DOSSIER ANZIANI Vivere da anziani costa molto

In Italia per invecchiare bene occorrono soldi e cioè pensioni adeguate alle numerose necessità. Che tra l’altro aumentano in misura considerevole per gli oltre 2 milioni di anziani non autosufficienti.

Parlare e scrivere di loro: degli over 65. Tanto se ne parla, tanto se ne discute. Tanti sono intorno a noi, tra noi, tantissimi sono prossimi a quell’età. In Italia, infatti, il 18% della popolazione ha più di 65 anni.
Il 90% delle donne e l’80% degli uomini nati in Italia raggiungono e superano la soglia anagrafica dei 65 anni.
Lo scorso marzo, a Roma, si è concluso il Forum sulla Terza Età, che ha visto relatori della classe politica, amministrativa, universitaria e medica. Un’indagine svolta su fronti diversi dalla quale è emersa l’importanza, nell’età geriatrica, della qualità della vita, dell’autonomia con buoni rapporti interpersonali, dell’essere attivi, socializzando in relazioni amicali presso strutture religiose, sedi para-universitarie, centri sportivi.
Sono stati intervistati in questo studio 1.500 anziani e ben il 51% ha sottolineato come la condizione di benessere sia l’attività. Fare le cose che piacciono, ma che spesso sono negate in una quotidianità fatta di doveri, responsabilità familiari, professionali e problematiche economiche.
Sì, perché fare le cose che piacciono implica la necessità di un’adeguata copertura pensionistica. Il 28% degli anziani intervistati considera peggiorata la propria condizione economica rispetto ai precedenti 5 anni. A mio avviso, in questo senso è assolutamente necessaria da parte della classe politica al governo una rivalutazione ed un adeguamento economico delle pensioni d’anzianità.
Vivere la maggior età costa molto. Costa l’autonomia domiciliare; costa l’alimentazione corretta; costano i molti farmaci in fascia «C»; costa la presenza di un supervisore che spesso, anche se si è autonomi, si assume per facilitare la propria quotidianità; costa la comunicazione (telefoni, cellulari, telesoccorsi); costano gli ausilii (apparecchi acustici, lenti visive, attrezzature ortopediche, protesi e cure odontorniatriche, modifiche strutturali nel proprio domicilio per evitare cadute a terra ed eliminare barriere architettoniche).
Insomma, invecchiare è un impegno anche economico.

Fondamentale è il ruolo informativo del medico di base, davanti ad un paziente ultrasessantacinquenne che si mostra molto presente, coraggioso e intraprendente nel percorso terapeutico.
Nella tipologia caratteriale che il medico di base affronta quotidianamente (parlo nelle vesti di medico di famiglia), l’over 65 è il paziente che ha più fiducia nel parere del proprio curante e che richiede spiegazioni semplici e precise sulla propria situazione clinica.
Di fronte all’anziano il comportamento sanitario deve essere quanto mai attento perché la Terza Età è spesso sinonimo di pluri-patologia. Patologie non spesso invalidanti, ma che si sovrappongono e quindi si potenziano, per le quali il curante deve fare una classificazione e impostare una terapia efficace e facile da gestire.
Più difficile è approcciarsi con le patologie invalidanti dell’anziano: difficile per il soggetto, per la famiglia, per il mondo sanitario. Occorre allora affrontare i rapporti interpersonali all’interno della famiglia che si vorrebbe presente e unita nell’obiettivo di cura dell’anziano; occorre dare all’anziano un luogo adatto, cornordinare i progetti assistenziali, infermieristici, medici, socio-sanitari.
Mi riferisco a quel 20% della popolazione anziana che è disabile: sono oltre 2 milioni le persone non autosufficienti nel nostro paese. La letteratura medica definisce anziano fragile il soggetto con più di 65 anni, che presenta un’aumentata vulnerabilità a eventi avversi con grave rischio e potenzialità di non auto-sufficienza.
Ora la medicina generale con le «unità valutative geriatriche» identifica l’anziano fragile attraverso tests clinici e neuro-psicologici, permettendo allo stesso soggetto di accedere ad una rete di servizi capaci di prendersene carico (servizi domiciliari e residenziali). Identificare la sua fragilità e risolverla, questo è l’obiettivo.
Penso, ad esempio, ad anziani soli e disalimentati con rischio di cadute e osternoporosi. Allora i servizi sociali programmeranno i pasti a domicilio, si programmerà una fisioterapia e ausilii a domicilio. Penso a pazienti vasculopatici con tono dell’umore depresso: bisogna monitorare i controlli vascolari ed approntare una terapia farmacologica.
In conclusione, si tratta di mettere in atto le opportune strategie di prevenzione, cura e programmazione sanitaria affinché sulla «Terza età» non pesi mai un atteggiamento fatalistico e passivo. •

Emilia Valerio, medico di base e geriatra

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