AA segretario generale

Il mandato del segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan scadrà a fine 2006, ma il conto alla rovescia per la ricerca del suo successore è cominciato da tempo.
La nomina del segretario è una delle procedure più riservate ed inaccessibili e generalmente il nominativo non viene alla luce sino all’ultimo momento, cioè in fase di votazione in Assemblea generale, dove i 191 stati membri sono rappresentati dai propri ambasciatori.
L’unica candidatura (infatti non esiste una rosa di candidati in sede di votazione) è presentata all’assemblea generale dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Questo è composto da 15 stati membri di cui 5 sono permanenti (Russia, Usa, Regno Unito, Francia e Cina) con potere di veto, mentre i rimanenti 10 sono scelti secondo un criterio di rotazione tra tutti gli stati dell’assemblea.
Il segretario generale è una figura molto importante a livello istituzionale per un’organizzazione internazionale di evidente fama e ancora prestigiosa come le Nazioni Unite, nonostante i numerossimi e violenti attacchi a cui è stata sottoposta negli ultimi anni.
Il segretario generale è soprattutto un capo con funzioni amministrative, che deve cercare di rendere operative le richieste degli stati membri. Purtroppo però non sempre riesce a rispondere democraticamente ed oggettivamente alle esigenze di questi, perché spesso si trova costretto ad implementare iniziative e strategie degli stati più influenti. Mi riferisco in particolare alle costanti pressioni del governo di Washington – rappresentato alle Nazioni Unite dal contestatissimo ambasciatore John Bolton -, che ora spinge per una ristrutturazione accelerata delle Nazioni Unite, ed a cui moltissimi altri paesi cercano di opporsi.

Kofi Annan è stato eletto nel 1995 quando al suo predecessore, l’egiziano Boutros Boutros Ghali, non fu rinnovato il mandato quinquennale. Annan è stato l’unico segretario generale che ha percorso tutta la sua carriera all’interno dell’Organizzazione.
I primi 8 anni del mandato di Kofi Annan sono stati certamente sull’onda del successo, sino all’invasione «alleata» dell’Iraq nel 2003. Questa ha cambiato le sorti delle Nazioni Unite ed indirettamente del suo capo. Infatti quando gli Usa cercarono l’approvazione delle Nazioni Unite per la loro guerra in Iraq, queste non la diedero. E, giustamente, Kofi Annan successivamente ribadì che l’invasione dell’Iraq nel marzo 2003 fu un’operazione illegale. Il resto è storia contemporanea.
Ho incontrato in più occasioni Kofi Annan durante l’esercizio delle mie funzioni. Si è sempre dimostrato una persona cordiale, affabile, semplice, ma soprattutto un grande diplomatico con una carismatica personalità. Ricordo, per inciso, che non è certo facile sopportare lo stress intellettuale e fisico dovuto all’esercizio delle funzioni di tale faticosissimo incarico.
La primavera del 2003 ha pertanto iniziato a segnare la caduta in disgrazia del segretario generale di fronte agli Usa. Infatti, con mosse subdole, gli Stati Uniti hanno iniziato a portare alla luce scandali per denigrare l’Organizzazione e quindi Kofi Annan. Esempi lampanti sono le vicende legate all’Oil for Food Program, agli abusi sessuali (sexual harassement) verificatisi in alcune operazioni di pace (peacekeeping) e alla apparente malagestione delle gare d’appalto (procurement). Poi, non contenti di queste pugnalate (che, nella realtà, non hanno dimostrato alcunché contro il segretario), hanno costretto a rimuovere alcuni dei suoi più fedeli collaboratori. Tra questi Riza Iqbal, il suo capo di gabinetto – e teoricamente il suo alter ego, che ricopriva una funzione importantissima perché di cornordinamento e pianificazione della strategia delle Nazioni Unite -, il quale diplomaticamente è stato «pensionato». Al suo posto è stato imposto Mark Malloch Brown, un ex giornalista precedentemente a capo del Programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite (Undp). Brown ha passaporto inglese ed americano ed importantissime conoscenze alla Casa Bianca, molte delle quali «ereditate», come per esempio lo zio senatore al Congresso Usa. Insomma, apparentemente una rispettabile persona con un perfetto profilo e formazione anglosassone, politicamente ben introdotta e perfettamente in sintonia con le esigenze del governo statunitense e britannico.

Per concludere, la domanda più difficile: chi sarà il successore di Kofi Annan? Molti nomi circolano. Teoricamente il posto dovrebbe spettare ad un candidato asiatico, secondo una regola (non scritta) di rotazione per continente (America, Africa, Asia, Europa, Oceania). Nella rosa dei papabili ci sono i nomi di un ministro thailandese e di un ambasciatore indiano, a cui però la Cina potrebbe opporsi per motivi geopolitici. Attenti però, perché gli Stati Uniti stanno già giocando la carta di nominare, su un posto attualmente vacante, un vice segretario generale di nazionalità asiatica al fine di stravolgere la regola di cui sopra, per far eleggere alla carica più alta un candidato occidentale di loro gradimento. A questo proposito da tempo si fa il nome dell’ex presidente statunitense Bill Clinton.
Anche gli stati dell’est europeo pretendono un loro rappresentante, anche se ciò è fortemente ostacolato dalla Russia, che in questo caso potrebbe esercitare il suo diritto di veto.
Non vorrei dimenticare che la stampa ha iniziato in questi mesi a menzionare possibili candidature femminili.
Perché invece non considerare un candidato europeo, per esempio italiano? Ma l’Italia potrebbe offrire un candidato all’altezza del prestigioso incarico?
Speriamo che prevalga il buon senso e che il Consiglio di sicurezza proponga un candidato/a capace, carismatico, equilibrato e politicamente indipendente. Le Nazioni Unite sono un’organizzazione oggi in crisi, ma comunque essenziale e non possono permettersi un burattino al servizio di pochi.

Barbara Mina