Non ancora scomparsa

Malattie dimenticate (5): lebbra

Il 28 gennaio è la Giornata mondiale dei malati
di lebbra, una malattia che ancora oggi porta sofferenza ed emarginazione.

Una discesa continua nel numero di infezioni, oltre 111mila casi in meno (riduzione pari al 27%) nel 2005, rispetto alle nuove diagnosi del 2004. Un andamento positivo che ha portato a una caduta intorno al 20% ogni anno del numero di persone infettate. Eppure la lebbra non è ancora scomparsa: tutti gli anni centinaia di migliaia di malati e milioni di persone nel mondo vivono con i segni e le conseguenze dell’infezione.

Miglioramenti insufficienti
Ogni anno, l’ultima domenica di gennaio è la Giornata mondiale dei malati di lebbra, quest’anno il 28. La giornata è stata voluta nel 1954 da Raoul Follereau, un giornalista e scrittore francese che si è impegnato nella lotta alla malattia, tanto da essere definito «apostolo dei malati di lebbra». Per Follereau l’attività contro la lebbra aveva un significato più ampio, viste le forme di emarginazione dalla vita sociale a essa collegate: significava impegnarsi per la pace, contro l’emarginazione e l’ingiustizia.
La storia della lebbra è lunga. Le prime descrizioni della malattia risalgono al 600 a.C. (vedi il riquadro); la scoperta del germe responsabile, il Mycobacterium leprae, è arrivata nel 1873; il primo farmaco negli anni ‘40; l’introduzione della polichemioterapia (Mdt, multi drugs therapy), con l’utilizzo di più farmaci, negli anni ‘80. Ma il bacillo della lebbra non può ancora essere considerato sconfitto, nonostante siano a disposizione gli strumenti per contrastarlo.
Milioni di persone sono state curate: oltre il 99% dei casi registrati di lebbra ha ricevuto la politerapia, e non sono stati riportati casi di resistenza al trattamento. La maggior parte dei paesi ove l’infezione era diffusa è ormai riuscita a eliminare la lebbra dall’elenco dei problemi di salute pubblica; ma in alcuni la diffusione rimane alta. Secondo gli ultimi dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che si basano su quanto riportato da 115 paesi, la prevalenza globale della lebbra (cioè il numero di persone con il Mycobacterium leprae) all’inizio del 2006 comprendeva quasi 220 mila casi, mentre il numero di nuovi casi ufficialmente segnalati nel 2005 era poco meno di 300 mila. Questi dati rappresentano tuttavia solo le persone infettate cui è stata fatta la diagnosi.
Secondo quanto riportato dall’Associazione italiana amici di Raoul Follereau (Aifo), in base ai dati del 2005, ogni giorno si ammalano 820 persone, ma rappresentano solo la metà degli infettati: altrettanti casi non vengono identificati e non si è in grado di dire il numero esatto delle persone malate.

Cicatrici sociali
La lebbra è una malattia infettiva cronica causata da un bacillo, il Mycobacterium leprae, scoperto nel 1873 dal ricercatore Gerhard Armauer Hansen. Dal suo scopritore la malattia prende il nome, meno conosciuto, di hanseniasi o morbo di Hansen, e i malati sono chiamati hanseniani.
La moltiplicazione del Mycobacterium leprae è molto lenta e la malattia ha un periodo di incubazione, dall’infezione alla comparsa dei sintomi, che può durare diversi anni (da 5 a 20). È poco infettiva e la trasmissione dell’infezione avviene tramite goccioline provenienti dal naso o dalla bocca di persone ammalate non trattate.
Dal punto di vista delle manifestazioni cliniche la lebbra colpisce soprattutto la pelle e i nervi: se non curata, può portare a danni e deformazioni progressivi e permanenti in queste sedi, oltre che agli arti superiori e inferiori e agli occhi. Proprio la sua capacità di causare invalidità permanenti e mutilazioni ha portato all’emarginazione dei malati in diversi contesti sociali e storici.
Il decorso della malattia è variabile: può non dare sintomi o essere causa di dolori forti e sfigurare il paziente. Le lesioni sulla pelle possono andare incontro a una cicatrizzazione e scomparsa spontanea o, al contrario, progredire, deturpando il malato. I danni ai nervi comportano una perdita di sensibilità per il coinvolgimento di quelli sensitivi, debolezza e atrofia muscolare per l’interessamento di quelli motori.
Negli anni ‘40, le prospettive dei malati di morbo di Hansen sono cambiate con la disponibilità del primo farmaco contro la lebbra, che tuttavia non uccideva il bacillo: ne arrestava la proliferazione, rallentando la malattia. Andava quindi assunto per lunghi periodi, anche per tutta la vita, e vi era il rischio di comparsa di micobatteri resistenti al trattamento. All’inizio degli anni ‘80 è stata introdotta la polichemioterapia, con l’associazione di più medicine, raccomandata fin dal 1981 dall’Oms; ora il trattamento del paziente con hanseniasi può durare da sei mesi a due anni.

India e brasile in testa
Nel 1991, l’Assemblea dell’Oms ha approvato una risoluzione che prevedeva l’eliminazione della lebbra come problema di salute pubblica entro l’anno 2000. Questo significava arrivare a una prevalenza della malattia nel mondo inferiore a un caso ogni 10 mila persone, obiettivo che l’Oms riferisce come raggiunto.
Molti paesi, in cui in precedenza la lebbra era diffusa, sono riusciti a eliminarla grazie alla polichemioterapia; ma ve ne sono ancora alcuni in cui le attività di controllo continuano. In queste aree ad alto rischio di trasmissione del Mycobacterium leprae, l’Oms sottolinea come siano cruciali campagne di informazione per i pazienti e loro famiglie, perché escano dall’ombra e si facciano curare, non nascondano l’infezione nel timore di essere isolati o segnati dalla società.
La diffusione della polichemioterapia ha dunque ridotto drammaticamente il carico di malattia: negli ultimi 20 anni oltre 14 milioni di pazienti sono stati curati (4 milioni dal 2000) e la prevalenza della malattia è scesa del 90%, ovvero da 21,1 casi per 10 mila abitanti a meno di uno, sempre nel 2000.
Nel 2005, in 17 paesi sono stati registrati oltre mille casi di lebbra per paese. Fra questi, ove si verificano oltre il 94% dei casi totali nel mondo, spicca al primo posto l’India, con 161.457 casi, seguita, seppur con molto distacco, dal Brasile, con 38.410 casi. Confrontando i dati con quelli degli anni precedenti, si nota un calo consistente nel numero di nuove diagnosi: in Brasile di quasi 10 mila casi rispetto al 2004, ma soprattutto in India, con numeri più che dimezzati fra il 2002 e il 2005 e scesi di circa 100 mila casi rispetto al 2004.
La riduzione sembra riguardare in particolare il sud del paese, dove ormai da 20 anni funziona un programma contro la lebbra, mentre il miglioramento è meno evidente nel nord, che ha visto un funzionamento di tali programmi di controllo solo negli ultimi 4-6 anni.
Sempre secondo gli ultimi dati dell’Oms, vi sono tuttavia alcune zone in cui, fra il 2004 e il 2005, i casi segnalati sono addirittura aumentati: per esempio in Indonesia, dove nel 2004 sono stati segnalati 16.549 casi, contro i 19.695 nel 2005, o in misura minore, in Mozambico (da 4.266 a 5.371), nelle Filippine (da 2.254 a 3.130) e in Cina (da 1.499 a 1.658).

L’incognita dell’hiv
Ma è proprio la situazione dell’India che desta preoccupazione, a fronte di un nuovo rischio che sembra profilarsi all’orizzonte. Secondo quanto segnalato a fine ottobre 2006 su The New York Times, la terapia contro l’Aids potrebbe riportare alla luce nel paziente una infezione nascosta da Mycobacterium leprae. La comparsa della malattia sarebbe da collegare al recupero, grazie ai farmaci contro l’Hiv, delle capacità immunitarie di difesa dell’organismo, che ritoerebbe in grado di reagire all’infezione del Mycobacterium leprae con le relative manifestazioni cliniche.
La prima segnalazione di questo insolito effetto collaterale della terapia contro l’Aids risale al 2003 e finora i casi descritti in letteratura sono una dozzina. Potrebbero però essere molti di più: in diverse aree geografiche, come Brasile, India, Africa, Caraibi, vi sono descrizioni di lesioni dolorose al viso o perdita della sensibilità alle dita, compatibili con la lebbra, in malati in trattamento con antiretrovirali. Il Brasile e l’India sono forse i paesi che preoccupano maggiormente. Nel primo, come già visto, la lebbra è diffusa e nello stesso tempo è in atto uno dei programmi di trattamento per l’Aids fra i più efficaci nei paesi poveri. L’India, dal canto suo, accanto alla lebbra conta 5,2 milioni di persone con l’Hiv. Altre zone considerate a rischio sono Myanmar (ex Birmania), Madagascar, Nepal e Mozambico, oltre a tutte quelle aree in cui le informazioni sulla situazione sanitaria non sono precise.

Valeria Confalonieri

Si ringrazia l’Associazione italiana Amici di Raoul Follereau (Aifo), organizzatrice per l’Italia della Giornata mondiale dei malati di lebbra.

La lebbra nella storia

La prima segnalazione scritta sulla lebbra risale al 600 a.C., in India, mentre la sua prima descrizione trova posto in un trattato di medicina cinese di 200 anni dopo.
In Occidente, l’infezione inizia a essere considerata come problema per la salute della popolazione nel vii e viii secolo d.C.; è del 643 l’editto di Rotari, a Pavia, con le prime indicazioni riguardo l’isolamento dei malati e perdita dei loro diritti civili. Commerci, pellegrinaggi e crociate hanno poi incrementato la diffusione della lebbra in Occidente intorno al 1000 d.C. Dall’Oriente all’Occidente, la malattia è arrivata in paesi lontani come Islanda e Groenlandia, senza distinzioni di ceto sociale.
I casi di lebbra iniziano a diminuire solo fra il xiv e il xv secolo, in seguito alla diffusione della tubercolosi, la riduzione dei contagi con le misure di isolamento dei malati adottate e i morti per la peste del 1300, fra i quali anche i malati di lebbra. In Europa, i casi locali di lebbra (non provenienti da altri paesi) iniziano a scomparire dal 1700 fino alla seconda metà del 1900 (Italia compresa, negli anni ‘70).

Valeria Confalonieri

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