LETTEREPannelli solari in Africa

Caro direttore,
mi consenta un commento alla lettera di Isa Monaca (M.C., giugno 2004) circa i pannelli solari da un «addetto ai lavori».
Questi apparati sono conosciuti in Africa da decenni, usati principalmente per scaldare e pompare acqua o provvedere minuscole quantità d’energia elettrica; ma sono solo alla portata dei ricchi.
I pannelli scalda-acqua non sono molto costosi. L’impiego è limitato alle case dei ricchi (o istituzioni), perché, per funzionare, richiedono in casa un impianto fisso. Per tantissimi africani «l’impianto idraulico» è… la donna, che attinge acqua al fiume o al rubinetto comunale (dove esiste), portando sulle spalle o sulla testa un bidone di lamiera.
Il pompaggio d’acqua dai pozzi, tramite energia solare, ha avuto poco successo, se non per chi ha «la villa in campagna». Per i pastori delle lande semidesertiche sono state prodotte efficienti pompe a mano, in ferro, quasi indistruttibili, ovvero a «prova d’Africa».
I pannelli fotovoltaici servono solo a migliorare la vita di chi c’è l’ha già buona, ossia fabbricanti e rivenditori…
Recentemente in Kenya sono in «offerta speciale» pannelli solari della potenza di 20 watts, sufficienti per quattro lampadine speciali, una radio e una piccola televisione: costano «solo» 105 euro; ma bisogna aggiungere una batteria (50 euro), un invertitore di corrente (40 euro) e circa 20 euro per lampade, fili, scatola di controllo, impianto. Totale 215 euro.
Con una popolazione il cui reddito medio giornaliero è inferiore a 1 euro, è difficile capire come «questi (pannelli) potrebbero migliorare le condizioni di vita degli abitanti». Certamente sarebbero utili nelle immense baraccopoli. Ma un pannello solare e un’antenna tivù su un tetto di lamiera servirebbero ottimamente a… far pubblicità ai ladri.

Giorgio Ferro

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