Ma che missione è lavorare con i «matti»?

Questa domanda mi viene rivolta spesse volte da molti colleghi e da tanti amici. Domanda che spesso mi pongo e a cui rispondo semplicemente: «… e perché no?». Certamente non sempre è facile lasciare situazioni ed organizzazioni scontate come varie attività di animazione missionaria in parrocchie o nelle scuole, uscire da strutture protette come gli oratori e le case religiose. Può sembrare non logico, certamente «non è normale». La vera pazzia è proprio questo cambiamento: «Mettersi in gioco», 24 ore al giorno. È un ritmo che ti cambia la vita, i programmi, le abitudini. Certamente erano ritmi incalzanti anche quando si lavorava nelle «favelas brasiliane»; però, ogni tanto, esisteva qualche parentesi, momenti per sé. Interagire con la «pazzia» ti prende a tempo pieno, a tutto raggio, a 360 gradi.
Ad ogni momento fatti e situazioni «provvidenziali» possono bussare alla tua porta con tutta la loro drammacità e repentinità ed hanno il sopravvento su tutto. Si cambia continuamente scenario: la notte si trasforma in giorno; una festa in dramma da pronto soccorso; l’euforia di momenti felici in una caduta libera d’angosce senza precedenti.
Le giornate sono piene d’imprevisti e di non soluzioni che ci avvicinano, in parte, ai tempi di stare con i poveri delle periferie del mondo; il tuo tempo, le tue cose cessano di esistere, ci si trova davanti al grande vortice dell’immediato, si nuota in balia del necessario, si interviene nella necessità di «tutti per uno». Il lavoro quotidiano con i «nostri amici», membri esclusi della nostra società, dove anche le proprie famiglie abdicano davanti ad un impegno troppo eccessivo, diventa un lavoro continuo, di giorno si costruisce e di notte il più si disfa. L’unica certezza è che ogni giorno c’è da ricominciare… Ogni mattino non si sa come sarà la sera. Ogni sera non si coglie quasi mai i segni di come sarà il risveglio.
«Tutto è grazia», diceva Beanos nel suo romanzo «Il curato di campagna». Questo lo possiamo sostenere anche noi! Possiamo dire che «tutto diventa provvidenziale«, in cui esistono pochi «distinguo», dove non c’è spazio per «ripudi o delazioni«. Di fatto, tutto è possibile, in ogni momento e a qualsiasi ora, proprio come la «provvidenza«.
Madre Teresa di Calcutta ci invita a sentirci delle «piccole matite« nella mano di Dio, possiamo scrivere perfino qualcosa di interessante, ma è sempre il Signore che ci guida. Don Tonino Bello pone l’accento dicendo che: «Vivere non è trascinare… strappare… rosicchiare la Vita. Vivere è aver la certezza di avere un partner grande come Dio».
Con queste certezze possiamo rilevare che è il Signore colui che ci dona i poveri, i pazzi, gli ultimi. Tutto questo ci è stato dato probabilmente per incanalarci nell’unica via della salvezza attraverso la carità, vissuta e servita nell’umiltà e nella mitezza di cuore, senza trascurare la perseveranza quotidiana.
In ogni momento, in ogni situazione, in ogni luogo geografico il Signore ci attende e ci fa passare per la « via di Gerico». A noi rimane la scelta di fuggire, cambiare strada… o l’impegno di fermarci e chinarci presso il fratello bisognoso che ci immette nel progetto della salvezza trovando il senso della nostra vita e quella degli altri.
Per un missionario è sempre l’ora della «carità». Credo che sia una delle cose più belle e significative riuscire a mescolare la propria vita con quelle dei fratelli bisognosi; sono tante «pietre scartate« che il Signore pone sul nostro cammino.

Orazio Anselmi

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