DOSSIERCari ragazzi…

L’estate scorsa sono stato invitato da alcuni educatori a trascorrere una giornata con un gruppo di adolescenti (età: 12-17 anni) nel loro campeggio.
Il clima era spensierato, allegro, ciondolone… una tipica vacanza di adolescenti semisvogliati che vanno in campeggio, perché possono stare due settimane senza le famiglie. La sera, dopo cena, ho detto poche parole di presentazione: «È da un mese che mi preparo per venire qui e trascorrere un giorno solo con voi. Mi pare che vi sia una forte sproporzione: 30 giorni contro 1. Ve lo dico perché sappiate che voi siete importanti per me. Vi racconterò alcune cose che probabilmente non sentirete da nessun altro. Sono certo che non perderemo tempo, perché, come dice Dante, “il perder tempo a chi più sa più spiace”». Il silenzio, che era già attento, si è fatto più profondo. Io sono rimasto zitto, per lasciare che quel silenzio parlasse. Dopo un bel po’, ci siamo salutati, dandoci appuntamento per l’indomani. Il giorno dopo, ci siamo ritrovati per preparare i gruppi di lavoro sul tema prescelto: il viaggio. Ho fatto una premessa, parlando della cultura e del sapere, dell’ignoranza e della riuscita nel lavoro, dello studio ma anche del sesso. Ho detto che avranno tempo, un giorno, di fare tutto il sesso che vorranno, ma che ora dovevano spremere ogni secondo per conoscere, conoscere, conoscere… perché troppi padroni sono in agguato per rubare loro il pensiero e la capacità di giudicare con la propria testa, troppi hanno interesse a condizionarli con le mode, con gli status-symbol per fae dei modei schiavi. Le donne poi – ho continuato – devono faticare 1.000 volte più degli uomini, per farsi valere e, se vogliono rimanere se stesse senza vendersi al primo venuto per un tozzo di pane, hanno un solo strumento: studiare, studiare e ancora studiare.
A questo punto, ho cominciato a leggere la Bibbia in ebraico, poi un brano di vangelo in greco e ho visto che alcuni, che studiavano greco, s’illuminavano di fronte alle parole che conoscevano, mentre gli altri, compresi i più piccoli, sgranavano gli occhi e si sistemavano meglio, seduti in terra. Ho parlato loro di poesia e ne ho letto alcune, altre le ho declamate a memoria. Ho buttato in mezzo a loro fogli su fogli sui quali avevo scritto a caratteri cubitali parole che non conoscevano. Ho messo in evidenza la loro ignoranza, stimolandoli a superarmi. Li ho spronati a studiare lingue, più lingue possibili per essere in grado di comunicare direttamente con tutti. È venuto fuori il processo di unificazione dell’Europa e il posto dell’Italia in esso e l’atteggiamento del governo. Ho detto loro che la prima lingua straniera da imparare se vogliono apprendere bene le lingue è la loro lingua matea, di cui devono studiare a memoria la grammatica e la sintassi che sono strumenti indispensabili anche per la matematica, per le scienze per l’informatica e per l’economia.
Non ho concesso nulla di effimero, nulla che potesse comprarli nel loro compiacimento. Abbiamo iniziato alle ore 8,30 ed erano le ore 14,00 con la cuoca che spingeva da un’ora e mezza per andare a tavola, ma i ragazzi, nessuno escluso, non si alzavano, ma anzi facevano domande a raffiche e gareggiavano con me nelle cose che proponevo. Gli educatori erano allibiti ed esterrefatti perché non avevano mai visto nulla di simile. Abbiamo continuato anche dopo pranzo, perché ora il ghiaccio era rotto e i ragazzi sentivano che, dentro di loro, si era spezzato l’argine delle cose che desideravano. Alcune ragazze sono venute a chiedermi di approfondire alcuni temi che le interessavano particolarmente come donne. Mi dicevano: «A volte, gli adulti pensano che noi vogliamo solo giocare o siamo interessati soltanto a cose frivole e per questo non sono disposti a perdere tempo per noi; a volte, temono di proporci progetti arditi forse perché, in fondo, hanno paura di se stessi, di non essere capaci».
Da quell’esperienza in campeggio, ho avuto conferma di un mio profondo convincimento: finché un ragazzo e una ragazza danzeranno il canto della vita, ci sarà ancora speranza per questo vecchio e spento mondo di adulti delusi e arresi.
Paolo Farinella

don Paolo Farinella

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