ARGENTINAI maestri di Menem

La «carpa blanca» dei docenti argentini è simbolo della lotta di tutti i lavoratori contro una concezione economica che non rispetta la dignità delle persone.
E che ha generato quasi 9 milioni di poveri, il 25% della popolazione argentina.

Buenos Aires – È una protesta straordinaria per la durata, la partecipazione, l’originalità. Dal 2 aprile 1997 gruppi di docenti argentini si alternano in uno sciopero della fame effettuato in una grande tenda piantata in «Plaza de los Dos Congresos», proprio davanti al palazzo del parlamento.
L’inquinamento atmosferico (che nella capitale è notevole) ha trasformato il suo colore bianco in un grigio sporco, ma poco importa. Per tutti è la Carpa blanca.
In questi quasi due anni, in essa sono passati più di 600 digiunanti, che si danno il cambio ogni 15/20 giorni. Maestri, precettori, professori, direttori: docenti di tutti i tipi (con l’esclusione dei professori universitari) e di tutte le province argentine si danno il cambio per contribuire di persona a uno sciopero che non ha precedenti nella storia sindacale del paese.
Gli obiettivi della lunghissima battaglia non si limitano a richieste di aumenti salariali (per tutti i livelli e in tutto il paese, da La Quiaca alla Terra del Fuoco), ma sono finalizzati a una revisione integrale del sistema educativo dell’Argentina.
I docenti chiedono la creazione di un «fondo de financiamento educativo» e una nuova legge di «educación pública nacional»; respingono, inoltre, tutti i progetti governativi che prevedano l’introduzione della flessibilità sul lavoro e la soppressione della copertura sanitaria pubblica per i lavoratori dell’educazione.

UNA LEZIONE PER TUTTI

Entriamo da una porticina laterale, quasi in punta dei piedi per timore di disturbare. Ma all’interno c’è molto movimento. Marta Maffei, segretaria generale del CTERA (la «Confederation de Trabajadores de la Educación de la Republica Argentina», che rappresenta 192.000 docenti), è intervistata da un gruppetto di giornalisti. Alcuni studenti parlano con un’insegnante. Altre persone stanno disegnando manifesti di protesta. Ci sono sedie accatastate, tavoloni pieni di carte, lavagne con messaggi di tutti i tipi, un televisore acceso.
Gli scioperanti si riconoscono immediatamente, perché indossano un camice bianco, e una targhetta avverte che sono maestri in sciopero della fame. In tre si offrono di farci da guida. Cesar Olivares è precettore a Moreno, nella provincia di Buenos Aires; Margherita Aqueveque insegna contabilità in una scuola secondaria nel Rio Negro; Alicia Ferrada lavora in un asilo di Esquel, nella provincia di Chubut.
La tenda è divisa in tre parti distinte: a destra (rispetto all’entrata principale) c’è uno spazio per le riunioni, le telefonate e la distribuzione delle bevande; al centro c’è una stanza per accogliere i visitatori; a sinistra c’è l’ambiente più privato, dove sono state sistemate le brande per il riposo.
Chiediamo in cosa consista lo sciopero. «Non assumiamo – ci spiega Margherita – alcun tipo di alimento. Prendiamo soltanto liquidi». E, per farci comprendere meglio l’organizzazione, ci mostra un foglio appeso a un pannello. Esso indica con precisione tutte le bevande da assumere: ogni mezz’ora, a partire dalle 7,30 del mattino, un liquido diverso (thé, mate, Seven-up, ecc.). «Questa tenda – spiega Cesar – è un esempio di pace, di lotta, di solidarietà. Noi qui dentro conviviamo con persone che non conosciamo, provenienti da altre province. C’è gente che viene da molto lontano, lasciando la famiglia per almeno 20 giorni. Gli argentini non vogliono più violenza. Per questo una manifestazione pacifica come la nostra ha l’appoggio della società».
«Il nostro salario è talmente basso che provo vergogna a dirlo» confessa Cesar. La retribuzione media per un insegnante è di 350 pesos mensili. Per comprendere l’esiguità della somma, sono sufficienti due dati: un salario di 300 pesos è considerato un salario da fame o di pura sopravvivenza; d’altra parte, secondo gli istituti di ricerca argentini, una famiglia con due bambini per coprire le necessità basilari avrebbe bisogno di almeno 1.030 pesos al mese.
«Tutti sappiamo – ha detto il deputato Andres Delich – che i problemi educativi non si esauriscono nei bassi salari dei nostri docenti. Tuttavia, allo stesso tempo, sappiamo che senza salari degni risulta impossibile qualsivoglia progetto serio di miglioramento della scuola argentina». Ma non tutti, in Argentina, sono d’accordo. Ancora in luglio, Roque Feández, ministro dell’economia, aveva detto: «È vero che i maestri guadagnano poco, ma è altrettanto vero che lavorano poco».
Marta Maffei, appena riconfermata alla testa del CTERA, porta dei grandi occhiali e un telefonino che squilla in continuazione. Ci dice: «Nella carpa, nelle strade, nelle scuole continuiamo a lottare per un’Argentina giusta per tutti. Noi non vogliamo un maquillaje, chiediamo cambi profondi. Nella carpa de la dignitad, con la forza, la convinzione e la serena fermezza dei maestri abbiamo detto no alla violenza istituzionale, alla rassegnazione, all’isolamento. Abbiamo mostrato un sindacalismo differente che usa strumenti diversi. È bello poter contare sulla solidarietà della gente per combattere contro questo fondamentalismo neoliberista, globale e selvaggio».

PER UN PUGNO DI «PESOS»

Pare che la Carpa blanca dia molto fastidio al presidente Carlos Menem e ai politici della maggioranza. Quando, lo scorso settembre, si parlò di installae una anche davanti alla Casa Rosada, in Plaza de Mayo, intervenne a vietare l’iniziativa il responsabile degli interni, Carlos Corach. Il ministro giustificò il divieto affermando che Plaza de Mayo è un «monumento storico nazionale» e che, pertanto, non può essere fatta oggetto di manifestazioni.
Il governo ha sempre sostenuto che non c’è denaro per finanziare le richieste dei docenti. Per sbloccare la situazione, in settembre i deputati hanno approvato il progetto governativo di un’imposta d’emergenza dell’1% (annuale) sul valore delle automobili: il denaro raccolto in questo modo (700 milioni di pesos, secondo le stime ufficiali) avrebbe dovuto finanziare un aumento dei salari dei docenti. Il progetto è stato però modificato dal Senato e, quindi, è tornato alla Camera, dove è attualmente fermo. Nel frattempo, il mercato dell’auto è crollato dell’11%…

IL DISEGNO DI MENEM

Che il budget statale sia limitato corrisponde a verità. Inoltre, in questi anni di politiche neoliberiste, la situazione sociale è degenerata e il governo ha dovuto riempire più le pance che le teste degli scolari: le spese per dare da mangiare ai bambini hanno prevalso su quelle per l’istruzione.
Secondo dati ufficiali, oggi in Argentina ci sono 1.357.995 famiglie che vivono in condizioni critiche; il numero dei poveri arriva a 9 milioni di persone, circa il 25% della popolazione argentina. Cifre allarmanti, soprattutto davanti ai proclami trionfalistici fatti dal presidente e dai suoi ministri economici. Ma Menem non sembra preoccupato, forse perché ha deciso di rispettare la costituzione non candidandosi (sarebbe stata la terza volta consecutiva) alle elezioni del 1999. È probabile che nella sua testa ci sia un progetto di più lungo respiro: ripresentarsi nel 2003, possibilmente nelle vesti di salvatore della patria.

Paolo Moiola

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