Il TG3 – Piemonte

Spettabile redazione,
il 17 febbraio scorso, al TG 3 regionale (Piemonte) delle ore 19, i missionari della Consolata sono stati ricordati nei loro 100 anni di vita. È stato citato anche l’editoriale del numero speciale di Missioni Consolata, riguardante proprio il centenario, che riporta una bella lettera a Gesù Bambino.
Sono rimasto piacevolmente sorpreso dell’iniziativa «quasi coraggiosa» della Rai. Però la mia gioia è durata poco, purtroppo. Infatti ho avuto la delusione di constatare che, nel riportare la lettera di Gesù Bambino, sono state omesse due righe: riguardano la guerra della Nato in Kosovo e le bombe all’uranio.
Forse ai giornalisti, autori del servizio, all’ultimo momento è mancato il coraggio… Allora mi sono ritornate in mente le ripetute dichiarazioni di «fedeltà all’alleanza» che molti (troppi) politici dei più variegati «colori» si sono affrettati ad esprimere. Ma è proprio così riprovevole mettere in dubbio i metodi, l’organizzazione e la stessa legittimità della Nato?
Da parte mia, mi sono permesso di telefonare immediatamente alla Rai per protestare del taglio arbitrario. Forse non toccava a me che sono un vostro abbonato qualunque. Scusatemi per l’intemperanza.
Beppe Peroncini
Torino

Ben vengano simili «intemperanze»!…
Ci sono giunte altre lettere sui «100 anni dei missionari della Consolata». Compaiono sull’inserto «Tuttomondo».

Beppe Peroncini




Se non è una fisarmonica

Su Missioni Consolata di gennaio 2001 affrontate problemi di grande interesse in modo chiaro: chiaro per chi non è abituato a confrontarsi con l’ermetismo di tanti teologi cattolici, che tutto decidono in materia religiosa. A me pare ovvio che essere in grazia di Dio non dipende dalle loro interpretazioni incomprensibili, ma dai propri comportamenti.
Il famoso principio di san Cipriano (210/258 d. C.) «fuori dalla chiesa non c’è salvezza» poteva essere comprensibile a suo tempo, anche se impediva ad alcuni di credere nel Dio dal quale proveniva la loro fede. Era una norma, nella quale tutti avrebbero dovuto convergere; o forse era un principio giuridico-religioso. Poi bisognerebbe cercare di sapere se Cipriano, parlando di «chiesa», includesse anche le altre religioni. Ritengo che tutti gli esseri umani, in ogni tempo, abbiano sempre avuto una «chiesa», almeno come luogo di culto.
Il Concilio ecumenico Vaticano II affronta il problema della possibilità di salvezza anche per chi appartiene a religioni non cristiane.
L’articolo 16 della Lumen gentium dice: «Quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa (e tuttavia cercano sinceramente Dio) e con l’aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di Lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire l’eterna salvezza». Ne consegue: chi per ragioni storico-geografiche, senza colpa, ignora il Vangelo e tuttavia cerca sinceramente Dio in cielo, in terra, in ogni luogo, avrà la salvezza.
E non sarebbe meglio dire che ogni essere umano può essere in grazia di Dio se i suoi comportamenti e le sue azioni sono conformi agli ordinamenti di un codice elementare nel quale è vietato tutto ciò che la coscienza disapprova?
Pio Moacchi
Savona

La voce di una coscienza educata, onesta e generosa è sempre positiva. Ma, se la coscienza si stiracchia a fisarmonica…

Pio Moacchi




Ci ripensi, signora

Spettabile direzione,
non intendo più ricevere il vostro giornale. Ciò è motivato dalla mia consapevolezza, secondo la quale la chiesa cattolica non ha alcun diritto di sovvertire i delicati equilibri culturali dei popoli, in nome di una sua presunta superiorità.
Apprezzo il sacrificio di molti missionari e la loro azione umanitaria, ma non posso esimermi dal riconoscere che molte lotte (e perfino guerre) nel mondo sono causate dalla tenace penetrazione culturale dei cattolici. Perché non accettare la positività di ogni aspirazione a Dio? La chiesa di Roma non attua certo la frateità dei popoli del mondo.
Vi prego, perentoriamente, di non inviarmi più la vostra rivista.
Anna Laura Spinelli
Spoleto (PG)

Ci dispiace, signora, che lei eviti il confronto culturale-religioso, oggi più che mai necessario.
La chiesa cattolica non è, certo, immune da colpe (non per nulla il papa, nel passato giubileo, ha chiesto pubblicamente perdono), ma esprime anche la volontà di dialogo con tutti… dal quale lei sembra essersi volutamente tagliata fuori

Anna Laura Spinelli




Povertà: solidarietà e giustizia

Cari missionari,
vi sottopongo due semplici domande.
1. Ho letto che esiste un popolo di miserabili, che sopravvivono cercando granchi in acquitrini: bambini, vecchi e donne stanno tutto il giorno nel fango per trovare granchi e poi venderli con un modesto guadagno. Vivono nelle foreste dell’Amazzonia. Non è possibile aiutarli? Dato il lavoro che svolgono, cadono in malattie invalidanti, e i bambini non vanno nemmeno a scuola.
2. Poiché i silos delle regioni risicole italiane sono colmi (per cui c’è crisi), non è possibile acquistare riso a prezzo modico e inviarlo in Etiopia, Somalia, Sudan… dove le popolazioni soffrono la fame?
So che voi, missionari, vi date da fare per i poveri della terra. E io vorrei che per tutti ci fosse almeno il pane quotidiano.
I. Robbiati
Pavia

Spettabile redazione,
il mondo si evolve e l’uomo realizza il progresso come un continuum immodificabile. Ma non è ovunque così.
Tutta la storia è costellata di baratti primitivi e di scambi evoluti, ma anche di guerre e lotte fratricide per il potere, di grandi invenzioni (spesso militari), trasformate per l’uso civile sotto la regia dell’economia. Questa ha creato l’attuale abisso tra nord e sud del mondo.
Considerando positivo il progresso economico che porta benessere, si scopre però che il bene non è per tutti, perché non può e, soprattutto, non deve essere così. Io parlo di «tirannia economica».
Le nazioni, tecnologicamente avanzate, non trarrebbero beneficio dal progresso di una vasta area, denominata «terzo mondo», se non quello immediato di una manodopera affamata che lavora per un dollaro al giorno. Allo stesso tempo, è vero che nuovi mercati portano a nuovi consumi e nuova ricchezza, che però spesso si riversa in modo precipuo sugli stessi investitori.
Di fronte agli immediati aiuti in denaro ai paesi del sud del mondo (altrimenti sarebbero abbandonati a se stessi) nelle catastrofi naturali e sociali, non è inconscio il desiderio dei grandi di mantenere netta la «separazione». Nel caso contrario, cambierebbe radicalmente lo scenario internazionale, con neo nazioni militarmente instabili e… pericolose per il già delicato equilibrio sullo scacchiere mondiale.
Oggi le multinazionali preferiscono spostare una parte della produzione nei paesi a basso costo di lavoro, per essere più competitive sul mercato; ma non è nell’interesse dei rispettivi governi trasformare un’area depressa in una nuova potenza economica, proprio per le ragioni sopra enunciate.
Quali sarebbero le conseguenze per l’umanità se tutti potessero vivere secondo il modello occidentale, portatore sicuramente di grandi scoperte medico-scientifiche, ma anche centrato sul consumismo voluto, dilagante, satollo?
Ciascuno intanto con la sua auto continua ad inquinare il mondo, che è già ad un punto di non ritorno.
E continua anche il baratro fra ricchi e poveri. La prova tangibile di tale situazione sta nel mancato condono del debito estero ai paesi poveri. Si è fatto ben poco nel concreto.
Noi, che apparteniamo a quel 20 per cento dell’umanità che possiede l’80 per cento delle ricchezze della terra…
Enrico Cerutti
Borgaretto (TO)

Ci troviamo «sostanzialmente» d’accordo con entrambe le lettere. La prima solleva il problema della solidarietà: solidarietà che si impone, specie di fronte a situazioni di grave emergenza. La seconda lettera, più articolata, affronta la questione del complesso rapporto fra nord e sud del mondo: l’uno arricchito e l’altro impoverito.
Spesso si dice: all’affamato non dare solo il pesce; insegnagli invece a pescare, perché solo così non avrà più fame. Ma, se il «pesce» è disponibile solo per pochi privilegiati, che fare?… Ecco allora che la solidarietà rimanda necessariamente alla giustizia internazionale.
Quanto al dramma del debito estero del terzo mondo, si veda l’ennesimo nostro articolo a pagina 12 e seguenti.

I. Robbiati e Enrico Cerutti




E tu farai 13?

Gli italiani amano dare i numeri. Li sognano persino. I più popolari sono i numeri del lotto, del «lotto alle otto», del totogol e totocalcio… Un tempo, per fare quattrini, c’era pure il «gratta e vinci». Ma, per varie ragioni (non escluso l’imbroglio), il gioco non ha retto. Forse perché ai nostri connazionali non piace «grattare»?
Nell’ancora gettonato totocalcio, nonostante il totonero delle partite truccate, se fai «11», ti mordi le labbra, perché per un solo punto… «Martin ha perso la cappa». Ma te le mordi ancora di più indispettito con «12»: sbraiti e imprechi, perché per un «1» pidocchioso hai mancato il colpaccio con la fortuna. E perché, quando fai «13», resti muto come un pesce e tremi come un fuscello?
Con il «13» non si scherza. Anche politicamente. Ecco perché alcuni leader di partiti italiani hanno versato lacrime e sangue per votare il 13 maggio. In quel giorno sul Belpaese ritoerà – si dice – a splendere il sole della libertà e prosperità, della moralità e dignità, dell’efficienza, della voglia di futuro… finalmente!

P ochi giorni ci separano dal fatidico 13 maggio, che dovrebbe recare successo ad alcuni e iella ad altri. Noi, però, non amiamo simili contrapposizioni. Invitiamo i vincitori (chiunque essi siano) alla moderazione e, soprattutto, a mantenere le promesse della campagna elettorale. Sono state tante, troppe e quasi tutte miopi. Mentre il sud del mondo, con gli enormi problemi che riguardano anche noi, è rimasto ancora più… sud, lontano e dimenticato.
Tuttavia al sud si è pensato per sistemare le vacche pazze. O smaltire i rifiuti, che rappresentano però affaroni da miliardi, visto che persino la Germania non li disdegna. Ma sono pur sempre pattume, spesso inquinante.
Non basta produrre. Bisogna produrre bene, rammentando che le esigenze dell’attuale sistema produttivo e la salvaguardia dell’ambiente non sono tra loro compatibili. La sopravvivenza dell’umanità è in pericolo come non mai: non solo per le guerre, ma anche per il conflitto tra cose prodotte e biosfera, o natura. Il conflitto può essere superato solo modificando uno dei belligeranti. La natura non è modificabile: può essere solo distrutta. «Natura non facit saltus»: ammoniva ieri Leibniz. «Dio perdona, ma la natura no»: rincarano la dose altri oggi.
Per scongiurare il collasso dell’ecosistema, l’unica strada percorribile resta il ridimensionamento dell’attuale sistema di produzione. E qualcuno, tra lo squallore del barbone e il lusso del bellimbusto, caldeggia la sobrietà felice.

N umeri. Li troviamo anche nella bibbia: 12, ad esempio, sono le tribù di Israele e altrettanti sono i discepoli di Gesù. Ma… occorre fare 13. Ecco allora che, accanto a Pietro e compagni, spunta il tredicesimo apostolo: san Paolo. È con lui che la chiesa diventa missionaria e fa 13.
Paolo, in una del sue 13 lettere, al capitolo 13 della prima lettera ai Corinti, raccomanda la carità-solidarietà-giustizia: ossia l’amore paziente, generoso e giornioso, che non si gonfia di orgoglio né cerca il proprio interesse. L’amore che non tramonta mai. «Il 13 della fortuna».
La Redazione

La redazione