiques africains recourent aux fétiches pour gagner une élection. Jamais les autels traditionnels ne sont aussi abreuvés de sang d’animaux qu’en période électorale. Bovins, ovins et caprins sont ainsi rituellement immolés. Même des animaux aussi familiers de l’homme que le chien ou l’âne subissent le supplice le plus barbare qui soit. Certaines pratiques fétichistes amènent à les enterrer vivants. Plus la doléance est forte, plus le sacrifice exigé est élevé.  Comme s’il fallait répondre à une situation compromise par des moyens exceptionnels.

Toutes ces pratiques occasionnent bien sûr des dépenses faramineuses mais il faut croire que les Africains ne reculent devant rien quand il s’agit d’une question de pouvoir et d’argent, deux choses qui vont généralement ensemble.
Ce sont là des pesanteurs qui ont fait dire que l’Afrique n’était pas mûr pour la démocratie. D’autres ont même affirmé que ces tendances étaient si inscrites dans les gènes des Africains qu’il fallait les prendre en compte dans les instruments normatifs qui codifient la vie politique. C’est oublier que dans la même Afrique, de plus en plus nombreux sont ceux qui voient dans la persistance des pratiques occultes, le recours au communautarisme ou au clanisme, les causes du retard économique et du sous-développement. Certes la démocratie n’est pas une recette toute prête qu’il s’agit simplement d’appliquer. Elle ne peut non plus se présenter pour des raisons d’authenticité, comme une reproduction pure et simple d’un mode d’organisation sociale ancestral. La démocratie est un principe dynamique qui se nourrit de l’histornire des peuples. Malheureusement, l’Afrique est en panne de pensée politique. C’est la principale cause de son sous-développement.

Germain Bitiu Nama

Germain Nama