10 ragioni per dire «Sì TAV» VS Il buon senso dice «No TAV»

DIECI RAGIONI PER DIRE SI’ TAV

Premetto che, se vorrete pubblicare quanto segue, vi chiedo di non mettere il mio indirizzo e-mail per evitare di ricevere messaggi «poco piacevoli».
Ho letto il servizio sui problemi della nuova linea ferroviaria in Valle di Susa nel numero della rivista di dicembre e mi permetto di inviarvi queste righe «controcorrente», in gran parte già pubblicate sul settimanale La Valsusa: nessuno ha trovato errori nei miei ragionamenti… Mi limito ad alcuni argomenti, lasciando volutamente da parte considerazioni a livello nazionale e internazionale. Sottolineo alcune affermazioni frequenti e faccio seguire le controdeduzioni.

1) La nuova linea servirebbe a spostare solo l’1% del traffico dalla strada alla rotaia.
Prevedere il futuro è sempre difficile; ma qui basta contare che attualmente sui treni dell’Afa viaggiano circa 50 camion al giorno e solo di alcuni tipi a sagoma piccola. Quindi già più di quanto è detto dalla previsione fasulla, ottima per impressionare, ma sbagliata. Se nessuno finora ha capito questo errore, come è possibile che vengano capite altre questioni molto più complesse?

2) Non c’è traffico passeggeri sufficiente.
Se i voli Torino-Parigi sono 5 al giorno e i Milano-Parigi almeno una dozzina, come la mettiamo? Proprio in questi giorni ho dovuto rinviare un appuntamento di lavoro in Francia, perché con una settimana di anticipo non ho trovato posto su 5 treni successivi. I trasporti aerei consumano molta più energia per passeggero di quelli ferroviari.

3) Lo studio Polinomia dimostra l’inutilità della linea.
Ma qualcuno l’ha letto fino in fondo? Ebbene, oltre a errori di tecnica ferroviaria, a pag. 165-167 c’è scritto che per potenziare la linea attuale, bisogna costruire un terzo se non un quarto binario in mezzo alla valle fino a Bussoleno! Questa parte dello studio, però, non si trova nella versione ridotta presente in molti siti internet.

4) Il tunnel sotto la Manica è un fallimento.
Qualcuno sa che dopo le opposizioni alla costruzione del tratto inglese della nuova linea, adesso la stanno completando fino a Londra? Hanno solo sprecato un bel po’ di anni e quindi di soldi.

5) Ci sono amianto e uranio.
A parte che basta la polvere delle pietre in genere, senza scomodare l’amianto, per fare danni e quindi per obbligare a usare gli opportuni accorgimenti, qualcuno calcola quanto gasolio viene bruciato dai camion attuali sull’autostrada con conseguente inquinamento? I consumi energetici con i Tir, a parità di peso trasportato, sul percorso Torino-Chambery, sono circa 4 volte quelli su treno, passando dal tunnel del Frejus, e più di 7 volte rispetto al nuovo tunnel da costruire. Lascio immaginare le proporzioni per i vari inquinamenti. E qualcuno pensa alla distruzione irreversibile del petrolio?
Ostacolare le trivellazioni ha una sola spiegazione razionale: si ha paura che venga dimostrato che non c’è nulla di pericoloso e quindi che l’ostilità è sbagliata, altrimenti si dovrebbe spingere per accelerarli.

6) Si può migliorare la linea attuale.
Certo che i treni possono arrivare al Frejus, ma con quali consumi energetici? Una linea che raggiunge la quota di 800m, anziché i quasi 1.300m del culmine nella galleria attuale, che riduce le pendenze massime a un terzo e la lunghezza Torino-Chambery da 200 km a meno di 170 km, permette risparmi energetici di più del 40%, che avrebbero effetti nei secoli futuri. Questo risparmio è paragonabile al consumo annuale di energia elettrica di 120 mila persone.

7) La montagna è radioattiva come Cheobil.
Non è corretto confrontare l’aria stagnante di un cunicolo dove si è accumulata da decenni, con l’aperta campagna attorno alla centrale ucraina. In quello scavo si rimarrebbe bloccati dai reumatismi ben prima di subire gli effetti di una qualche radioattività. Inoltre quando e come è stata fatta la taratura dello strumento?

8) La cifra necessaria è sproporzionata.
Lavori simili hanno dei vantaggi che durano per secoli: non si possono giustamente criticare i principi dell’economia attuale, che vuole dei benefici immediati, e poi usare gli stessi criteri quando può servire.

9) Per 15 anni ci saranno 500 camion al giorno in più.
A parte che si potrebbero usare sistemi quali funivie, che non aumenterebbero i motori diesel inquinanti in giro per le strade, questo aumento di camion produrrebbe un maggiore inquinamento pari solo a circa il 5% di quello già esistente, in quanto i percorsi sarebbero molto più limitati.

10) Il traffico sulla linea è diminuito.
È stato diminuito apposta per effettuare i lavori di ampliamento della «sagoma limite» nelle gallerie: per ciò la linea presenta lunghi tratti a binario unico e quindi non possono circolare tutti i convogli che viaggiavano prima!

Riassumendo, per chi non conosce la Valle di Susa, è come se fosse un villaggio attraversato da un canale di scarico che ammorba l’aria (principalmente l’autostrada con i gas di scarico dei camion ). Non volere la nuova linea è come opporsi ai lavori di copertura di questo canale e alla costruzione di un depuratore per non essere disturbati dai lavori che ovviamente creano temporaneamente dei disagi.
Se senza studiare a fondo il problema, si possono già riscontrare queste incongruenze, chissà cosa si potrebbe trovare approfondendo l’argomento. Su basi simili come si ha il coraggio di iniziare e portare avanti una protesta dalle conseguenze così gravi? Non mi stupisco che esistano idee simili, a scuola ne vedo anche di peggiori, ma che vengano usate come giustificazioni per creare la situazione attuale.

(lettera firmata)

IL BUON SENSO dice «NO Tav»

Sono un abbonato di M.C. e ricercatore del Centro nazionale delle ricerche (Cnr). Noto con piacere che avete di recente dedicato 2 articoli all’argomento Tav. In questi giorni, qui al Cnr di Bologna, ho avuto una discussione con un paio di colleghi. A uno di essi ho inviato il messaggio, che sottopongo alla vostra attenzione.
«Sarà per il fatto che sto attraversando una fase di rigetto per la politica (partitica), tuttavia provo immensa simpatia per i 10 mila montanari che non bevono la verità ufficiale e vanno a mani nude (gli agitatori vengono da altrove) a difendere le loro montagne, contro un’opera che nessuno ha mai voluto spiegare loro fino in fondo, dovendo probabilmente nascondere qualcosa. E veniamo al punto.
Non credo nello sviluppo infinito, per il semplice motivo che rispetto il 2° Principio della termodinamica, come ho scritto a più riprese nel mio libro (Energia oggi e domani, Bononia University Press, Bologna 2004, ndr). Personalmente credo sia inutile fare un treno che sfreccerà (fra 15 anni!) a 300 km/h, sotto un tunnel di 50 chilometri, trasportando non si sa quali merci.
Il futuro del manifatturiero italiano è a dir poco incerto: vai a fare un giro per le nostre zone industriali. La situazione si è deteriorata negli ultimi 2-3 anni: le fabbriche chiudono o delocalizzano. L’agricoltura è in ginocchio. Credo quindi sia del tutto legittimo domandarsi: quali merci trasporterà questa ferrovia, in un’Europa che fabbrica sempre meno beni materiali? Porsi delle domande è una delle attività più importanti per un ricercatore.
Le infrastrutture che fanno funzionare un paese sono quelle «normali», che migliorano la qualità della vita della maggioranza delle persone. L’Alta velocità la prenderò io, perché mi pagano per viaggiare. Non la prenderà la famigliola Fumagalli per andare in gita in Francia, perché costerebbe una fortuna.
Le «grandi opere» sono spesso un fiasco, hanno un grande valore simbolico, arricchiscono poche persone. Gli esempi non mancano, primo fra tutti quello del tunnel sotto la Manica, che ha mandato in rovina centinaia di investitori.
Se questi «corridoi Tav», che corrono dal Portogallo agli Urali (ma chi è quel pazzo che andrà da Lisbona a Kiev in treno?) li vuole l’Europa, per me non cambia nulla. Ha senso farli, se migliorano la rete dei trasporti e la qualità della vita dei cittadini europei. Se per fare una tratta di 400 km ci metto 25 anni, allora non la voglio anche se me lo dice Bruxelles.
La Tav ha senso nelle pianure germaniche e nella vuota e pianeggiante Francia. Nella montagnosa Italia è ridicola. Facciamo dei treni normali che viaggiano puntuali a 150 km/h. Basta e avanza. Io già non sono mai entusiasta di buttarmi sotto la galleria dell’Appennino o del Sempione a 130 km/h. Non so che sensazione proverò nel lanciarmi a 280 km/h tra Bologna e Firenze, in galleria al 70%. E ti assicuro che non sono per niente un fifone.
Però mi chiedo: il giorno che capita un incidente serio, che ne sarà di quest’opera? Andiamo in Svizzera e vediamo come diavolo fanno a far funzionare i treni normali, tra le montagne, da 100 anni. Capiremo perché i treni sono pieni e le autostrade molto meno trafficate che da noi. Quando attraverso la Svizzera in treno e vedo tutto questo mi dico sempre: ma allora si può fare!

Abbiamo la pancia piena e la casa calda: cerchiamo di migliorare la qualità della nostra vita e non la «quantità». Per andare da Milano a Lione ci metterò 45 minuti in meno, con la Tav. Ma cosa me ne faccio se: (a) milioni di persone usano tutti i giorni treni pendolari sporchi e in ritardo, arrivando sul posto di lavoro già mezzi incarogniti; (b) ho un servizio postale da terzo mondo; (c) un’organizzazione della città e un sistema di trasporti fatti apposta per prendere l’auto anche per andare in bagno? Dove hanno studiato gli architetti degli ultimi 50 anni?
Eppure nessuno promette di migliorare queste infrastrutture chiave. Del resto, quale campagna elettorale «di immagine» potrebbero costruirci sopra? Meglio promettere un mucchio di sciocchezze, anche perché gli italiani hanno la memoria corta e dopo 5 anni si ricordano il giusto.
Tu dicevi: fra 20 anni i treni dovranno andare a 300 km/h. Ma chi l’ha detto, dove sta scritto? Allora fra 40 anni dovranno andare a 500 km/h? Ma per andare dove? Ma chi lo dice che questo è un progresso? Perché non cominciamo a chiederci seriamente dove vogliamo arrivare e a che prezzo, non solo economico, con la nostra civiltà?

Non mi dilungo ulteriormente. Capisco le persone di 60-70 anni, che hanno vissuto l’epoca più straordinaria di cambiamenti mai vista nella storia e fanno fatica a capire che potremmo (dovremmo) fermarci a riflettere. Per chi oggi ha 20, 30 o 40 anni, però, la storia non potrà essere la stessa.
Non abbiamo l’insensata presunzione che la nostra attuale civiltà durerà per sempre. Rassegnamoci: terminerà come tutte le altre che l’hanno preceduta.
Facciamocene una ragione: così non si può andare avanti per sempre. Se ci pensiamo è a tutti gli effetti un’ovvietà: un’ovvietà dettata dalle leggi della fisica, della chimica, e anche dal normale buonsenso.
Un’economia stazionaria o in lenta decrescita sarà una liberazione e non una iattura. Capisco che non è molto «trendy» dire queste cose, ma lo faccio a viso aperto nelle conferenze e nei dibattiti pubblici. Ci credo profondamente, quindi continuerò a farlo. Sapendo di accendere discussioni al fulmicotone, come l’altra sera».

Nicola Armaroli, Minerbio (Bo)

Lettera firmata VS Nicola Armaroli