DOSSIERCari genitori…

Quando si parla di giovani lo schema è sempre il solito. Li si dipinge come dei decelebrati ma per salvarsi la coscienza e concludere con un finale deamicisiano si elencano le «loro grandi sensibilità».
Strano ragionamento. Effettivamente a guardarli fanno paura e a leggere sui giornali cosa combinano tutti i giorni i timori risultano fondati: scuole distrutte per evitare il compito in classe, omicidi, corse in automobile alla James Dean, «cannati» a 12 anni, con il fidanzato maggiorenne in prima media.
Disinteressati del mondo in cui vivono. C’è la guerra in Iraq? Ah… Ossessionati dalla tecnologia, dalla televisione, dalle mode.
Marco Lodoli su Repubblica ha scritto un paio di articoli per descrivere tale situazione. Nel primo raccontava la storia di una quindicenne che definiva la sua generazione «una massa informe» che per sentirsi viva non può che copiare i belli della televisione. Nel secondo sempre una liceale rifiutava l’interrogazione «per non soffrire». Lodoli ha commesso un errore: ha omesso il lieto fine e per questo è stato ricoperto di insulti e critiche. Peggio: ha scritto chiaro e tondo da dove arrivano quei ragazzi che sembrano dei marziani.
I grandi, i genitori e gli insegnanti di oggi, la generazione dei rivoluzionari del «proibito proibire», guarda con sgomento il prodotto della loro cultura. Il pragmatismo relativista si è trasformato in individualismo spinto, edonismo e narcisismo. Perché scandalizzarsi se i giovani non pensano, copiano, si conformano alle mode più becere? Tutto è vero, tutto è falso. I valori? Boh!
Non è esattamente quello che hanno insegnato loro? A ben guardarli, i ragazzi sono la fotocopia degli adulti che desiderano la bellezza perpetua, la bandana, il Suv, la crociera, il sesso disinvolto sempre, il successo, i soldi, la roba. I risultati delle indagini statistiche che scandagliano il pensiero adulto e quello giovane sono sempre più simili. Un quarantenne e suo figlio desiderano entrambi il benessere inteso come roba di cui rimpinzarsi, cambiano solo i gusti. Perché allora criticare il quindicenne che si disinteressa del cambiamento climale, e non il papà?
In loro vediamo noi stessi, forse è per questo che li consideriamo così male, ma ci sentiamo in dovere di mettere sempre il lieto fine quando parliamo di loro.
Maurizio Pagliassotti

Maurizio Pagliassotti